giovedì 28 febbraio 2013

LA SCELTA DI RATZINGER


Perché Papa Ratzinger ha lasciato il Pontificato?
Che cosa farà ora?
Alle domanda ha risposto lui stesso semplicemente:
“Mi ritirerò a vita privata per fare viaggi, conferenze, incontrare gente, scrivere”… (e riprendere a suonare il piano che, si sa, è sempre stato il suo Hobby).
Insomma il Papa vuole andare in pensione, così come aspirano tanti uomini che dopo anni di lavoro, sognano di potersi finalmente godere la vita.
Beati, esodati esclusi, quelli che se lo possono permettere anche se per Ratzinger non è il caso perché da beato in Vaticano ha preferito tornare comune mortale.
Umano troppo umano.
Non è il primo Pontefice che si abbassa a livello umano e non certo umilmente e ad alto profilo di Papa Ratzinger, perché nella storia ci sono stati molti Papi anche di basso profilo.
Borgia in primis.

1-LA FINE DEL MONDO PARTE DA WALL STREET 2- WALLL STREET IL DENARO NON DORME MAI


1- LA FINE DEL MONDO PARTE DA WALL STREET
Non occorre essere laureati in economia per sapere che le aziende piccole e grosse non sono tutte tutte uguale.
Se una piccola azienda chiude in attivo è sempre meglio di una che siede su una montagna di debiti.Prima o poi ci sarà qualcuno che alzandosi al mattino, nella luce fredda, capisca che l’azienda ha toccato il fondo non riuscendo più ad emergere ritrovandosi con i rispettivi titoli come carta straccia.
Il crack pende anche sulla testa dell’Europa come una spada di Damocle pronta a colpire senza pietà: Ma anche l’America non scherza. Per esorcizzare lo spettro della catastrofe economica l’America ha proposto diversi  film ambientati a Wall Street:.uno di questi è Margin Call ….
L’altro è La Fredda Luce del Mattino nel quale un operatore finanziario (Henry Cavill) in vacanza in Spagna  si ritrova sequestrata la famiglia (padre e madre) arrivando a scoprire che il padre era implicato in operazioni di borsa che facevano gola ad una organizzazione criminale.
Ormai è ufficiale: il crimine è entrato in borsa, a sostituire i pazzi di passata memoria che nei film facevano capo ad organizzazioni per il controllo del nucleare, missili o centrali, per tenere il mondo sotto scacco.
L’equilibrio oggi è in mano agli operatori finanziari che “giocano” duro in borsa. Wall Street non è più la borsa di Jekko che controllava aziende piccole e multinazionali, mettendo le mani sul credito del quale beneficiavano, perché oggi si opera alla fonte fra quelli che questo credito elargivano a piacimento facendo il bello e brutto tempo in campo azionario.
Già, ma le Banche chi le controllava? Nel mirino ora ci sono finite anche loro per cui diventa facile arrivare a  fare del terrorismo finanziario.
I nuovi agenti speciali sono chiamati scovare quiei folli operatori colpiti da delirio di onnipotenza pensando di manovrare gli equilibri economici del mondo per diventarne i padroni.Sono quiei geni del male così ben rappresentati anche nei fumetti dove gli eroi di turno li combattono per salvare le sorti dell’umanità grazie a super-poteri che permettono loro di muoversi in lungo e in largo in ogni luogo viaggiando con le tenebre nella City sulle ali di un pipistrello come Batman, arrampicandosi fra montagne e grattacieli come Spider Man, o lanciandosi più veloci della luce come Super Man, o ancora grazie all’avanzata di Robot invincibili. Sono gli ultimi eroi che nonostante siano di cartoon hanno un’anima a renderli simili agli umani.



