lunedì 21 luglio 2014
VERDI FESTIVAL SOTTO ATTACCO, ATTO SECONDO
Due sovrintendenti (uno manageriale e l'altro artistico) del Regio non sono riusciti a farlo decollare facendo affossare il Festival Verdi.
Bastava eliminarlo senza renderlo ridicolo con una sola opera in cartellone e tanti eventi collaterali a fare coro. Sì col trombone.
Una stagione lirica importante dovrebbe bastare alla quale inserire obbligatoriamente opere di Verdi fra le altre di vari autori.
Il buon senso suggerirebbe così. Giuseppe Verdi è stato celebrato abbastanza al Regio per cui si potrebbero allestire tournée in tutto il mondo così come fanno i Teatri di Brodway (v. Alvin Ailey American Dance Theater) o quelli del Bolshoji, il Teatro alla Scala, quello di Londra o di Montecarlo.
Il problema è che il Teatro Regio non produce le opere di Verdi perchè non c'è una scuola per i giovani cantanti specializzati su questo autore non c'è più un'Orchestra del Teatro Regio con un Direttore a dirigere come il maestro Foggiani con il Coro.
Infatti di tutto l'ambaradan del Teatro Regio l'unico ad avere un'identità ben definita di Parma e Teatro Regio è proprio il Coro che in tante Opere di Verdi è sempre molto importante.
L'Orchestra Toscanini che resti al Toscanini.
Insomma il Teatro dovrebbe avere una sua identità ben precisa curando costumi e scenografie oltre ad "allevar" cantanti al Conservatorio (un tempo glorioso) per poi pensare ad esportare senza necessariamente dover sempre puntare sul turismo visto che i turisti di passaggio a Parma non trovano ospitalità adeguata con la chiusura dei Bar e Ristoranti tipici alla domenica!
Il problema sono i costi troppo elevati dei sovrintendenti che vengono da altre città pensando di risanare il bilancio senza tener conto delle tradizioni del territorio e dell'ambiente. Che andrebbero rispettati.
La sera del 16 luglio per esempio su Rai 5 c'era un'opera lirica, La Traviata, con ambientazione rinnovata e corretta in senso moderno. Purtroppo nella forma ma non nel linguaggio.
La soprano Patrizia Ciofi cantava in giarrettiera nera (in una versione al Regio di Torino faceva addirittura il verso a Marilyn Monroe quando cantava Diamond) facendo perdere l'aura drammatica che le vesti “barocche” delle opere tradizionali invece supportano.
La scena che doveva essere drammatica risultava ridicola con lei mezza nuda e lui in doppio petto che dialogavano più o meno così: “Quando voi mi diceste che mi amavate m'infiammaste il core e me' meschina cedetti alle vostre lusinghe”. “Orsù tacete: in cor mio quell'attimo v'ho tenuto...”
Al giorno d'oggi non si parla così per cui andrebbero corretti anche i testi. Impresa ancor più ardua della riforma della Costituzione!
La comica dell'opera in questione era un po' come la Marini (chew tra l'altro aveva firmato una serie di intimo da letto denominato proprio Diamond) con il film Bambola che nel finale drammatico nel quale lei piangeva a dirotto sull'amante morto il regista Bigas Luna si posava sul suo cul facendo arrabbiare la Valeriona nel sentirsi penalizzata e incompresa, anche se il lato b) come metafora ci poteva stare, comunque. Ma Bigas Luna era un regista bizzarro che la Marini (interprete) non poteva capire. Infatti non l'ha capito nemmeno la critica che si è scatenata prendendola in torta trascinando anche il pubblico.
Purtroppo se uno lavora per il pubblico deve anche farsi capire: dalla critica in primis e dal pubblico dopo. Non sempre i due coincidono ma questo non è importante a meno che non ci sia un deficit da sanare. Ad ogni modo penso che il Teatro Regio dovrebbe orientarsi sul fattore tradizione ed export.non tralasciando il fatto che se anche compri due devi pagarli come uno. Invece ora c'è il rischio che ricomprino Meli il quale vorrà il doppio... dei due che han lasciato!
Battute a parte è stato interessante ascoltare che per rilanciare il Regio bisogna orientarsi sulla sperimentazione lavorando in sinergia con l'Università che già ha il suo daffare per cercare fondi per la Ricerca in genere. Ma cerca qui e cerca là qualche sponsor finirà per convincersi che le Opere di Verdi al Teatro Regio si possano allestire in chiave moderna, magari con l'Otello bianco e Jago nero così tanto per fare una rivisitazione rivoluzionaria giusta per instaurare discussioni (come per le Lavandaie del Macbeth che avevano scatenato l'ira dei Loggionisti facendoli riemergere dal torpore nel quale da tempo sono immersi) sperando così di attirare l'attenzione più di quanto faccia un'opera curata nel suo allestimento.
E non dico con la meticolosità di un Luchino Visconti o Franco Zeffirelli ma almeno cercare di fare tentativi per emularli nell'impegno. E nella ricerca. Perchè loro in tal settore si impegnavano personalmente mettendoci giustamente la loro firma.
Altrimenti si rischia di arrivare al voto collettivo come si faceva nelle Università dopo la Rivoluzione del '68 che ha creato una generazione di somari. Purtroppo padri e dirigenti delle generazioni dei quarant'enni di oggi!
Questo è quanto ma chi fa chiacchiere non fa certo frittelle per cui occorre non perdere altro tempo mettendosi all'Opera perchè il Festival Verdi possa restare a Parma. Basta cercare i fondi. E allora che la caccia cominci. Andiamo avanti in barba alla Patrizia Maestri (che forse le scappa da ridere. Eh eh eh).
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