mercoledì 5 giugno 2013

IL NEOREALISMO DEI LUPI NUDI E CRUDI E LA SOLITUDINE DI UNA LUPA


Con Benicio Del Toro in The Wolfman su  Rete 4 abbiamo assistito all’ennesima trasformazione cine della favola del lupo mannaro perché su questo tema ne abbiamo visti diversi.
Ad affiancarlo c’era Emily Blunt in versione signorina salvifica sempre d’epoca Vittoriana perché ha fatto anche un film su Victoria e Albert.
  Anthony Hopkins nel ruolo del padre era superbo e la battaglia fra i due lupi era sconvolgente. Non male questo horror di lupo mannaro.
Benicio Del Toro sarà presente a Cannes perché è nel gruppo di registi che presentano il lungometraggio 7 Giorni a L’Avana, dove  attori professionisti recitano insieme a comparse  ad effetto documentario realistico. Una sorta di film verità sulla scia del neorealismo italiano che dovrebbe funzionare. 
Ai festival piacciono questi esperimenti che hanno possibilità di essere premiati anche se poi il pubblico non risponde in pieno perchè il cinema sperimentale ha fatto il suo tempo con i cineforum che hanno imperversato nelle parrocchie di provincia o dei cinema d’Essai portati in Tv da Gian Luigi Rondi. Con la regia di 7 giorni a L’Avana Fenicio Del Toro vuole affermare la sua identità latino-americana PER distanziarsi dallo star system hollywoodiano che non deve avergli dato molte soddisfazioni anche gli ha dato il successo. Il film / Giorni a L’Avana è comunque accattivante grazie alla colonna sonora delle musiche latino ed ad alcune sequenze di balli di gruppo. In orizzontale come si può vedere dalla foto.
Per riprendere il filo del discorsosi lupi c’è un altro film a Cannes che vi si può agganciare.
Infatti l’interprete è Emilie Dequenne la paffutella ragazza   con le guance rosse de il Patto dei Lupi che aveva esordito proprio a Cannes con Rosetta.
Ora affianca Tahar Rahim l’interprete de’ Un Profeta (visto varie volte in TV il mese scorso), nel film Aimer A Perdre la Raison con Niels Arestrup, il Padrino sempre nel Profeta spodestato da Rahim. 
Niels Arestrup interpreta un facoltoso medico che cresce come un figlio un giovane marocchino che continua ad aiutare economicamente anche quando questi si forma una famiglia formata dalla moglie belga (la Dequenne) e cinque figli.Gli sviluppi saranno devastanti perché la moglie ucciderà tutti i bambini.  
Con una sorta di Medea, o una Lupa appunto,il film si ispira a una storia vera. La quale forse mette in luce un problema di incomunicabilità di coppia che li faceva stare insieme solo per i figli. Infatti per i musulmani più sono numerosi e più sono considerati segno di ricchezza mentre per noi occidentali cinque figli per una famiglia media sono quasi una disgrazia soprattutto per la donna che li deve accudire rinunciando a sé stessa non ritrovandosi perdippiù in questi figli sicuramente emarginati dalla società perché trattati come stranieri e immigrati.
Insomma un problema complesso bruciato con la passione di due bellissimi ragazzi che non sono riusciti a creare…”Un mondo nuovo, un mondo diverso, migliore, colorato…” perché le istituzioni li avevano abbandonati.
Sempre sul filo della incomunicabilità Rahim Tahar è protagonista di Love and Bruises
 una storia fra un operaio e una intellettuale che sfocia nel sado-maso. Ma questa è un’altra storia. 
Sempre in tema di Lupi invece uscirà un film con Leonardo di Caprio diretto da Martin Scorsese,   The Wolf of Wall Street, che non è un remake ma sicuramente si è ispirato al Wolf, la Belva è fuori, di Jack Nicholson per cui la sorta di remake risulta essere quella di loro stessi, ovvero di Gangs in New York (sempre con Scorseze regista di Di Caprio).Niente di Nuovo. Di Caprio sceglie sempre mega-produzioni e non si è mai cimentato nel cinema indipendente o per lanciare autori giovani e talentuosi, preferendo star sul sicuro con un registi che esalti il suo mito, magari mettendolo a nudo con la borsa in mano come The Wolf of Wall Street.

