Una serata Multiculturale per l’incontro annuale fra varie etnie di tutto il mondo ha riunito tante persone, intervenute molto più numerose che alle varie feste dell’Unità o sagre paesane, tutte all’insegna della tavolata all’aria aperta in un abbraccio amichevole.
Questo va detto e il segreto sta nell’originalità degli aventi collaterali al di là della cucina multietnica con i vari piatti esotici. Oltre ai soliti banchetti con oggetti artigianali, grande successo ha avuto la manifestazione dei bambini del Jacuzia, un paese che nemmeno sapevamo esistesse nonostante sia sterminato con settecentomila laghi e prati in fiore. Un paradiso nella steppa perché solo da poco tempo è arrivata la ferrovia per attraversarne il suolo. Accolta da tutti con grande entusiasmo perché la popolazione ha cominciato finalmente a viaggiare organizzando persino tournée con i bambini per fare conoscere la loro cultura attraverso il ballo.
Inutile dire quanto era delizioso vedere questi cinesini, maschi e femmine, danzare insieme raccontando i loro mondi: quelli delle femminucce tutti protesi alla grazia ed eleganza per comporre fiori e il volo delle vispe farfalle sotto un manto rosso che facevan volteggiare, mentre i maschietti mimavano le danze tramandate dai tempi di Gengis Kan, facendo branco nel figurare animaletti dai millepiedi per spaventare le bambine. Per poi finire tutti con il girotondo al quale si sono uniti bambini bianchi e neri.
Piroettante e coloratissima la coreografia ha incantato grandi e piccini che hanno applaudito con entusiasmo aprendosi al secondo spettacolo con un trio di ragazzi neri che accompagnati dal suono di un tamburo, raccontavano una storia di animali, una jena una lepre e una vacca, della savana con un fondo di morale. Da Jungla ovviamente dove vince chi corre più veloce. E’ ovvio che la vacca è stata la prima preda, vuoi per le mammelle grosse e ballonzolanti che facevano da freno, vuoi per tanta buona carne in bellavista…
Fra i vari stand, da segnalare quelli di interesse sociale come il No all’Inceneritore nel quale erano esposte molte pagine della Voce di Parma che alla tematica ha dedicato ampi servizi.
Altri stands riservavano assaggini di dolcetti vari o di bevande come il tè dei Tunisini raccolti nell’Associazione Voce Nuova Tunisia che dà assistenza agli immigrati con sostegno nelle pratiche burocratiche e di inserimento.
Un folto gruppo si è radunato intorno alla conferenza di alcune donne che hanno portato la loro testimonianza in Nigeria dalla quale sono reclutate il maggior numero di prostitute che vediamo nelle nostre strade.
A seguire è stato portato in scena uno spettacolo curioso allestito e diretto da un medico di Reggio Emilia il quale sta portando avanti un progetto per portare la tematica prostituzione nelle scuole. Non senza difficoltà perché ha dovuto superare un muro di diffidenza, comunque abbastanza comprensibile. Ma quando è stato approvato il risultato è stato molto soddisfacente per cui il successo lo ha incoraggiato a continuare.
In questo contesto era accompagnato da due attrici con il compito di raccontare storie vere di vita vissuta dalle prostitute che questo medico, per motivi di lavoro, ha avvicinato nelle case di accoglienza. Dopo alcuni racconti sulle schiave del sesso dei paesi dell’est, bambine violentate dai loro compaesani per iniziarle al lavoro in strada (peraltro già sentiti in vari docu Tv) è stato portato alla luce il fenomeno delle schiave d’alto bordo con la storia di una Escort diventata tale suo malgrado. Infatti raccontava di essere stata assunta in una importante emittente televisiva nazionale come ragazza immagine di vari spot o comparsate varie. Un ambiente delizioso dove aveva conosciuto un tecnico con il quale imbastiva una liaison di alcuni mesi. Dopo essersi lasciati di comune accordo riceveva una serie di foto compromettenti con lei nuda in pose hard ma lui oscurato accompagnate da una telefonata di un’ operatrice di un Ufficio che la ricattava dicendole che d’ora in poi avrebbe dovuto stare agli ordini.
