Non sempre la pubblicità paga. Quanto meno a livello di carriera.
Uno spot snello, veloce e poco martellante fa la differenza con il cosiddetto tormentone.
Il quale magari fa vendere il prodotto ma danneggia il testimonial.
Prendiamo per esempio Antonio Banderas con il Mulino Bianco e la gallina si è reso un filo…buffo?...comico…?
Ridicolo. Infatti il poco appeal degli esordi che gli era rimasto (la classica bellezza dell’asino) lo ha perso completamente.
A livello professionale sarà infatti difficile che ritrovi credibilità in personaggi di spessore che vadano oltre la macchietta così come si è già visto con il Principe del Deserto dove gigioneggiava in maniera imbarazzante. Del fusto di una volta è rimasto il fustino.
Infatti è proprio con il fustino che c’è un precedente a conferma della pubblicità che non paga.
Paolo Ferrari è stato il primo testimonial che con un tormentone del cambio un fustino con due riferito a Dash si è visto troncare la carriera di attore perché i colleghi gli rimproveravano di essersi venduto alla Tv commerciale.
“Sì ma io con gli spot mi sono comprato la villa” ribatteva con l’aria furbetta il Polo Ferrari senza rimpiangere gli sceneggiati che faceva con Laura Tavanti, la sua bellissima compagna prima che anche lei venisse sistemata in villa.
Insomma quando un attore diventa troppo legato al prodotto poi difficilmente riesce a liberarsene come un marchio a fuoco impresso per sempre. E non come i tatoo che si possono cancellare.
Era successo anche in occasione della tournée teatrale di Delia Scala e Domenico Modugno quando recitavano in Rinaldo in Campo dove Modugno cantava quel motivetto accattivante “…siamo rimasti in tre tre somari e tre briganti solo tre…” che mandava in delirio il pubblico tanto che alla fine gli chiedeva di cantare Volare. Delia Scala giustamente andava in paranoia. Comunque lei ha continuato la carriera in Tv mentre lui poi ha chiuso come cantante e come attore rimanendo legato a Volare e L’Uomo in Frac, mentre di Rinaldo in Campo se ne sarebbe persa la memoria se non ci fosse techetecheteche per andarlo a ripescare.
Uno spot snello, veloce e poco martellante fa la differenza con il cosiddetto tormentone.
Il quale magari fa vendere il prodotto ma danneggia il testimonial.
Prendiamo per esempio Antonio Banderas con il Mulino Bianco e la gallina si è reso un filo…buffo?...comico…?
Ridicolo. Infatti il poco appeal degli esordi che gli era rimasto (la classica bellezza dell’asino) lo ha perso completamente.
A livello professionale sarà infatti difficile che ritrovi credibilità in personaggi di spessore che vadano oltre la macchietta così come si è già visto con il Principe del Deserto dove gigioneggiava in maniera imbarazzante. Del fusto di una volta è rimasto il fustino.
Infatti è proprio con il fustino che c’è un precedente a conferma della pubblicità che non paga.
Paolo Ferrari è stato il primo testimonial che con un tormentone del cambio un fustino con due riferito a Dash si è visto troncare la carriera di attore perché i colleghi gli rimproveravano di essersi venduto alla Tv commerciale.
“Sì ma io con gli spot mi sono comprato la villa” ribatteva con l’aria furbetta il Polo Ferrari senza rimpiangere gli sceneggiati che faceva con Laura Tavanti, la sua bellissima compagna prima che anche lei venisse sistemata in villa.
Era successo anche in occasione della tournée teatrale di Delia Scala e Domenico Modugno quando recitavano in Rinaldo in Campo dove Modugno cantava quel motivetto accattivante “…siamo rimasti in tre tre somari e tre briganti solo tre…” che mandava in delirio il pubblico tanto che alla fine gli chiedeva di cantare Volare. Delia Scala giustamente andava in paranoia. Comunque lei ha continuato la carriera in Tv mentre lui poi ha chiuso come cantante e come attore rimanendo legato a Volare e L’Uomo in Frac, mentre di Rinaldo in Campo se ne sarebbe persa la memoria se non ci fosse techetecheteche per andarlo a ripescare.
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