I veri animali oggi sono quelli che operano in borsa perché senza anima: freddi e determinati a raggiungere i propri obiettivi senza alcuna pietà nel distruggere anche vite umane pensando di restare impuniti se non ci fossero i nuovi supereroi che li combattono senza bisogno di superpoteri ma con i soli effetti speciali dei computer per accedere in ogni angolo non solo del mondo, ma anche del privato e dell’Universo arrivando anche dove per l’uomo normale “non c’è campo” come nel sottosuolo o nel centro della terra.
Così la tecnologia più avanzata determina la superiorità di un Paese o di un’azienda perché in grado di prevedere qualunque crisi in corso, come in questo Marginal Call, o far fronte ad ogni attacco con l’azione del solito eroe impavido e coraggioso tutto muscoli e Informatica come Nella Fredda Luce del Mattino.
Ormai il  nucleare è relegato in secondo piano anche se guardato con sospetto perché fonte di inconvenienti che comunque, rispetto a quelli finanziari di Walla Steet hanno perso molto del loro fascino inquietante e del loro peso perché comunque circoscritti in un’area limitata poiché la sindrone Cinese sembra ormai entrata nella leggenda. La borsa di Wall Street invece fa capo a tutto il sistema finanziario.
Nessuno pensa che un Black out in sincrono in tutti i computer del mondo per un giorno solo o forse anche solo per un’ora potrebbe cancellare ogni sua memoria decretandone la fine? Questa è la rivoluzione che la Storia sta aspettando per ricominciare veramente con un mondo nuovo. Cazzenger? No no son proprio ‘azzi nostri. Uguali per tutti.

2- WALL STREET, IL DENARO NON DORME MAI.
L’economia mondiale è in crisi e a forza di dirlo ci siamo finiti dentro fino al collo.
Sì, perché quando c’è aria di crisi i primi a stringere i cordoni della Borsa sono le Banche, per cui finchè non mollano…
La colpa viene attribuita in massima parte a quella finanza creativa di cui si sono visti i risultati con Parmalat e il Crack del secolo.
Più che finanza creativa si dovrebbe parlare di finanza cattiva perché attinente a quelle scellerate operazioni cosiddette di smantellamento a opera di affaristi senza scrupoli.
Il cinema, soprattutto negli anni 80, quello del periodo Reganiano, illustrava storie dipanate fra titoli di Borsa, in modo serio genere Wall Street o in commedie burlesque da Grande Bluff. Tutti e due i generi aventi come obiettivo l’operazione “strip”, intesa come spogliazione dei beni di proprietà altrui.
Il più realistico è sicuramente il film interpretato da M ichael Douglas, con Wall Street appunto, nel ruolo del faccendiere Gordon Gekko la cui specialità consisteva  nello smantellare intere fabbriche poco redditizie, per rivendere i pezzi a terzi, sena preoccuparsi di lasciare gli operai con famiglie a carico senza lavoro e a rischio perdita della casa.
Una trappola in cui sono caduti molti privati mettendosi in gioco con le loro case, mentre le aziende imparavano a correre ai ripari cercando di far fusioni fra di loro: il film Rivelazioni con Demi Moore, Donald Shuterland e lo stesso Michael Douglas ne è l’esempio. Infatti la trama era tutta incentrata sulla fusione perpetrata dalla manager Demi Moore verso il proprio dipendente (Michael Douglas) dopo incessanti avances moleste che raggiungevano il clou quando lei, avendoglielo preso in bocca, si sentiva rifiutare con un no deciso dal suo sottoposto il quale perdeva l’occasione di andar di pari passo con la fusione aziendale e relativa promozione. Ma anche gli uomini sanno dire no, soprattutto se stan venendo in bocca a una donna, ritenendo più importante salvare un matrimonio che occuparsi di economia.Anche i manager hanno un’anima.
Comunque le fusioni aziendali sono necessarie per salvarla questa economia perché anche Obama vi è ricorso creando un’alleanza fra Crysler  e Fiat per rinverdire il mercato dell’auto che in America ha ottenuto grandissimo successo forse l’unico che abbia registrato il Presidente Americano nel corso di questi due anni del suo mandato. Per questo non finisce mai di ringraziare Marchionne, artefice di questa brillante operazione che comunque in Italia non è stata ancora recepita perchè si pensa che i vantaggi siano tutti a favore dell’America. Sergio Marchionne era ospite a Rai Tre da Fabio Fazio dove ha confermato infatti che la Fiat ha fatto 2 milioni di utili solo in America senza ricavarne uno solo dall’Italia della quale sarebbe molto meglio farne a meno.

