VENERE IN PELLICCIA di Roman Polansky in un racconto tra eros e masochismo sembra ispirato al film Venere in Visone del quale trascrivo le mie impressioni.
Rivisto in Tv Venere in Visone di Elizabeth Taylor e Lawrence Harvey.
Un film decisamente datato, del 1960, che ogni tanto si va a rivedere come un pezzo di vintage, da esposizione e basta.
Sì perché la storia a differenza di tanti altri film anche in bianco e nero come Eva contro Eva (v. articolo sotto a seguire) per esempio non è più di attualità.
La Taylor avanti Richard Burton era un concentrato di mielosità perché le storie che interpretava erano sempre sul filo del sentimentalismo ambientate in una borghesia ipocrita dove il perbenismo imperversava fra le classi abbienti, capisaldi dei valori familiari, mentre fra quelle più basse era diffuso il vizio e la corruzione.
La Taylor ancora lungi dalle passionali interpretazioni a fianco di Burton che avevano raggiunto il loro trionfo Kitch in Cleopatra, si evolveva come attrice drammatica di stampo teatrale fornendo interpretazioni di alta maestria come in Chi Ha Paura di Virginia Woolf o La Bisbetica Domata che poi ha completato con un personale percorso di film d’autore che suscitavano molto interesse per la rinnovata immagine di attrice di spessore.
Con Venere in Visone ha vinto il primo Oscar a coronare una smagliante carriera di grande star costruitole dalle grosse produzioni Hollywoodiane che mettevano in luce, più che la bravura di una diva, tutto il suo sex appeal.
Notevole, che Elisabeth Taylor sprigionava con le mises modellate su misura ad evidenziare due grosse tette enormi (chiamiamole con il loro nome per rendere l’idea così come Richard la canzonava paragonandole a quelle di una balia) sulle quali è stato focalizzato, esaltandolo, tutto il suo fascino di icona in primo piano. Perfetto in ogni particolare a tutto mezzo busto perché poi le gambe erano un filino corte.
Un difetto che la Taylor ha trasformato in pregio proporzionando la figura con i tacchi a spillo e un vitino molto sottile che aggraziavano un corpo dalle movenze sensuali di una gatta i cui bellissimi occhi viola brillavano nel buio.
U/n po’ eccessiva come storia perché al giorno d’oggi è impensabile
tanta fierezza in una donna disposta a vendere il suo corpo che, a quel
tempo si chiamavano con disprezzo mantenute, cocottes o prostitute,
mentre oggi sono solo escort o manager della loro immagine.
Insomma le donne si sono liberate anche del tabù della prostituzione “elevandolo” a lavoro come un altro se svolto con classe ed eleganza, e a mestiere come “quelle” se esercitato selvaggiamente senza filtro: vedere cammello, dare moneta. C’è modo e modo che lo consenta,perdinci, questo mestiere oh, pardon, lavoro su sé stesse!
Il visone, oggetto del contendere di tutto il film, se ha mantenuto lo status symbol per molti anni ancora, è stato poi oscurato dalla sua diffusione in massa che hanno operato tanti stilisti del settore come Annabella e Fendi, rendendolo a portata di tutte le classi fino a scomparire quasi dal mercato a seguito delle campagne animaliste le quali hanno praticamente bandito le pellicce dalle sfilate tanto che le signore lo rispolverano solo in occasione di grandi eventi esclusivi (come le Prime dell’Opera) evitando di indossarlo per lo Shopping essendo a rischio di scippo selvaggio delle bande metropolitane.
Sì perché la storia a differenza di tanti altri film anche in bianco e nero come Eva contro Eva (v. articolo sotto a seguire) per esempio non è più di attualità.
La Taylor avanti Richard Burton era un concentrato di mielosità perché le storie che interpretava erano sempre sul filo del sentimentalismo ambientate in una borghesia ipocrita dove il perbenismo imperversava fra le classi abbienti, capisaldi dei valori familiari, mentre fra quelle più basse era diffuso il vizio e la corruzione.
La Taylor ancora lungi dalle passionali interpretazioni a fianco di Burton che avevano raggiunto il loro trionfo Kitch in Cleopatra, si evolveva come attrice drammatica di stampo teatrale fornendo interpretazioni di alta maestria come in Chi Ha Paura di Virginia Woolf o La Bisbetica Domata che poi ha completato con un personale percorso di film d’autore che suscitavano molto interesse per la rinnovata immagine di attrice di spessore.
Con Venere in Visone ha vinto il primo Oscar a coronare una smagliante carriera di grande star costruitole dalle grosse produzioni Hollywoodiane che mettevano in luce, più che la bravura di una diva, tutto il suo sex appeal.
Notevole, che Elisabeth Taylor sprigionava con le mises modellate su misura ad evidenziare due grosse tette enormi (chiamiamole con il loro nome per rendere l’idea così come Richard la canzonava paragonandole a quelle di una balia) sulle quali è stato focalizzato, esaltandolo, tutto il suo fascino di icona in primo piano. Perfetto in ogni particolare a tutto mezzo busto perché poi le gambe erano un filino corte.
Un difetto che la Taylor ha trasformato in pregio proporzionando la figura con i tacchi a spillo e un vitino molto sottile che aggraziavano un corpo dalle movenze sensuali di una gatta i cui bellissimi occhi viola brillavano nel buio.
