Ma quella non era mafia così come asserisce il trpotagonista del film l Traditore Pier Francesco Favino nel ruolo di Tommaso Buscetta il quale non si presenta al giudice Giovanni Falcome come un pentito ma uomo d’onore di “Cosa Nostra”.
Sì perché prima che i Corleone prendessero il sopravvento suggellato dal bacio di Rina con Andreotti, Cosa Nostra aveva un codice comportamentale che escludeva dal mirino gli ultimi e fragili come donne bambini disabili ed anziani così come abbiamo visto nel film Il Giorno della Civetta nella quale Rosa, Claudia Cardinale, dopo essere stata invitata a tavola dal vertice dei pezzi da 90 per offrirle assistenza in denaro rifiutava il piatto dicendo che era troppo salata la pietanza volendo tornare a casa per mettersi il lutto perché aveva capito di essere rimasta vedova per i colpi di lupara di “vos’ signorie”
Un rifiuto che comunque nel contempo sottintendeva la volontà di non denunciare ,sempre per seguire quel codice comportamentale non scritto che anche le “vittime” mettevano in atto facendo schioccar la lingua in bocca ed alzar gli occhi la cielo per proferir “nun sacc’..” che tradotto vale per nulla vidi nulla sentii e nulla raccontai rassicurando così la mafia e permettendole di proliferare indisturbata col contrabbando di sigarette.
Ma una volta introdotta la droga con l’afflusso di denaro in grande quantità da far girare la testa a chiunque, Cosa Nostra subiva una svolta mettendo i Corleone al vertice dopo un gioco al massacro dal quale non eludevano nemmeno i bambini come il piccolo Giuseppe Di Matteo che veniva sciolto nell’acido da Brusca integratosi poi nel clan di Totò Rina.
PierFrancesco Favino è il protagonista di questo film con una performance insuperabile che conferma la sua grande professionalità di attore apprezzato anche a livello internazionale avendo partecipato alla serie di Bond nel film girato a Roma.
La sua presenza possente e a grugno duro da sicuolo verace dal sangue caldo sempre pronto alla monta per onorare la sua natura integra e virile , che prendeva le distanze da Totò Rina il quale per il potere di boss si era macchiato dei più orrendi delitti, pur non autoassolvendosi avendo anche lui fatto la sua parte senza comunque toccare donne e bambini, si impone su tutto il gruppo dei mafiosi tutti quaquaraquà tranne uno Totò Rina appunto.
Infatti per adempiere alla missione di far fuori un uomo su commissione di cosa nostra Buscetta aspettava anche vent’anni per sparargli a sorpresa poiché la vittima in tutti quegli anni si trincerava dietro al figlio che usava come scudo per difendersi, essendo il minore intoccabile secondo il codice di Cosa Nostra.
Dopo l’ascesa di Rina è stato tutto un crescendo di massacri vendette e faide che avevano raggiunto il clou con la strage di Capaci nel quale morirono Falcone e Borsellino aprendo la caccia a Rina fino alla sua cattura.
Finalmente con questo film la mafia mostra il suo vero volto senza avvalersi di quell'aura patinata e romantica che cinema e Tv avevano dato lustro, raccontando i Corleone nella loro intima visione fra amori santini patroni in processione dell’asse New York Palermo anni 70 fra riunioni di famiglie in battesimi e comunioni, mentre nel contempo si perpetravano vendette con con agguati nei vicoli ciechi o bui, colpi di pistola, bombe soffocamenti e pestaggi a sangue in Chiese millenarie esternando grande devozione alla patrona di Palermo Santa Rosalia con in una sfilata infinita di Cosa Nostra in Dolce e Gabbana nei quali gli uomini d’onore in cravatta e coppola si trasformano in spietati killer dopo una guerra tra faide convogliando tutto il potere a Totò Rina il Capo dei Capi.
Pierfrancesco Favino sostiene di non aver voluto cercare sconti per questo personaggio di Buscetta ma in questo punto non è riuscito perché la sua storia di pentito tra sesso coniugale e come puttaniere con moglie e prostitute stese sul letto nude indistintamente accoglienti e pronte per la monta ha reso accattivante il personaggio-canaglia tanto da conquistare perfino il giudice Falcone che nel film lo definisce leader naturale e uomo di rispetto.
Vabbè licenza del regista Marco Bellocchio che pur avendo acquisito grande tecnica nel girare un film ha perso l’originari slancio e grinta ribelle dell’adolescenza quando aveva conquistato anche con pochi mezzi con I Pugni In Tasca.
Con la pistola e a sangue freddo non è stato altrettanto convincente per il susseguir a raffica di sequenze violente alternate a quelle grottesche dehgli incubi notturni di Buscetta per dare il tocco della Sicilia di maniera con le donne vestite di nero in “Bedja Mate”intorno al funerale di “Masino” (ce n'era bisogno?) anche se apprezzabile lo sforzo di non cadere nel facile sensazionalismo con l’episodio del piccolo Giuseppe Di Matteo sciolto nell’acido non avendolo menzionato pur essendo stato quello che aveva suscitato maggior raccapriccio nell’opinione pubblica.
Se Buscetta con le sue dichiarazioni da pentito è riuscito a dare un colpo a Cosa Nostra la mafia non è comunque stata debellata avendo preso altre vie e nomi come ‘ndrangheta, camorra suburra mafia capitale le quali essendo spezzettate hanno perso quel potere assoluto di Corleone Padre Padrino nella forma più spietata “IO ti ho fatto io ti distruggo”
Di questo clan pare sia sopravissuto Matteo Messina Denaro ma è solo una leggenda per mantenere come una sorta di Primula Rossa quell’aura romantica a “Cosa Nostra” che i volti di Marlon Brando Al Pacino e Robert De Niro hanno contribuito a rendere affascinanti degli assassini spietati tutti casa famiglia santini e devozione ai patroni San Patrizio (New York) e Santa Rosalia (Palermo) perché Rina di persona sembrava un tozzo agricoltore ignorante e ruvidamente coriaceo.
In questo Bellocchio è stato grande nel farlo assomigliare all’originale rappresentandolo in tutto il suo potenziale di meschina umanità che lRina stesso denunciava per nascondere il suo impero mafioso al suo processo dicendo: “Me ,uomo meschino e nulla-tenente sogno” Minchia:! Verissimo.
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