Se Marchionne ha risollevato la crisi dell’auto, l’America resta comunque in piena crisi perché le operazioni di borsa sconsiderate e irresponsabili che hanno prodotto un benessere su una montagna di carta straccia hanno creato problemi ad effetto domino investendo tanti settori lavorativi e finanziari con i Mutui delle case a interessi insostenibili, Michael Douglas è stato ingaggiato dal regista Oliver Stone per interpretare il seguito di Wall Street, Money Never Sleps, insieme a Shia La Boeuf al posto di Charlie Sheene.
Ancora una volta si propone come film denuncia ma non offre spunti per trovare nuove soluzioni a fronteggiare la grande depressione.
Quel che è certo è che Michael Douglas, non più giovane d’età, è corso ai ripari con un contratto matrimoniale capestro, impalmando la giovane Catherine Zeta Jones,   una delle star più belle, cattive e di elevato borsino di Hollywood.
C’è chi investe nel mattone, chi nella borsa, chi nel lavoro, chi nella propria moglie fichissima. Un esempio di finanza cinico-creativa alla Gekko: la fica-economy.
Un buon investimento perché la Zeta Jones è stata molto vicina in questo momento all’anziano attore colpito ad un tumore alla gola rivelandosi molto combattiva nei confronti del personale medico per bacchettarlo su possibili ritardi nella diagnosi. Finito tutto per il meglio perché le cure hanno dato risultati positivi da quanto si evince dalle notizie di gossip sull’attore.
Il film Wall Street  si avvale dell’interpretazione di una nuova attrice che si sta affermando come nuova star, Carey Mulligan nella parte della figlia  di Douglas  il quale deve ricucire con lei un rapporto raggelato da problemi familiari, e della fidanzata di Shia Le Boeuf  il quale cerca di trovare nel futuro genero un punto di riferimento per la sua carriera in Borsa dopo che Gekko è uscito dal carcere causa finanza un po’ troppo creativa. Che comunque continua a fare scuola perché un consulente del suo calibro è sempre richiesto sulla piazza. Il denaro non dorme mai, recita il film Wall Street parte seconda, e tanto meno i genius loci della borsa. Sono come le puttane che con i soldi hanno un rapporto di amore viscerale.
I soldi vanno sempre da chi li ama ma per amarli bisogna stare svegli.
Vallo a dire a chi soffre d’insonnia…




mercoledì 27 febbraio 2013

L'AMORE AL TEMPO DI EXCALIBUR E BARBAROSSA





























Tempo di Remake, perchè no
n ci sono più idee e perchè non ci sono più grandi star.
Le giovani esordienti studiano tutte da Grace Kelly (Gwyneth Paltrow) da Sofia Loren (Monica Bellucci) e da Audrey Hepburn (Julia Ormond e da ultimo Keira Knghtley)
Stranamente le due ultime impegnate entrambe in un remake sulla saga dei cavalieri della tavola rotonda, rispettivamente con il film Il Primo Cavaliere e King Arthur.
Se King Arthur ha stupito con la rivelazione di una Keira Knightley in versione guerriera,
Il Primo Cavaliere di genere pomposo e Hollywoodiano  nonostante i nomi altisonanti e di alto profilo quali Richard Gere, Julia Ormond e Sean Connery), non è riuscito ad eguagliare l'originale


della serie, ovvero il film Excalibur girato con attori quasi sconosciuti al grande pubblico che rimane sempre il più magico e fascinoso.
Se la storia è sempre quella dipanata nel triangolo amoroso del Re Artù con Ginevra e Lancillotto, i film si differenziano parecchio.
Il Primo Cavaliere insiste con toni fin troppo esasperati, con il bacio continuo e ossessivo che Lancillotto cerca  di strappare a Ginevra incentrando la storia sul corteggiamento di lui un po' pirata un po' artista senza arte nè parte e la ritrosia di lei.
La quale la porta avanti per tutto il film fino a non poterne più nel trattenere il bacio, che alla fine imprime sulle labbra di Lancillotto con tutta la forza della sua passione repressa.
Ahinoi non abbastanza e al punto giusto, perchè proprio in quel momento arriva il Re che si defila signorilmente lasciando i due a bocca aperta e col sapore amaro del tradimento in bocca.

