Il re del Pop, Michael Jackson detto Jacko, più che un cantante, è stato un grande ballerino.Sì, perché se non avesse inventato uno stile tutto nuovo, non sarebbe considerato così fenomenale.
A renderlo celebre è stato un passo da lui inventato, e non si fa per dire, di sana pianta: quello mimato meccanicamente all’indietro come se fosse un robot. Un passo mai visto prima perché danzato in sincrono con l’era tecno-meccanica che la musica aveva già scoperto suonando con il ritmo a percussione martellante, arricchita da effetti speciali, diffusa nelle disco.
Era al passo coi tempi, col ritmo dell’era industriale e la sua catena di montaggio dove le braccia e le gambe degli operai sono un tuttuno con la macchina. Era anche il periodo della prima apparizione al cinema di Terminator e il Cybor, l’uomo meccanico con il cuore elettronico e la vista laser, faceva capolino con l’immagine del maschione dalla forza bruta di Arnold Swarzenegger che Michael Jackson riproponeva mimando rivisitato come un robot agile, scattante e fantasioso simile a un gioco da bambini.
A tutt’oggi, in piena era tecnologica i robots della fantascienza cinematografica si sono evoluti assumendo forme scheletrico-meccaniche paurosamente invadenti come uno sbarco di marines arrabbiati, per colonizzare un territorio chiamato Terra al grido di “E ora succhiami il cazzo!” Alla macchina non si può. Per fortuna. Basta spegnere l’interruttore per chiudere con loro. Per sempre, perché non hanno anima, per cui non si capisce tutta questa paura per degli alieni generati da micro-chips (la cui matrice nel film Transformer, risulta nascosta e sepolta fra le piramidi d’Egitto), che viaggiano a onde lunghe o corte.
Infatti proprio con Transformer la Vendetta del Caduto il tema paura dei robots è diluito e stemperato in due. A una parte delle macchine-robot, infatti, è stata inserita una buona dose di umorismo facendoli sembrare più dei giocattoli amici dei bambini.
Ogni incubo, anche quello alieno, ha il suo angolo di paradiso che Transformer lo presenta con un’ immagine a mini-shorts a cavallo di una moto e culetto in bellavista. Che c’entra con il film? Nulla, ma tutto fa, e non si fa per dire, perché a far di tutto è Megan Fox. La numero Uno, dicono, l’erede di Angelina Jolie a sostituirà nei prossimi film della serie Laura Croft, robot dalle curve mozzafiato.
Se si dà una mossa (anche di culo perchè no?), Megan Fox può avere qualche speranza perché al momento sembra missione quasi impossibile. Se la Jolie è stata bravissima a dare l’anima a un robot come Laura Croft, la Fox non riesce a tirar fuori l’anima dalla sua immagine di bambola, restando perennemente imbambolata, nei primi piani, con la bocca semiaperta non andando oltre l’espressione “guardami quanto sono fica” senza che della fica ci sia nemmeno l’ombra. Eccitante come una bambola gonfiabile, sembra costruita con lo stampino delle star californiane, gonfiate ad arte per piacere solo ai ragazzini, rimasti ancora alla fase esplorativa del petting e del culetto.
Ben lungi dalla grinta che sfodera Angelina Jolie che è tutta, e non si fa per dire, un’altra arma letale, con la quale infierisce sui suoi partner.
Fra le due superbombe sexy, è da segnalare l’apparizione di una biondina niente male che poi si rivelerà essere lei la vera Transformer, come una sorta di replicante in cui sotto il vestito c’è la macchina .
E’ Alice ed ha il volto della bella e bionda Isabel Lucas. Un nome, un destino perché è una ragazzina che avanza come una schiacciassassi per stendere i compagni del Campus, cavalcandoli senza preavviso, folgorandoli con lo sguardo verde smeraldo a bagliori saettanti, come due raggi laser. Da tenere d’occhio perché se con le bombe non c’è scelta nel massacro, il laser può risultar fonte di morte o di vita. A piacere.
COPPELIA LA BAMBOLA MECCANICA
Anche nella Danza classica si riscontra spesso la bambola meccanica (Lo Schiaccianoci e Coppelia).
La più suggestiva Coppelia è quella rappresentata con la coreografia di Roland Petit, una scenografia spoglia ma essenziale parte dell’insieme perché ad un balcone è seduta la protagonista con la quale il fico ballerino Franz (Breno Bittencourt) fa lo smiccio a dispetto della fidanzata Swanilda (Adeline Pastor) di cui è innamorato anche Coppellius.
Ecco in scena la quadriglia. Il suo nome è Donna Rosa? No, è quello di Coppelia, bambola meccanica, costruita da Coppellius a immagine e somiglianza di Swanilda, che dal balcone domina la scena: nel cortile si scatena un divertissment giocoso e pieno di brio, fra gruppi di ragazzine in fiore in piena tempesta ormonale che fanno l’occhiolino ai cadetti di una scuola militare per fare accoppiata da…sballo? No, da ballo con la D maiuscola, quello danzato nei pas de deux e in ensemble a formare figurine coreografiche allegre e vivaci come una sorta di primavera che bussa alla porta con i primi germogli.
L’allegra brigata poi si defila per lasciare in scena Swanilda e darle spazio per i suoi virtuosismi tecnici ed interpretativi.
Perchè Coppella è un balletto che necessita di notevoli doti interpretative per i dualismo che contraddistingue il doppio ruolo di Swanilda-Coppelia. Infatti, assumendone le sembianze, con una sorta di gioco delle parti, rivestendosi con gli abiti di bambola, Swanilda-Coppelia inizia un assolo dapprima mimando i gesti meccanici per poi sciogliersi e scatenarsi in una danza spagnola trionfante, danzata con mordente sensualità in cui si riconosce l’impronta coreografica di Roland Petit, sempre infusa di gestualità fisicata e sexy e un giga scozzese inarrestabile. Da timida fanciulla a imperiosa e sensuale femmina il passo è sulle punte, danzato con efficacia scenica in grado di rubare la scena della pantomima precedentemente inscenata fra Cornellius e la sua bambola Coppella, fin troppo intrisa di comicità scenografica in una cena a lume di candela con tanto di champagne spumeggiato per fare un brindisi. Pum!
Ma proprio grazie al suo dualismo è Coppelia la protagonista assoluta, la “bambola in carne” che emerge fra i pur bravissimi partner per la performance più accattivante da far cadere in amore il pubblico, invaghitosi delle sue evoluzioni scatenate.
Il finale è scontato perchè le coppie si formano spontanee lasciando Coppelius solo con la sua bambola svestita da Swanilda, la quale si sgretola in mille pezzi. Ad avvalorar la curiosa ipotesi secondo cui la copia costruita ad immagine e somiglianza dell’originale, a volte riesca a superarla pur rischiando poi di finire nell’oblìo. Il dubbio serpeggia perché quando Swanilda si riveste con gli abiti della bambola è allora che dà il meglio di sé. Intricata come tesi che la protagonista con i suoi virtuosismi sa illustrare magnificamente, danzando solo come originale, con abiti intercambiabili nascosti dietro a una tenda: due abiti e un’anima sola. La ballerina Swanilda infatti è una sola: Adeline Pastor. Mentre Coppelia è doppiata da un’altra. Originale e copia viaggiano in parallelo, senza confondersi mai.
In platea c'era tutto esaurito e applausi scroscianti in una giornata di pioggia che aveva segnato il passo sulle punte portando una ventata d’aria fresca da primavera.
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