MARILYN E JULIA
Marilyn Monroe, dopo cinquant’anni resta il mito più imitato sia a livello recitativo come oca giuliva di tante commedie americane, che come immagine a livello di look, di cantante e ballerina (con Madonna. gay e drag queen in primis).
La tesi del suicidio è stata da tempo smentita con docu alla mano redatto dopo l’autopsia dove si parla di clistere letale a base di barbiturici.
Era una birba Marilyn o una svaporata? Ad ogni buon conto è certo che ad ucciderla sono stati dei delinquenti. Fermiamoci qui perché di Marilyn sono rimasti per fortuna i suoi film che parlano da sé.
A me personalmente infatti non piace molto avventurarmi nei meandri delle biografie autorizzate o meno perché non ho la morbosità del guardone che spia nel privatissimo degli altri specie se sono artisti di fama mondiale (vabbè con qualche eccezione su quelli che hanno avuto una vita da favola che ha fatto sognare dalle stelle alle stalle come la saga dei Kennedy e Onassis, Richard e Liz, Lady D. ecc.) perché preferisco attenermi alle loro opere più interessanti.
Sapere per esempio che dietro a un Perugino tanto bravo a dipingere le icone come la Madonna della Pietà con un aura sacrale, in realtà ci fosse un ateo non toglie nulla alla bellezza dei suoi quadri.
Così per tutti quelli che si dedicano all’arte con passione.
Recentemente ho visto Julia Roberts al David Letterman il conduttore di talk che, a differenza di Ophra si diverte molto a fare domandine sul privato e sui retroscena delle performances dei suoi ospiti i quali si raccontano nel quotidiano seguendo la sua regia leggera e scanzonata. Sapere comunque che Julia Roberts ha un cane, un marito atletico (rubato ad una moglie casalinga) tre bambini praticamente geni non penso abbia galvanizzato più di tanto o quanto meno più del film che era stata invitata a promuovere: Mangia Prega Ama.
Lo stesso che aveva presentato a C’è Posta per Te dalla De Filippi dove era apparsa alquanto spaesata
rispetto alla disinvoltura del Talk di Letterman. Perché parlavano la stessa lingua con pari senso dell’umorismo. Insomma la solita americanata. La parte curiosa consiste nell’aver visto da vicino una Julia Roberts un po’ streghetta, tutta spettinata che gesticolava in maniera esagerata intervallando i discorsi aprendo la bocca cavernosa per mostrare la perfetta dentatura da posizionare sia a sorriso che per ironizzare sulle sospette vene varicose che lo staff le aveva attribuito mandando in onda uno spot seguito alla sua immagine. Insomma un disastro, talmente maldestro da aver forse ispirato la strega alle prese con intrugli di bellezza e chirurgia plastica di una versione di Biancaneve, sbarcata in questa stagione nelle sale.
Un modello più moderno rispetto a quello gotico di Charlize Theron nell’omonima favola sicuramente, ma meno interessante.
“Tutti noi ti ricordiamo sempre per Pretty Woman” le ha detto Letterman congedandola. Molto Pretty... Grande Letterman!
L’ARTE DI SAPERSI CONSERVARE.
Il bacio più colorato della storia del cinema è il suo: quello di Michelle Pfeiffer nel film Batman in cui faceva la donna gatto, perfettamente imitata nell’erotismo animalesco imprimendo una leccata al viso del suo partner. Era una gatta sinuosa e sensuale in versione più dolce di quella offerta da Halle Berry molto più nervosa e scudisciante, in tuta lattex sado-maso.
Il ruolo più crudelmente struggente spetta ancora a lei: quello di Lady Hawk (ambientato nel medio evo francese) che una maledizione di un Vescovo invaghito di Isabeau, l’ aveva tramutata in falco dall’alba fino al tramonto in cui riprendeva le forma umane, mentre l’amante (Rugtger Hauer)si tramutava in lupo per tutta la notte.
Lungo il percorso si prendevano per mano per affrontare i pericoli del loro vagare fra i boschi fino al duello finale con cui la morte del vescovo scioglieva la maledizione.
E ancora per lei il ruolo più dolce e romantico dopo quello di Giulietta, con l’interpretazione sensibile e intensa delle Relazioni Pericolose nel quale, travolta in un triangolo infernale fra John Malkovic (che le “rubava” la verginità) e Glenn Close, per la delusione si lasciava morire d’amore.
Fin dalla prima apparizione sullo schermo, in una memorabile e regale discesa da un ascensore a bolla trasparente con cui fulminava un giovanissimo Al Pacino nel ruolo di Carlytos in Scarface, si è sempre distinta per grazia ed eleganza, senza mai cedere a sperimentazioni con ruoli sessualmente estremi, come ha fatto invece Nicole Kidman, con il cinema indipendente.
Ma questo era un passaggio obbligato anche per Michelle, per poter uscire dal clichè di star-vestita-Armani, che nella sua carriera ha brillato più sul red carpet che sul palco degli Oscar.
Così ultimamente si è cimentata in ruoli di spessore come nel film White Oleander (con Alison Lohman e Renée Zellwegger) dove ha interpretato una madre molto dura e determinata che ha fatto discutere tutta l’America seguendo i commenti dal salotto di Oprah Winfrey.
Se con il passare degli anni (dopo i 40 in America sei finita)
lei passati i cinquanta pare aver raggiunto quel grado di maturità che, supportata dalla bellezza ancora intatta, potrà consentirle di portare avanti la sua carriera fino a tarda età per esaurire il potenziale rimasto ancora inesploso causa appunto quella sindrome da star che punta con accanimento al volersi conservare senza mai cedere agli eccessi.
In primis, sono quelle tentazioni dello star system che impongono di sottoporsi a ritocchini o interventi di chirurgia plastica.
L’operazione nature a lei invece è riuscita in pieno, perché alla sua età può permettersi ancora ruoli di donna seducente e sexy (tra queste da segnalare anche Susan Sarandon che ha già passato i sessanta), senza il rischio di cadere nel ridicolo come tante sue colleghe rifatte le quali, spianando le rughe, hanno cancellato anche qualsiasi espressione dal loro viso.
Che, invece ha mantenuto nello stesso sorriso ironico delle commedie brillanti in cui affiancava George Clooney, e la stessa intensa emotività delle scene passionali come l’Età dell’Innocenza con Daniel Day Lewis, o quelle sfrontate nell’ultimo girato con il giovanissimo Rupper Friend dove in un frase racchiude tutta la filosofia di una donna consapevole e matura:
”Mi sento ridicola ma la vita è così breve…”
Per questo l’importante è sapersi conservare.
La citazione è anche di Nietzche
Una curiosità: Ophra Winfrey dopo un lungo ed onorato serviziodi conduzione di Talk Show dopo aver esordito con Il Colore Viola nel ruolo di una nera pimpante e indipendente raddrizzata a modo da una padrona bianca, torna al cinema con il film Butler ambientato fra la servitù alla Casa Bianca come una sorta di Downton Abbey. Un'americanata di sicuro perchè a fare Jacky Kennedy ci sarà Mila Kunis.
Ci voleva a rivalutare il tipo, dopo l'affondo Katie Holmes la Kunis darà definitivamente il colpo di grazia alla First Lady più affascinante d'America, massacrata da attrici-ragazzine ancora in fase di maturazione.
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