lunedì 19 agosto 2019

VACANZE BOOM CON EVENTI CULTURALI

Incontro con la regista Nadine Labaki a San Terenzo






















Il mio video girato in occasione del concerto per Nadine Labaki nella piazza di S.Terenzo
   


 CAFARNAO NON E' NEOREALISMO DEL NORD AFRICA
Cafarnao è un film della regista Libanese Nadine Labaki che ha firmato anche film Caramel e e Ora dove Andiamo film brillanti che strizzano l'occhio all'occidente.
Così ora ha puntato lo sguardo sui profughi delle baraccopoli del Libano in location Cafarnao riuscendo benissimo nell'intento di conquistare le platee facendo aprire il cuore lascianbdosi prendere dalla commozione. Infatti è stata acclamata a Cannes nonostante sia un'evidente operazione costruita sul filone dei film Bollywoodiani, ovvero Hollywoodiani di serie The Millionaire con le baraccopoli di Moumbai dove vivono bambini abbandonati a sé stessi in condizioni miserevoli e pietose da strappare il cuore.
Il film Cafarnao è infatti ambientato nelle baraccopoliu di periferia, si fa per dire perchè viste dall'alto sono un agglomerato immenso di case ammassate che poi sono quelle che si vedono anche a Napoli oppure nelle baracche di Roma dove intere famiglie vivono in una sola stanza con una sola tenda che separa il lettone dei genitori da quello dei figli i quali comunque sentono le effusioni amorose e rumorose degli adulti quando godono e fanno cigolare il letto tutte le notti non avendo altro di cui gioire, imparando ben presto tutto dalla vita.




















Il protagonista del film è un bambinetto di 10-11 anni cresciuto in fretta e molto protettitvo verso la sorellina più grande alla quale vedendola sbocciare lava le mutandine sporche di sangue comprandole gli assorbenti di nascosto dalla madre
perchè se la scoprisse la venderebbe subito al padrone della loro casa anche se un miserevole tugurio, che dà anche lavoro ai maschi di famiglia.
Purtroppo i genitori la daranno in pasto a questo padrone il quale vuole sposare la bambina di 11 anni stuprandola di brutto perchè a quell'età non si può essere consenzienti tanto che quando rimarrà incinta le provocherà una forte emorragia facendola morire prima di entrare in Ospedale perchè non accolta non avendo carta di identità.
Il livello di ignoranza di queste persone è bassissimo è stupisce il fatto che non siano connessi con il mondo con il quale non comunicano in nessun modo quando invece, così come si vede nei docu per esempio del Kilimangiaro,anche nei paesi più sperduti della Cina o dell'America Latina pur non avendo acqua o frigoriferi o altri comfort c'è sempre un televisore ad aprir loro la mente.






















Invece questi profughi Siriani sono rappresentati come popolazione del Terzo mondo quando si sa che la Siria è miserevole perchè in guerra non perchè sia arretrata culturalmente così come tutto il Medio Oriente prima dell'ondata di integralismo religioso e della Jihad che ha chiuso ogni comunicazione con l'Occidente.
I mezzi di comunicazione in questo film comunque sono molto attivi, con taxi bus, metrò biciclette e vespe che filano per tutte le strade per cui è ancora più incomprensibile tutta questa arretratezza rappresentata dalla regista Nadine Labaki smentita clamorosamente dalla scelta dei protagonisti tutti belli, con tanti capelli, tutti i denti bianchi e dotati di una dialettica che mette a sedere perfino l'avvocato difensore del piccolo protagonista imprigionato per tentato omicio del cognato stupratore. Tutti sanno dare una giustificazione con parole appropriate alle loro condizioni incolpando le tradizioni la cultura del matrimonio con bambine e la scelta di vendere i figli per miseria. L'operazione non convince in pieno soprattutto facendo paragone al neorealismo italiano che era veramente realista nel descrivere Sciuscià o i Ladri di Biciclette, i Bambini ci Guardano, o i fatti di cronaca vera come Roma ore 11 o Ragazzi di Strada di Pasolini. Vengono alla memoria anche le commedie di De Sica con la coppia Sofia e Marcello che fanno tanti figli anche se non hanno nulla da mangiare dove alla fine Mastroianni quando viene intervistato si esprime con un linguaggio dialettale senza capo né coda.
Il bambinetto protagonista cerca di uscire da questa condizione di degrado assoluto facendo amicizia con una profuga Etiope e prendendosi cura del suo bambino quando questa viene imprigionata dopo essere stata vittima e truffata da mercanti di schiavi che guadagnano sulla pelle dei profughi di guerra.


