Dopo diversi anni Svetlana Zakharova è tornata al Teatro Regio di Parma per un altro Galà.
Gli anni passano e anche le ballerine invecchiano ma lei nel fisico è rimasta tale e quale a una ragazzina comunque più top model che ballerina:
longilinea di coscia lunga con petto a calma piatta sembra Audrey Hepburn quando faceva Guerra e Pace come una sorta di principessa sotto mentite spoglie di Vacanze Romane in versione matriosca. Tutta la leggerezza delle commedie brillanti l’avevano cancellata per dare spazio al dramma e alla tragedia dei romanzi di Tolstoj con le protagoniste rigorosamente russe, romantiche appassionate e votate al sacrificio estremo, decadente come l’amore nell’800. Dal quale nascono le Opere Liriche ed il Balletto classico, quello sulle punte portato in trionfo dalle scuole Russe che a tutt’oggi caratterizzano le ballerine per eccellenza i cui virtuosismi raggiungono forme di perfezione sforbiciando in punta di piedi per librarsi nell’aria come voli di uccelli che trovano la loro massima rappresentazione nel Lago dei Cigni.
Infatti il partner di Svetlana, nell’ultimo pezzo eseguito in coppia, è apparso sudato e affaticato per lo sforzo di sollevare una ballerina di grande stazza come la Zakharova tanto che in Patria era stata contestata come étoile del Bolshoj proprio per questa sua statura che non corrisponde ai canoni del balletto con tutù.
Insomma la svolta di Svetlana anche se sembra studiata su misura fa pensare che il balletto classico delle favole, sia solo uno splendido ricordo. Quanto meno a Parma dove il balletto è diventato una sorta di saggio ginnico, eseguito soprattutto a piedi nudi e a corpo libero come una sorta di performance in linea con Amici della De Filippi.
Detesto questo tipo di balletto pur riconoscendo la bravura dei ballerini specie in questo Gala della Zakharova nel quale alcune coppie classiche, di grande slancio e romanticismo (Le Fiamme di Parigi, Illusiv Ball e Giselle) si alternano agli assolo di ballerini dai corpi possenti e scolpiti, istrioni (Les Bourgeois, Scream and Smile, Feeling Good) e ussari (Gopack), con il clou raggiunto da Svetlana, dopo Tristana, Plus Minus Zero, Acque di Primavera e l’acclamata Revelation, proprio con la morte del cigno: un canto struggente di infinita tristezza che suona come l’addio al magico luccicchìo fra voile e tulle dei tutù con sforbiciate di scarpette in raso, dei mitici gioielli svarowsky il cui simbolo è proprio un Cigno.
Un messaggio dal Bolshoj non può che fare tendenza.
Il balletto classico esprime il trionfo della femminilità aggraziata romantica e soave mentre in quello contemporaneo il femminile si fonde con la mascolinità del corpo libero e scattante, molto spesso anche meccanico quasi a voler perdere l’anima per concentrare i gesti nella carnalità tutta sensuale. Insomma il balletto sta diventando bisex.
Dopo, il ballerino maschio si impadronirà completamente della scena: l’unica scena nella quale la femminilità romantica regnava incontrastata!
(Svetlana Zakharova ai tempi del suo massimo splendore)
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