Con un genio sì. E’ quanto accade al protagonista, un fisico di successo Boris Yelnikoff (Larry David) il quale diventando vecchio è sempre più incattivito e cinico, la cui genialità sta in “una visione dell’insieme” che agli altri non è dato vedere (infatti è l’unico a parlare all’obbiettico perché sa di avere un pubblico), facendo presa su di una ragazzina che rimane affascinata, colpita come una folgorazione.
Lei, Melody St.Anne Celestine (Evan Rachel Wood), perdendo la testa, la ritrova lungo il percorso che faranno insieme come marito e moglie, innamorandosi di un giovane coetaneo bellissimo, mentre lui, il vecchio genio-marito, perdendo la testa fino ad arrivare al suicidio, trova l’amore con un’altra. Di professione medium, come dire la normalità. Perché il genio insegue la normalità come meta agognata, quando invece tutti gli altri cercano di trasgredire per sentirsi geni.
La commedia si snoda fra una mitragliata di battute che coprono tutti i campi della vita.
“I genitori mandano i ragazzi a specializzarsi in vari campi: nel campo dell’ingegneria, del commercio, della regia…Invece dovrebbero mandarli per almeno un paio di mesi in un campo di concentramento, così saprebbero che cosa voleva dire”.
Prima fra tutte le storia con Mia Farrow, nevrotica e fissata a salvare il mondo, facendo famiglia colorata. La stessa linea che poi ha adottato anche Angelina Jolie.
Woody ha trovato la felicità, meglio dire la quiete, con una asiatica che ha accolto nella sua casa dopo averla “iniziata” quando era ancora bambina (fotografandola nuda e deliziandola nella sua imberbe cosina) nel ruolo di sua figlia, facendo parte della tribù colorata di Mia.
Un pasticcio galattico che ha messo un’ombra sulla genialità del regista, subito ripresa col matrimonio riparatore “perché un’asiatica quando è in strada può solo fare la prostituta” (la battuta è nel film).
C’è tutta la sua vita in questa ultima prova cinematografica, dove si divide fra la ragazzina ideale svaporatamene intelligente e dolce che tutti i geni vorrebbero plasmare, e la donna normale finalmente incontrata alla fine, l’unica in grado di placare le sue ansie di nevrotico pessimista.
C’è anche un cenno alla sua storia con Diane Keaton, con la quale ha fatto scintille in vari film mentre era compagna della sua vita e durante la fase in cui era subentrata l’amicizia amorosa, vendicandosi poi con questo ultimo. In Basta Che funzioni la si individua nel ruolo della madre di Melody (Patricia Clarckson) la quale esplode (dopo una vita in provincia) per esternare tutta la sua eccentricità, accompagnandosi a due amanti per un felice menage a trois. Inteso come tre, ma anche come troia. Insomma la Keaton, dopo averla celebrata come musa ispiratrice, ora lui la vede così, troia a tutto campo, con “la sua geniale visione di insieme” perché lei mentre stava con lui, aveva intrecciato una relazione segreta anche con Warren Beatty, facendo poi coppia fissa con quest’ultimo. Woody, pur facendo buon viso non deve aver mai digerito la faccenda perchè ora sputa il rospo sullo schermo facendo un’impietoso ed esilarante ritratto dell’artista eccentrica.
Il film è divertente e si gusta fino alla fine soprattutto perché a illuminarlo è la bellezza deliziosa di Evan Rachel Wood la quale, pur avendo alle spalle un curriculum di lunga gavetta e film interessanti con un’età che si avvicina ormai ai trenta, mantiene intatta la freschezza di una ragazzina ansiosa di liberarsi del clichè di miss vattelapesca, in cui la madre l’aveva costretta per sublimare le sue velleità di artista repressa.
Senza alcun successo, perché alla fine si innamora di un bellissimo ragazzo (Henry Cavill) come lei, a cui si dona con candore scusandosi per non aver portato il Viagra (invece del preservativo). Battuta che manda in tiro ancor di più il ragazzo il quale risponde con veemenza: “Non ti preoccupare, sono abituato a mangiare carne rossa”, avventandosi su di lei come un vorace predatore, facendola esclamare “Oh, che bello!”
Come tutto il film.
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