La moda è in crisi: una grande azienda italiana Loro Piana che lavora tessuti in cashmeere poco tempo fa ha venduto ai Francesi.
Non è una novità che la moda sia in crisi.
Quando sento i servizi con toni enfatici di certe giornaliste che falciano la povertà raccontando il lusso come se fosse alla portata degli italiani, sempre molto carini, mi vien da ridere.
Trascrivo qui degli appunti che avevo annotato in diretta da Rai Tre
nella puntata di Senza Lavoro.
Parlano i testimoni:
"...250 euro al mese per confezionare un abito da sposa e in nero".
Chi parla non è una extracomunitaria, ma una donna italiana con famiglia.
Purtroppo questa è una catastrofe annunciata. E' la logica conseguenza della invasione dei prodotti cinesi ed indiani che hanno dato uno scossone alla produzione mondiale specie nel campo dell'abbigliamento e lavorazione dei tessuti.
Molti stilisti già da tempo sono emigrati in quiei paesi per confezionare i loro prodotti.
In Cina il costo della mano d'opera è bassissimo: O,8o centesimi per una giornata di lavoro. In India ancora meno. E vendono un loro prodotto finito qui in Italia per soli 3 o quattro euro, di puro cotone o cashmeere.
Era prevedibile la crisi, ma nessuno ha cercato di prevenirla se non emigrando dall'Italia.
Invece soprattutto l'alta moda doveva accontentarsi di guadagnare meno mantenendo costanti i nostri costi di lavoro.
Per risollevarsi dalla crisi bisognerebbe tornare agli anni 50 e 60 quelli che hanno favorito il boom e la ripresa. I turni di lavoro erano massacranti operai mal pagati e tanto nero. Il commercio era libero senza scontrini e ricevute gli stipendi erano bassi e la gente pensava solo a lavorare senza tanti sprechi.
Purtroppo questa è la realtà che si prospetta in futuro: profilo basso, rimboccarsi le mani accontentandosi di poco trovando vantaggio nella sospensione di tutte le tasse per almeno un anno o due per consentire alle aziende di prendere respiro pianificando la ripresa.
Per mantenere il made in Italy bisognerebbe abbassare i prezzi dei capi d'abbigliamento e non solo. Fare i saldi non è abbastanza.
Ho visto un paio d'anni fa in un grande magazzino un abito di medio valore ma all'ultima moda che costava 80 euro, mentre in saldo è stato abbassato, insieme a una decina di taglie, a 10 euro che ho comprato subito.
Non ha senso, anche se è stato un affare. Se il suo prezzo fosse stato di 30-40 euro avrebbero sicuramente esaurito tutto il lotto invece di due o tre capi, così come sarà accaduto.
A tutt'oggi comunque anche 10 euro per le famiglie in crisi sono una cifra.
Il ritorno alla lira non sarebbe comunque una soluzione.
A proposito del Movimento di Sovranità Monetaria, mi ricordo che ai tempi del movimento Lega,trai i fedelissimi c'era un accanito sostenitore del lavoro co-co-co tanto che mi faceva strabuzzare gli occhi pensando a una stramberia.
"Basta con i dipendenti a tempo determinato", diceva "perché al datore di lavoro si deve dare la possibilità di licenziare e al dipendente quella di cambiare dandosi così da fare, magari con una partita iva per un lavoro autonomo, senza poltrire nel posto sicuro".
Solo così si diventerà competitivi, con sconti fino al 70 per cento.
Da qui forse è stato coniato il tormentone Divani e Sofà Artigiani di qualità con la testimonial Sabrina Ferilli che, guarda caso, o forse no è stata la promoter di quel film Call Center nel quale i giovani lavoravano a contrattto co co co.
E proprio questo che ha creato la crisi di lavoro nel quale si trovano i giovani, assunti con contratti da fame a tempo determinato, per cui se si torna alla Lira separandosi dall’Europa temo il peggio. Anzi sono sicura che per l’Italia sarebbe la fine.
Non se ne può più di sentire teatrini della politica dove si fanno chiacchiere in cazzenger.
Non penso che tale idea di separazione dall'Europa possa attecchire solo perché la Merkel è una tedesca asciutta e un panzer schiacciasassi.
Concludendo: occorre che ognuno faccia la sua parte per essere utili al Paese.
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