Infatti Liz accendeva ogni film , anche il più banale, perché
galvanizzava la platea proprio per la perfezione dei tratti del suo
volto e la carnalità del corpo esposto in un vedo-non-vedo ad alta
gradazione erotica perché intriso di quel pathos che traduceva in follia
(Improvvidamente l’Estate scorsa dove usciva dall’acqua con il
costumino bianco trasparente), o nel dramma coniugale (La Gatta sul
Tetto che Scotta nel quale ha recitato quasi sempre in sottoveste di
seta) sfociando nella torbida tragedia di Venere in Visone. La pelliccia
in questione rappresentava lo status Symbol delle mogli dell’alta
borghesia alla quale tutte le mantenute ambivano, così come Liz che nel
film aveva il ruolo di una prostituta contrapponendosi a una rivale
dolce di brava mogliettina. Quella che sarebbe diventata anche Liz se
fosse nata in un contesto agiato e tradizionale. Tanto perbenismo
suscitava sensi di colpa nella borghese che covava dentro, facendo di
lei una sofferente e pentita prostituta che trovava il suo riscatto non
tanto nel matrimonio con il suo amante dopo aver chiesto il divorzio,
quanto nella morte cercata follemente con una corsa in macchina.
Insomma le donne si sono liberate anche del tabù della prostituzione “elevandolo” a lavoro come un altro se svolto con classe ed eleganza, e a mestiere come “quelle” se esercitato selvaggiamente senza filtro: vedere cammello, dare moneta. C’è modo e modo che lo consenta,perdinci, questo mestiere oh, pardon, lavoro su sé stesse!
Il visone, oggetto del contendere di tutto il film, se ha mantenuto lo status symbol per molti anni ancora, è stato poi oscurato dalla sua diffusione in massa che hanno operato tanti stilisti del settore come Annabella e Fendi, rendendolo a portata di tutte le classi fino a scomparire quasi dal mercato a seguito delle campagne animaliste le quali hanno praticamente bandito le pellicce dalle sfilate tanto che le signore lo rispolverano solo in occasione di grandi eventi esclusivi (come le Prime dell’Opera) evitando di indossarlo per lo Shopping essendo a rischio di scippo selvaggio delle bande metropolitane.
EVA CONTRO EVA (LA MIA DIRETTA TELEVISIVA)
Sto guardando Eva contro Eva su Iris il vecchio film che ha lanciato Marilyn Monroe mettendola in luce con poche battute che hanno delineato la futura oca giuliva che tutti sappiamo. L'attrice protagonista è Bette Davis, una leonessa indiscussa, ma stranamente emergono le figure minori come Anne Baster nel ruolo della sua cameriera che la studia per farle le scarpe solo perchè è più giovane e carina, oppure lo spirito caustico di Thelma Ritter sempre ne ll’eterno ruolo della governante. La Baxter non è mai riuscita a scrollarsi di dosso questo ruolo di dura e determinata perchè ha poi sempre interpretato personaggi passionali ma asciutti, come la regina Nefertari de' I Dieci Comandamenti che l'ha consacrata a star seminando alle spalle la grande Bette Davis la quale si era conquistata un posto al cinema nonostante non fosse bellissima ma molto talentuosa. Come del resto Anna Magnani. Sono talenti talmente forti e prepotenti da oscurare i canoni della bellezza che impone il grande schermo.
La Davis è comunque bravissima a descrivere la paranoia di una diva isterica che si sente accerchiata dal suo enturage per sostenere la piccola camerierina dolce e bellina che dimostra di saper recitare altrettanto bene perchè infinocchia tutti.
La battuta più centrata e lungimirante è quella che recita Bette Davis quando dice che un'attrice a quarant'anni non può fare un ruolo di una ventenne chiudendo così la carriera alle attrci mature, come Joan Crwford, Vivien Leigh (che a 36-27 anni interpretava la giovanissima Rossella, o peggio ancora Olivia De Havilland in Melania, per non parlare della sorella Joan Fontaine in Rebecca la prima moglie) che facevano le ragazzine.
E' comunque un problema irrisolto perchè non si a se sia meglio un'attrice matura che sa recitare di una giovane attrice che alla fin fine sa solo scimiottare come si vede con i bambini talentuosi degli show in Tv che cantano le canzoni d'amore come gli adulti senza saper quello che dicono.
Anche George Sanders non è male nella parte del critico che si vuol fare la giovane promessa che ha fatto le scarpe alla diva matura. E' bellissimo questo film perchè ancora molto attuale. Tanti anni di lotte, di femminismo non sono serviti a nulla perchè le donne se devono conquistare qualcuno o qualcosa devono sempre dimostrarsi dolci e sorridenti ma soprattutto disponibili al compromesso.
Non è detto che sia sempre riferito a favori sessuali perchè ci sono tanti modi. Il peggiore è quello che ho sentito da una tipa in carriera la quale diceva che per un miliardo si sarebbe fatta sputare in bocca.
Con questo obiettivo ben preciso è difficile scendere a dei compromessi perchè non troverai mai nessuno disposto a sputare in bocca a una donna per un miliardo.
E' come la verginella che si vanta di essere rimasta tale perchè nessuno ha osato farsela.
La virtù di una donna è sempre inversamente proporzionale alla sua bellezza.
E comunque la virtù secondo me è tutta di testa e si chiama onestà intellettuale. Le questioni di letto e di sesso fanno parte del gioco, dipende dal gusto,dalla complicità di coppia, dall'educazione e dal senso di dignità.
Insomma ci sono tante motivazioni. L'onesta intellettuale invece va oltre al gioco ed investe la persona che non si vende mai a nessun costo. Questa è l'integrità e questo è importante.
Insomma ci sono tante motivazioni. L'onesta intellettuale invece va oltre al gioco ed investe la persona che non si vende mai a nessun costo. Questa è l'integrità e questo è importante.
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