I quali arrivavano ben presto insieme alle feste con VIP in ambienti molto eleganti e chic nei quali giravano tante altre ragazze tutte molto disponibili. Dopo il primo scintillìo i posti erano sempre più degradati e l’attività sempre più intensa. Questo fino a quando la ragazza non ha avuto il coraggio di ribellarsi dicendo che lasciava tutti perché partiva in vacanza con un ragazzo del quale si era innamorata. Al ritorno l’amico è stato pestato a morte e lei ha dovuto ricominciare sempre più marcata stretta in un vortice dal quale non uscirà mai più.
Storie terribili che fanno riflettere sul mondo patinato televisivo e sui retroscena spesso torbidi e drammatici soprattutto per chi non sceglie.
La festa multiculturale continua ai primi di Luglio con l’aggiunta della cucina del Magreb, molto attesa per il piatto forte del cous cous conosciuto in tutto il mondo quanto la nostra pizza. Alla prossima.
I MENU DI BENEDETTA
Non è la prima volta che sono stata colpita dai menu di Benedetta, la quale una ne pensa e cento ne fa.
Come la ricetta del cous cous per esempio rivisitata alla sua maniera.
Il cous cous era preparato a parte, con verdurine surgelate (quelle del minestrone, perchè fanno prima a cuocere), mixato con acqua calda e zafferano mentre il pesce era rappresentato da un trancio di merluzzo (anche quello surgelato) affogato nel sughetto rosso, portato da pomodorini cigliegini dei quali si lamentava perchè noiosi da spezzettare. Se voleva essere un omaggio alla cucina mediorientale, poteva astenersi perchè il risultato era ben lungi da quello originale che con un minimo di cultura culinaria avrebbe anche potuto emulare facendole onore. A meno che non abbia fatto apposta visto che nello spettacolo quello che vedi è quello che è.
LA FESTA MULTICULTURALE A TUTTA DANZA PARTE SECONDA.
La festa multiculturale continua sempre più interessante perchè una riunione multietnica in un piccolo paese di provincia è lo specchio della società globale in cui si può osservare il movimento degli immigrati a livello europeo.
Infatti è curioso notare la differenza delle popolazioni nelle loro usanze e tradizioni con le innovazioni che hanno improntato per evolversi o integrarsi. Il movimento è quello della danza che in questo ultimo week end ha fatto da padrona in senso di spettacolo seguito in maniera impressionante.
Ad iniziare per primi la compagnia dei Greci che hanno eseguito varie performances folcroristiche raggiungendo il clou con il mitico Sirtaki di Zorba il Greco di Hollywoodiana memoria che ha raccolto gli applausi entusiasti dei presenti.
Ma a galvanizzare la platea è stata l’entrata in pista per ballare del gruppo di Etiopi che si sono scatenati nelle loro danze. E qui scatta la sorpresa perché abituati alle danze tribali dei Masai o Congolesi , siamo rimasti piacevolmente meravigliati dalla grazia ed eleganza delle fanciulle dalla pelle di luna (il film che aveva lanciato miss Etiopia Zeudi Araya).
Il cuore dell’Africa era in scena, quella parte che gli italiani hanno colonizzato e alla quale abbiamo aperto le nostre porte. Ed a ragione perché il gruppo delle Etiopi era veramente accattivante. Le donne che non erano in pista erano tutte allineate in prima fila (che avevano conquistato facendosi largo “pestando i piedi” alla folla e lasciando una scia di dolce brezza emanata dal profumo dei capelli intrecciati ad arte e dalla loro pelle di ebano), con abiti colorati e tanti bambinetti al seguito.
