mercoledì 4 dicembre 2013
LA RAGAZZA DI FUOCO
Fai un pout-pourri di premi Oscar e ti trovi a giocare agli Hunger-Games.
Gli ingredienti sono: un po’ di Gladiatore, un po’ Ben Hur al Circo Massimo, un po’ di Robin Wood e poi ti vedi uscire La Ragazza di Fuoco, tanto per citare Black Swan, trasformata in Ghiandaia Imitatrice, ovvero la Gazza Ladra di Rossini.
Perché questo è cinema bellezza: una serie di patacche con effetti speciali inanellate grazie al filo di rame infilato in una freccia come un ago lanciato in cielo tra fulmini e saette mediante un arco teso come fosse un Heroes dello spot Versace.
Le citazioni in questo film sono infinite per cui il gioco è di una complessità infinita che per dipanare ci vorrebbe Arianna a dare il supporto per fronteggiare il minotauro e poi tornare a casa. Inteso come Distretto.
La fonte di ispirazione è il gioco mediatico che parte dalla stampa per sbizzarrirsi alla TV passando per il Web e di cui il cinema si era sempre tenuto in disparte.
Questo fino a poco tempo fa perché ora i film sembrano tutti pilotati per delirio di onnipotenza come si fa con l’inseminazione dei cieli, per far piovere a comando sulle aree che si vogliono coltivare a grano o a frutti della terra lasciando desertificare quelle ritenute inutili, non importa se siano interi continenti.
Cose vecchie e risapute specie dopo le confessioni in diretta della Bonev che era stata unta dal Presidente del Consiglio per soddisfare una sua richiesta, così come lui ha sempre fatto con tutte le altre. Insomma un cinema mercato con annessi e connessi.
Con la Ragazza di Fuoco sono in tanti ad essersi connessi perché ha sbancato il botteghino in America facendo anche la sua bella figura in Italia, senza comunque sfondare. Come a dire una figuette.
Eppure fin dalla sua prima apparizione Jennifer Lawrence prometteva bene e se non si fosse lasciata andare agli effetti speciali del cinema commerciale forse avrebbe anche meritato l’Oscar, che evidentemente le è stato assegnato per la fatica degli allenamenti superati brillantemente. Come a dire, Ginnaste una Vita di Merda.
Per lei ne è valsa la pena: una su mille ce la fa ma tanto va l’arcera al gioco che si spezza l’unghia al dito. Sì perché l’artiglio dell’Uccello nero passeraceo graffia solo in superficie lasciando a bocca aperta gli spettatori. Tutto qua?
No c’è dell’altro. L’apparizione insopportabile di una sorta di Lady Gaga impersonata da Elizabeth Bank che vorrebbe togliere la scena con costumi ad effetti speciali, alla dolce assassina Katnysse per infervorarla a recitare la commedia dell’amore e morte con il partrner con il quale divide la sorte di Tributo sceso in campo in amichevole. Niente da fare il gioco è fino all’ultimo respiro. Di uno dei due.
Poteva bastare a renderli nemici, invece come due buoni amici ce la mettono tutta per innamorarsi tanto che alla fine ci credono pure loro.
Perché mai Jennifer Lawrence abbia preso un Oscar ora ci è chiaro, avendo Hollywood in cantiere tutta una saga di Hunger Games a sostituire quella di Twinlight che ha fatto il suo tempo.
In tempo di crisi come questo non c’è di meglio che mettere in circolo degli Hunger-games come una sorte di Panem et circense. Per un pubblico di adulti?
No’ per bambini e ragazzini perché sono loro la “folla inferocita” a rappresentar un futuro già scritto da tempo come i cult-movies Mad Max, 2000 Odissea nello Spazio o il Pianeta delle Scimmie, tradotti con gli Hunger-games per i più piccini ad assimilar la violenza primordiale per la sopravvivenza in un mondo sempre più ristretto, tanto da diventar come un distretto. Il loro futuro è servito.
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