giovedì 5 giugno 2014

UN FILM INCOMPRESO. QUANDO LA NOTTE


 I film strappalacrime. Parliamone.
Ce ne sono alcuni che nel tempo non hanno perso la magia emotiva di rubarti il cuore mentre per altri il tempo non è stato galantuomo.
Per esempio Love Story che aveva commosso un’intera generazione negli anni ’70, rivedendolo oggi si riscontra tanta ingenuità a livello fiction. Alla quale ormai la Tv ci h assuefatti. La realtà in questi casi è molto più drammatica.
Il connubio malattia e storia d’amore è un filone al quale Hollywood ha attinto a piene mani confezionando anche lodevoli films come Voglia di Tenerezza, coinvolgente grazie alla sensibile interpretazione di Debra Winger che  aveva dato prova di eccezionali doti drammatiche anche con il Tè nel deserto.
A parte Giulietta e Romeo di Franco Zeffirelli come tragedia più commovente della storia del cinema, sono da segnalare anche Ghost e il Gladiatore i quali, pur essendo sovra esposti perché ripetutamente trasmessi in Tv, si guardano sempre col fazzolettino bagnato.
Un particolare questo che ha accompagnato il film Incompreso di Luigi Comencini di fronte al quale io personalmente quando lo vedo verso sempre fiumi di lacrime perché nessuno come Comencini ha mai saputo trasmettere tanta commozione con una storia moderna italiana.
La scuola di pensiero è stata seguita dalle figlie Francesca e Cristina soprattutto, che sono riuscite a ritagliarsi uno spazio nel cinema italiano, nobilitandolo con storie intime di “tutti noi”. Alla portata del grande pubblico dunque.
Cristina è quella più attualmente in auge e si distingue nel panorama di tanti film all’insegna della linea Zelig, dove l’assurdo e il surreale la fanno da padroni. Fosse solo questo andrebbe benissimo. Purtroppo a rovinare è proprio il contorno dei protagonisti che incarnano l’italiano/a caciarone, urlato pieno di battute che fanno “riflettere”perché si arriva a capirle qualche minuto dopo, anche perché la musica assordante ritmata a tambur battente che accompagna questi films  toglie la concentrazione.
Un bombardamento di questo genere di “cinema italiano” lo abbiamo subito domenica scorsa con la proiezione di un’infinità di promo dei prossimi film di autori italiani, tutti talmente uguali da poter essere assemblati in un solo film perchè senza capo né coda, dove far sfilare la comparsata a tutti i protagonisti per snocciolare le proprie gags o battute.
Dopo tanto frastuono per fortuna è arrivata la proiezione di Quando La Notte firmata da Cristina Comencini.
Quando si dice un bel film! Gustato da cima a fondo per le scelte della location (non a caso a ricordare Cogne) e del tema sempre più ricorrente della mamma”cattiva” (interpretata in questo caso da una intensa e sensibile Claudia Pandolci) quella che “voglio la mia vita più di quanto volessi te” perché il bambino al centro è perennemente disperato e in lacrime da far perdere la pazienza anche a un santo.
Ma non al coinquilino (Filippo Timi) del piano di sotto perché le lacrime del pupo anche se non lo fan dormire, gli rubano il cuore facendolo star dalla sua parte per difenderlo contro le donne, madri in primis.
Ovviamente questo è il suo segreto, essendo stato da bambino abbandonato dalla mamma.
“Mamma – mormora la piccina – tu non mi compri mai balocchi. Mamma tu compri soltanto profumi per te”. Storia vecchia.
Eppure al Festival di Venezia con tanta ma tanta ipocrisia e un filo di cattiveria, diciamolo, Cristina Comencini è stata fischiata, per questo bellissimo film .Incompresa predestinata.
 Certo, molto meglio i comici di Zelig, quelle delle belle giornate per esempio che sono ospitati in tutti i talk show della Tv per caldeggiare con operazioni commerciali delle opere che fanno ridere per non far piangere.
Tornando a Quando la Notte, dopo essersi scontrati, la mamma e il coinquilino si confrontano mettendo in luce le loro verità nascoste fatte di antichi rancori verso le donne per lui, di amore e odio per la creaturina per lei che cova in seno. Fra tante asperità di caratteri i due trovano un punto di incontro intrecciandosi in un abbraccio casto e appassionato nel lettino di un ospedale  dove lui è ricoverato a seguito di incidente sulla montagna.
La passione si accende e si alimenta in seguito nel tempo trascorso separati per poi esplodere in tutta la sua forza, dopo quindici anni, con una fiamma ardente e appassionata.
Che i due consumano in una notte d’amore nella quale si donano reciprocamente con generosità. Infatti le loro nudità sono esposte in maniera cruda. Giustamente, per dare più realismo ad una storia di per sé di grande pathos. La quale culmina con la frase che accende la libido quella che tocca le corde più intime e segretissime della sfera emotiva di una femmina : “Sei la mia donna”. Nulla a che fare con il matrimonio, con la casa e con i figli. Bellissimo film, ripeto. anche perché la coppia Claudia Pandolci e Filippo Timi dimostra grande affiatamento.
Questo merito lo si deve proprio a lui, perché nessuno come Timi sa calarsi nel ruolo del partner giusto ad affiancare la protagonista di turno.
E’ l’attore più interessante del momento del cinema italiano, perché la sua intensità interpretativa è sublime sia nell’amore (la doppia Ora, per citare l’ultimo, e questo Quando la Notte) che nell’odio (Vincere):
Insomma un grande attore che ricorda moltissimo il compianto Gian Maria Volontà del quale è sicuramente l’erede: la voce roca e calda, il filo di barba incolta, l’occhio che dal languido passa alle scintille di odio, Timi sullo schermo impersona il maschio di passata memoria, quello rude e virile al quale donarsi per farne un campione da poter gestire.
A torto proprio perché integro e virile.
Ma questo è il suo fascino di amante latino, concentrato sulla sua donna, tenebroso, istintivo e solitario come un lupo. L’alter ego del patinato brillante e “allegre ce n’è per tutte”, Latin Lover…
             

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