A Berlino l’Orso esce dalla tana e dà spazio alle coppie lesbo.
Aveva iniziato l’anno scorso con L’Adieu a la Reine premiando un film nel quale si proponeva Marie Antoinette nelle vesti lesbo-chic mantenute fino all’ultimo per danzare un minuetto fra le dame di compagnia che la consolavano mettendo le loro testine in petto e in grembo. Tra petto e coscia la più giovane annotava le emozioni suscitate sia dal trambusto frenetico dei servi in fuga che dai palpiti della regal Regina di Francia, della quale si conosceva in tutto il Paese il suo debole per la sua damigella maggiore che l’accompagnò fino alla Bastiglia dove venne decapitata e presentata la testa a Marie Antoinette. La quale svenne risvegliandosi tutta incanutita passando da bambina a vecchia in un solo istante, senza mai essere diventata donna. Se tutta la Francia l’aveva beffeggiata e vilipesa, al momento di salire al patibolo scese il silenzio per inchinarsi all’autorevole figura piena di dignità con la quale la Regina seppe imporsi affrontando il patibolo a testa alta elevando i francesi che assistevano a una massa di cittadini irrimediabilmente pezzenti. La rivoluzione l’aveva introdotta lei, a Versailles accendendo la fiamma della rivolta in tutti i francesi.
Il tema lesbo consumato questa volta fra le mura di un convento nel 700 (quando il Clero rappresentava la classe media fra nobiltà e popolino), è presente anche quest’anno a Berlino con il film di Diderot La Religieuse, già presentato negli anni sessanta con un finale che lasciava sospeso lo spettatore perché la protagonista, una religiosa ribelle scappata dal convento, finiva con l’andare a mendicare per le strade, così come a dir “ dalla padella alla brace” non trovando nessuna positività nel messaggio di libertà. Quel messaggio che tanto crudemente veniva poi approfondito con Senza Tetto Né Legge con Sandrine Bonnaire dove si racconta di una ragazza barbona pronta a morire pur di non piegarsi alle regole di un sistema da media borghesia (che ha preso il posto del Clero): fan’culo. Morta lì, fulminata dalla polmonite.
Il remake La Religieuse, presente a Berlino in questi giorni, è interpretato da Pauline Etienne e Isabelle Hupper nel ruolo rispettivamente di novizia ribelle e badessa protettiva. Tanto protettiva da voler metter le mani su quella novizia per gestire i suoi bollori. Perché è sempre di bollore intimo che si parla quando si vien chiusi fra le mura di un convento senza possibilità di sbocchi con l’altro sesso.
E allora ecco instaurarsi simpatie a pelle da trasformare in liaison per consumare i piaceri della carne nascosti fra i veli delle vesti consacrate che in questo caso calzano a pennello su Isabelle Hupper attrice di rara abilità nel tratteggiare la sottile perfidia racchiusa nel fascino discreto di una media borghesia: fan’culo. Evvai in convento! Le mancava l’esperienza che comunque non toglie la scena alla piccola Pauline Etienne incantevole nella sua ribellione portata avanti per una questione di principio di dignità e di libertà che va oltre il bollore ed il bruciore lì, tanto da respingere con sdegno ogni forma di liturgie, litanie ivi comprese le avances e la protezione della capa-badessa. Fan’culo.
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