Tutti l’hanno conosciuto con Un Profeta, un film intenso e crudo, ma Tahar Rahim ha sfondato a livello internazionale con un polpettone Hollywoodiano: Il Principe del Deserto. Infatti non ha reso al massimo anche se vestito da arabo.
Lui veste all’occidentale, di origini algerine e di cultura francese, mantenendo intatto il sangue bollente che manda in visibilio i francesi nelle storie private intimiste (A perdre la raison) o sconosciute al grande pubblico (Les Hommes Libres) nelle quali esprime tutto il suo ardore di arabo ribelle scoppiettante e decadente perché molto romantico.
Perché lui è l’arabo integro, poetico carnale e viscerale ma pieno di passione come si può leggere tra le righe tramandate dalla letteratura araba pervasa da quel sentimento atavico delle quali le donne vorrebbero essere ancora ammantate per essere sedotte cadendo ansimanti nel suo letto.
Perché la donna lui sa come prenderla mettendola nella giusta posizione per poterla dominare facendola ritornare quella che fu la donna-donna, ovvero madre natura in un contesto moderno e d’avanguardia come può essere solo la società francese.
Pertanto le sue storie si dipanano fra violenza e dolcezza, ribellioni da kamikaze e rivincite sui rivali, aperture al nuovo (l’amante cinese Corinne Yan di Love and Bruises) e chiusure ad ogni forma di limitazione e inquadramento borghese. Insomma un ribelle in grado di infiammare i cuori, femminili in primis.
I nomi sono tanti ad infoltir le fila delle sue amanti sullo schermo, da Leyla Bekty a Freida Pinto, da Beatrice Dalle (L’Interieur) a Emilie Dequenne.
Ora Tahar Rahim è atteso a Cannes per presentare il film Le Passé con una Berenice Bejo che rappresenta una sorpresa in quanto da attrice sofisticata del cinema muto di The Artist, si è calata nei panni di una normale donna Iraniana alle prese con un divorzio sofferto da un arabo e nuova relazione con un partner dolce e attento (impersonato da Tahar Rahim). Le Passè è una sorta di film franco-arabo ad aprire relazioni fra il basso e società d’élite per affrontare l’emarginazione promuovendola a livello di integrazione snob. Vedremo se il messaggio passerà. La passera comunque c’è.
Ma per Tahar Rahim non finisce qua perché ha appena finito di girare (anche questo era atteso a Cannes ma non è stato selezionato) il film Grand Central con un’altra sorprendente Lea Seydoux perché in versione dramma umano da Sindrome Cinese a rischio contagio, sullo sfondo di una centrale nucleare in avaria che ha colpito di radiazioni Tahar Rahim offertosi alla centrale come una cavia umana. Ed ecco uscire il Kamikaze che si nasconde in ogni arabo (secondo la nostra cultura) il quale finalmente si immola per una giusta causa mettendosi a disposizione con un esperimento nucleare da radiazioni. Passerà questo secondo messaggio? Anche qui la passera non manca perché alla regista Rebecca Zotlowsky quello che interessa raccontare è la storia d’amore. Il nucleare è solo un optional. Nel qual caso parrà giusto rispedire il messaggio al mittente come flop annunciato. Da inceneritore.
Poco male perché Tahar Rahim riceverà sicuramente il suo trionfo sul Red Carpet di Cannes con Le Passé perché ormai i francesi sono pazzi di lui qualunque film faccia, purchè vada in scena con la sua voce profonda da uomo col pelo sullo stomaco e un viso d’angelo. Angelo vendicatore? No lui è Tahar Rahim, un grande attore francese. Così è se vuol apparire.
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