La danza si snodava in maniera sublime, perché tutta sviluppata nella parte alta in un mixage di performance afro-indiana perché i ventri delle donne restavano rigidi con le braccia graziosamente posate in fondo ai fianchi mentre facevano roteare la testa a scatti con vibrazione della spalla e del petto ritmando incessantemente al suono di una musica corale. Eha Eha Eha…! Africa Africa! Il nostro colonialismo sembra aver dato buoni frutti, tutto sommato,perché queste Africane dimostravano di aver raggiunto un buon grado di emancipazione: belle, curate e indipendenti, con gli uomini al seguito che lasciavano loro tutto lo spazio e la scena aperta a testimoniare un perfetto esempio di integrazione.
Un altro stand, quello della Tunisia aveva acceso una musica a tutto volume attirando l’attenzione che si concentrava sulla scena sperando di vedere la danza del ventre del Maghreb. Invece a danzare erano i maschi, giovani e aitanti che si muovevano in modo sensuale secondo la loro tradizione attirando anche parte di ragazze del pubblico, mentre le donne “col velo” erano tutte rifugiate
sotto lo stand con i bambinetti. Solo una di loro era entrata in pista e questo ha stupito. Ma non più di tanto perché in Tunisia le donne scendono in pista per ballare solo in occasione dei matrimoni perché la danza del ventre è la danza della fertilità. Vabbè poi ci sono le ballerine che ne fanno uso pubblico ma per le donne del popolo rimane una forma di sacralità della vita.
Non da discoteca per intenderci. E qui si nota la differenza tra le donne del Medio Oriente e quelle Africane del Centro dove quest’ultime sembrano meno condizionate dalla cultura religiosa.
Piccoli particolari che mettono in evidenza la diversa condizione delle donne africane nella integrazione nei nostri paesi. Sì, perché se le Etiopi sono colorate e disinvolte fanno contrasto con le condizioni di miseria in cui è ripiombato il loro Paese d’origine, mentre le Tunisine se qui sono relegate a livello di casalinghe, nel Paese d’origine sono molto più emancipate lavorando in maggioranza nella società “industriale”. Non per nulla la rivoluzione del gelsomino è scoppiata proprio per mancanza di lavoro di tanti ragazzi giovani laureati e non. Per questo l’integralismo sembra che bussi alle porte del nuovo governo. Non resta che attendere le prossime elezioni sperando in un futuro con la nascita di una Unione dei Paesi Arabi Democratici, dal Marocco all’Iraq. Intanto per cominciare… perché l’Unione dei Paesi Africani è ancora un’utopia molto lontana da realizzare. Troppi sono gli interessi delle Grandi Potenze per sfruttare le inesauribili risorse di materie prime, e non solo diamanti, per cui è molto meglio un’Africa divisa in tanti Stati a guerreggiar tra di loro per alimentare anche il traffico d’armi
degli occidentali. Sono problemi che per il momento restano irrisolti come Impossible mission, nonostante la buona volontà di tanti missionari e volontari.
LA FESTA MULTICULTURALE A TUTTA DANZA PARTE SECONDA.
La festa multiculturale continua sempre più interessante perchè una riunione multietnica in un piccolo paese di provincia è lo specchio della società globale in cui si può osservare il movimento degli immigrati a livello europeo.
Infatti è curioso notare la differenza delle popolazioni nelle loro usanze e tradizioni con le innovazioni che hanno improntato per evolversi o integrarsi. Il movimento è quello della danza che in questo ultimo week end ha fatto da padrona in senso di spettacolo seguito in maniera impressionante.
Ad iniziare per primi la compagnia dei Greci che hanno eseguito varie performances folcroristiche raggiungendo il clou con il mitico Sirtaki di Zorba il Greco di Hollywoodiana memoria che ha raccolto gli applausi entusiasti dei presenti.
