La Società era in scena a Teatro Due nelle serate di Venerdi e Sabato 15-16 novembre con tre atti di umana commedia che si presta a tante interpretazioni.
“Eravamo Quattro Amici al Bar che volevano cambiare il mondo…”
Il mondo è quello di un locale preso in eredità da uno zio, un grande, che lo lascia dopo che il nipote aveva fatto società con due amici con l’intento di trasformarlo in piano-bar esclusivo con cabaret e performance di artisti emergenti e di talento.
Al gruppo si aggiunge una ragazza rumena, raccolta dai tre amici quando il locale era appena bruciato dai precedenti proprietari per incassar l’assicurazione, la quale si ricicla come badante-amante dello zio-mecenate e amante con il più drittto del gruppo, per poi fare progetti di nozze, una volta rimasta incinta di uno dei due partners, con un altro socio disposta a prenderla per aver la maggioranza sul gruppo.
Insomma un triumvirato che dopo la morte del grande capo si gioca la ragazza in gamba.
Come a dire Tre Uomini e una Gamba di Aldo Giovanni e Giacomo?
No, perdinci, siamo a Teatro e la fonte è quella di tragedia Shakespeariana come Cesare e Cleopatra.
Alla morte dello zio infatti uno dei soci prende la parola in suo favore: con un occhio all’uomo grande e uno alla sua badante gli rende onore fino al momento in cui tutti e tre gli amici-soci si ritrovano a spartire il locale e discutere l’ordine del giorno su come continuare a farlo andare avanti, ovvero se ritornare al Cabaret o intraprendere la via del Night con le ragazze al palo che tante soddisfazioni dà in termini di profitto anche per circolazione coca.
Il socio puro rimane sui suoi passi con chitarra e canzoni d’autore mentre gli altri due si ingelosiscono della ragazza incinta che pur di accasarsi nel locale con un lavoro fisso è disposta a sposare un pollo lasciando il merlo maschio, facendo rimbeccare i due rivali fino alla rissa finale dalla quale lei si dissocia nell’andar per la sua strada dimostrando di essere l’unica ad avere un po’ di dignità lascindo soli i tre amici al Bar.
Siamo rimasti in Tre, Tre Somari e tre Briganti, solo tre.
Sì perché tutto finisce in fallimento così come destino ineluttabile di tutte le società nelle quali ogni socio prima o poi dimostra il vero volto: dietro alla maschera del volemose-bene in amicizia si cela sempre una sete di potere per prevaricar sul gruppo e fare il proprio interesse. Che non è mai quello della società, a sfatar quel detto che se sta bene il capo con i suoi guadagni stiamo bene tutti.
Lo abbiamo visto con Silvio Berlusconi, nell’ultimo ventennio di seconda Repubblica (mentre si insinuava in lui il seme ambizioso del monarca Giulio Cesare) che quando le sue aziende si arricchivamo di contro l’azienda Italia rotolava in piena decadenza come specchio di una grottesca società.
Applausi per tutti perché lo spettacolo, pur approfondendo un tema importante e attuale legato alle società finanziarie, è stato incisivo e tagliente in maniera scorrevole, recitato magistralmente da Fabio Monti, Laura Graziosi, Lino Musella e Paolo Mazzarelli, quali attori, con la regia Muselli e Mazzarelli, quali autori.
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