      
 LA SOLITUDINE DI UNA LUPA
Nessuna come lei. Nessuna ha mai colpito lo spettatore come una mazzata sullo stomaco così come ha fatto Lisbeth Salander? No, Noomi Rapace. Perché diciamolo la persona ha superato il personaggio. Un’altra attrice conciata come lei risulta solo una maschera mentre per Noomi il travestimento metal horror è solo complemento d’arredo.
La maschera tragica è lei con l’occhio buio pesto che copre il carbone ardente che nasconde dentro.
Poche attrici possono emularla, fra queste ci viene alla memoria solo Charlotte Gainsbourg anche se il suo stile tutto francese dona un’allure aggraziato alle sue bruttezze asciutte e seriose.
Che poi si traducono in femminilità rigorosa e incisiva.
Quella che manca a Noomi perché sprovvista di grazia e dunque la femminilità femminea perchè tutta improntata su una mascolinità esplosiva.
E non si fa per dire perché il suo percorso come protagonista della Trilogia Millennium (che la 7 ha trasmesso in queste settimane) è cosparso di molotov , colpi d’arma da fuoco e di vibratori usati per vendicarsi della violenza subita dagli uomini.
Ladra di professione e killer per forza di cose, Lisbeth Salander è un’eroina nordica che si muove nel freddo ambiente della Stoccolma-bene  dove il sole batte solo qualche ora del giorno e nemmeno tutto l’anno.
Un tramonto infinito a segnare il gioco a scacchi con la morte nella notte buia fino alle luci dell’alba quando la luna si congiunge al sole a determinare l’ora del lupo. Quel branco di lupi predatori che sanno fare salti acrobatici come dei rapaci.
Come Noomi appunti, lupo solitario nel firmamento cinematografico che ha saputo ravvivare il cinema nordico facendolo uscire dal torpore nel quale si era immerso dopo le melodiose sonate per pianoforte del grande Ingmar Bergman.
Sì perché fra tante lunghe sequenze, primi piani e inquadrature da telecamere amatoriali, senza filtro con le pelli impure dei protagonisti messe a fuoco, a prendere la scena è solo lei, Noomi Rapace che con un colpo di frusta dà una sferzata al racconto altrimenti macchinoso e soporifero. 
Ma perché ha colpito tanto Lisbeth-Noomi? Perché rappresenta la donna compiuta nel sé e per sé: come un lupa solitaria si giustizia da sé senza chiedere aiuto o rinforzi rincantucciandosi poi nella sua tana per leccarsi le ferite.
Alle quali danno sollievo alcuni uomini che incontra per la sua strada. Lupi solitari come lei (il giornalista di Millennium ed il Primario della Clinica che le aveva prestato le cure dopo essere stata ferita e seppellita viva) che non accettano le regole del sistema.
Quel sistema che li ha fatti gridare: “Ma chi è stato a ridurti così?”
Gli uomini, appunto.
Uomini che Odiano le Donne, a cui ha fatto seguito La Ragazza che scherzava col fuoco e La Regina dei Castelli di Carta della serie Millenniu verrà ripresentata con nuovi attori di genere Hollywoodiano, patinati e lisciati per una operazione commerciale a dare smalto alla fredda trilogia.
La quale perdendo la sua vera identità che con tanto realismo sono riusciti a dare i protagonisti della serie originale, perderà sicuramente anche l’interesse per questa trilogia metal-horror in salsa nazista, perché verrà diluita all’Happy Hour.
Infatti a sostituire Noomi Rapace è stata chiamata Mara Rooney (fino ad ora conosciuta come protagonista dei party bordo piscine) e Daniel Craig per dare il solito tocco di americanità ad un prodotto DOC dei Paesi Nordici Europei.
Sarebbe come dire 007 al servizio della CIA o come etichettare un Parmesan ad un Parmigiano-Reggiano.
Lasciamoli fare, penseranno i due protagonisti originali, sicuri del flop annunciato perché la serie era decisamente satura.
Infatti sia Noomi Rapace che Michael Niqvist saranno impegnati a conquistare un posto fra le star partecipando a produzioni Hollywoodiane : rispettivamente in Sherlock Holmes e Prometheus per la Rapace, Abduction e Mission Impossibile (con Cruise) per Niqvist.
Perché un conto è cambiare ruolo, un altro è stravolgere un prodotto DOC mettendo un altro marchio. Una sofistificazione che non promette nulla di buono in partenza. 

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