Ma a galvanizzare la platea è stata l’entrata in pista per ballare del gruppo di Etiopi che si sono scatenati nelle loro danze. E qui scatta la sorpresa perché abituati alle danze tribali dei Masai o Congolesi , siamo rimasti piacevolmente meravigliati dalla grazia ed eleganza delle fanciulle dalla pelle di luna (il film che aveva lanciato miss Etiopia Zeudi Araya).
Il cuore dell’Africa era in scena, quella parte che gli italiani hanno colonizzato e alla quale abbiamo aperto le nostre porte. Ed a ragione perché il gruppo delle Etiopi era veramente accattivante. Le donne che non erano in pista erano tutte allineate in prima fila (che avevano conquistato facendosi largo “pestando i piedi” alla folla e lasciando una scia di dolce brezza emanata dal profumo dei capelli intrecciati ad arte e dalla loro pelle di ebano), con abiti colorati e tanti bambinetti al seguito.
La danza si snodava in maniera sublime, perché tutta sviluppata nella parte alta in un mixage di performance afro-indiana perché i ventri delle donne restavano rigidi con le braccia graziosamente posate in fondo ai fianchi mentre facevano roteare la testa a scatti con vibrazione della spalla e del petto ritmando incessantemente al suono di una musica corale. Eha Eha Eha…! Africa Africa! Il nostro colonialismo sembra aver dato buoni frutti, tutto sommato,perché queste Africane dimostravano di aver raggiunto un buon grado di emancipazione: belle, curate e indipendenti, con gli uomini al seguito che lasciavano loro tutto lo spazio e la scena aperta a testimoniare un perfetto esempio di integrazione.
Un altro stand, quello della Tunisia aveva acceso una musica a tutto volume attirando l’attenzione che si concentrava sulla scena sperando di vedere la danza del ventre del Maghreb. Invece a danzare erano i maschi, giovani e aitanti che si muovevano in modo sensuale secondo la loro tradizione attirando anche parte di ragazze del pubblico, mentre le donne “col velo” erano tutte rifugiate
sotto lo stand con i bambinetti. Solo una di loro era entrata in pista e questo ha stupito. Ma non più di tanto perché in Tunisia le donne scendono in pista per ballare solo in occasione dei matrimoni perché la danza del ventre è la danza della fertilità. Vabbè poi ci sono le ballerine che ne fanno uso pubblico ma per le donne del popolo rimane una forma di sacralità della vita.
Non da discoteca per intenderci. E qui si nota la differenza tra le donne del Medio Oriente e quelle Africane del Centro dove quest’ultime sembrano meno condizionate dalla cultura religiosa.
Piccoli particolari che mettono in evidenza la diversa condizione delle donne africane nella integrazione nei nostri paesi. Sì, perché se le Etiopi sono colorate e disinvolte fanno contrasto con le condizioni di miseria in cui è ripiombato il loro Paese d’origine, mentre le Tunisine se qui sono relegate a livello di casalinghe, nel Paese d’origine sono molto più emancipate lavorando in maggioranza nella società “industriale”. Non per nulla la rivoluzione del gelsomino è scoppiata proprio per mancanza di lavoro di tanti ragazzi giovani laureati e non. Per questo l’integralismo sembra che bussi alle porte del nuovo governo. Non resta che attendere le prossime elezioni sperando in un futuro con la nascita di una Unione dei Paesi Arabi Democratici, dal Marocco all’Iraq. Intanto per cominciare… perché l’Unione dei Paesi Africani è ancora un’utopia molto lontana da realizzare. Troppi sono gli interessi delle Grandi Potenze per sfruttare le inesauribili risorse di materie prime, e non solo diamanti, per cui è molto meglio un’Africa divisa in tanti Stati a guerreggiar tra di loro per alimentare anche il traffico d’armi
degli occidentali. Sono problemi che per il momento restano irrisolti come Impossible mission, nonostante la buona volontà di tanti missionari e volontari.
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