 I quali comunque come detto sopra con una dialettica fluida ed un linguaggio appropriato riescono ad assolversi dalle loro colpe di marciarci dentro a questa miseria abusando dei bambini anche se sono oro figli. Una tristezza ed un degrado infinito che come per incanto si dissolve alla fine nel vedere trionfare la giustizia con il ricongiungimento felice di madri e figli, di arresto dei trafficanti di schiavi e di rilascio di documenti di identità. Un happy end all'americana che lascia un po' perplessi perchè il messaggio che si riceve è quello di perfetta efficienza nel risolvere i problemi a casa loro. Magari con un aiutino da parte dell'Occidente...Perchè no? Insomma tutto è bene quel che finisce bene, però non chiamiamolo neorelismo mediorientale. C'è ben altro da raccontare anche se va apprezzato lo sforzo.


E ORA DOVE ANDIAMO? COCCI NOSTRI!
Che la colonna sonora sia parte integrante di un film fino a decretarne il successo è ormai cosa nota.
Per un Pugno di Dollari per esempio non sarebbe stato lo stesso senza la musica di Ennio Morricone che faceva danzare il sigaro di Clint Eastwood prima di sparare, aprendo il duello con Gian Maria Volontà con un crescendo di chitarre per finire con la campana a morto dopo il sibilo dei proiettili che si che foravano lo scudo sotto al poncho.



Con tutti il rispetto per i due magnifici attori, la musica galvanizzava lo spettatore coinvolgendolo emotivamente.
Le colonne sonore battono il ritmo della suspence dei film gialli, le marce trionfali dei combattenti romani o il dolce ondeggiar dei corpi mentre fanno l’amore. Ormai si è sentito di tutto per cui sembrava che nuella potesse più stupire. Invece è accaduto il miracolo che si è manifestato curiosamente con i film di autori maghrebini perché la melodia si è fatta corale accompagnando gli abbracci delle donne impegnate in un discorso di pace e del quale abbiamo già parlato presentando la Source Des Femmes con il titolo Chi Non Lavora Non fa L’amore, con a seguire l’attuale E Ora Dove andiamo?

Le donne per la prima volta riescono a fare squadra cantando in coro e far sentir le loro ragioni: un coro scanzonato e divertente condito in salsa piccante e pure irriverente.  Insomma un mondo nuovo. E i film nuovi hanno bisogno di nuovi autori per dare più carattere alla storia  e alla coralità come è appunto questo film E Ora Dove andiamo firmato e interpretato da Nadine Labaki, già regista di Caramel, in sodalizio con il suo compagno Khaled Mouzanar fra poco in programmazione nelle sale



Ed a confermare quanto detto sopra le protagoniste sono sempre le Casalinghe Disperate che si rimboccano le maniche per raggiungere la pace in uno sperduto villaggio Libanese: una sorta di Striscia di Gaza in Litania Cristiana perchè convivono sia musulmani che cristiani sempre in lotta fra di loro. Per calmare i bollenti spiriti le loro mogli ricorrono all’aiuto di un gruppo di simil ballerine della danza col ventre che stanno invadendo tutto il Medio Oriente essendo presenti in tutte le serate di animazione degli Hotel per turisti. “Venite dal Lidò” chiede ingenuamente una Libanese col velo”No, dal Bolshoj”.


Certo è che da noi vengono sotto forma di badanti mentre là, nei Paesi Arabi, sono coperte solo da un sottile velo trasparente e fluttuante ad accompagnare le vibrazioni di pancia open-air.

Le donne musulmane e cristiane si radunano intorno alla Madonnina fatta a pezzi dai loro uomini, per ricomporre i cocci studiando nel contempo una strategia di difesa per stare in pace. Ma si sa che la miglior difesa è sempre l’attacco per cui ingaggiano una squadra di ragazze russe allo scopo di ingolisire ed distrarre i loro uomini. “Coglione!” dice la più anziana del gruppo per identificare il suo a nome Jourself.
Il messaggio è chiaro e tutto dalla parte delle donne come artefici di una vita migliore  all’insegna della pace da raggiungere nel rispetto reciproco della cultura e della religione.
E’ importante cominciare dando il buon esempio come atto di buona volontà che l’autrice umilmente si presta a dare ma nel contempo ponendosi una domanda E Ora dove Andiamo?
Con tutta la buona volontà la strada da percorrere è ancora molto lunga perché se i Cristiani di fronte a un’immagine sacra violata e mandata in cocci si “limitano” a indignarsi o a prendere alla leggera le commediole irriverenti, non si può dire che i musulmani siano altrettanto elastici con le cosiddette vignette “sataniche”. Questo va detto.
Per cui sarebbe meglio, finchè c’è così gran dislivello di sensibilità sul reciproco concetto di sacralità (che per i musulmani resta giusto essere  rigorosamente inviolabile), lasciar perdere con tutto ciò che è sacro facendolo oggetto di scambio per ridurre tutto in commedia. Perché poi sono cocci nostri!
               






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