
Se la distribuzione alimentare per fortuna è stata controllata non così è stato per le mascherine dove i furbetti si sono scatenati perf are business facendo lievitare i prezzi anche del 250%.
Certo business is business e tanto di cappello per chi lo sa gestire ma in un momento di emergenza diventa una cosa vergognosa così come tutto ciò che speculi sulla pelle delle persone.
Ha colpito molto dunque la notizia che l'ex Presidente della Camera Irene Pivetti fosse coinvolta in un traffico di mascherine importate dalla Cina e distribuite anche se non a norma una parte alla Protezione Cile e un'altra in forma privata dalla società con a Capo la Pivetti alle Farmacie, quelle di cui sopra che le hanno rivendute rincarate al 250%.

Invece eccola ancora quà fresca di rasatura sale e pepe che ne ha combinata un'altra delle sue, sicuramente la più meschina e crudele anche se lei si è giustificata dicendo che avessero usato il suo cognome per creare uno scandalo a scopi politici(in qualche modo è sempre rimasta nel ramo) o ad arricchir l'informazione.
A tutt'oggi resta comunque indagata fino a prova contraria che secondo i soliti maligni potrà dimostrare magari usando il suo cognome così come ha già fatto per creare il business a livello Internazionale con la Cina pur facendo comunque in tutti i modi da che parte lo si pronunci questo cognome, un buco nell'acqua.
Infatti come direbbe l'Avvocato del Diavolo chi di business ferisce di buco perisce. Chiacchiere anche se resta comunque una domanda: quando diventerà grande l'enfante prodige di Umberto Bossi?
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