Ben diverso è lo spirito che anima invece il film Excalibur, che tratta ampiamente la saga celtica dando spazio ai personaggi di contorno come il Mago Merlino, la Fata Morgana Uther e Igrane, la fata del Lago, Mondred e Parsifaal.
L'atmosfera che si respira è decisamente più intrigante e misteriosa, con  ambientazioni suggestive come il bosco notturno in cui vaga Merlino fra Gufi e civette al suono della colonna sonora, la maggior parte tratta dal Carmina Burana, che sembra squarciare le tenebre accompagnando trionfalmente le gesta dei cavalieri.

Le scene sono piene di battaglie e duelli all'ultimo sangue che scatenano gli istinti primordiali da soddisfare a tutti i costi senza guardare in faccia a nessuno, tanto meno a quel marito che, da buon padrone di casa, faceva esibire la moglie (Katrine Boorman in realtà figlia del regista) in un ballo sensuale per deliziare gli ospiti.

 https://www.youtube.com/watch?v=1YOL-Cm5RmQ

"Balla Igrayne" le ordinava lui mentre lei si alzava iniziando ad ancheggiare accompagnata da un vestito a rete che faceva girare ossessivamente davanti a un tavolo di cavalieri in piena tempesta ormonale i quali ritmavano come ossessi ululando senza ritegno sbattendo i pugni sul tavolo, come una sorta di uno stupro di gruppo.
Consumato realmente solo dal loro Capo Uther che preso da libidine lussuriosa una notte violentava Igrayne spogliandola nuda e facendola sua con indosso ancora l'armatura, rubata al marito, sullo sfondo di un camino ardente.
Scene come questa non sono certo all'altezza di girare Richard Gere e Julia Ormond che, in confronto sembrano due dilettanti.



Ma non è certo il sesso, nè gli artifizi della fata Morgana per avere un figlio
 che assomigli a un Dio, nè tanto meno l'amore del re e la regina con il suo cavaliere a creare la magia e il grande appeal perchè il film ruota intorno allo spirito della spada Excalibur e al Calice del Sacro Graal.



Il maschile e femminile sacro che si uniscono per formare un nucleo pieno di energia capace di dare origine a una epopea basata sui principi dell'amor cortese e cavalleresco descritti nel Vangelo, che ha raggiunto il culmine nel romanticismo del secolo ottocentesco fino quasi a svanire ai giorni nostri.
Svanire non è il termine giusto perchè si è trasformato sotto forma di sette occulte e non,sparpagliate per il mondo le quali si sono arrogate il diritto di perpetrarne la specie, senza mantenere lo spirito puro originale.
Sette che prendono tanti nomi da Scientology a MASSONI le quali hanno mantenuto l’ideale puro, sì ma lucrativo. Perfino il movimento Lega iniziato con la Spada in Pugno contro Roma Ladrona si è poi mescolata ai ladri al grido del boss  “Tengo Family”.
Tutta un'altra musica.

   

                                     BARBAROSSA


Lo hanno etichettato come un film noioso. Invece Barbarossa è un bel film, curato sia nei particolari che nelle scene di massa. 
E per un film storico questo è importante.
I costumi soprattutto sono una gioia per gli occhi, tutti confezionati con tecnica artigianale nella lavorazione e nella scelta dei tessuti grezzi sia per quelli popolani che per i nobili, quest’ultimi impreziositi col décor delle corone e gioielli vari. Una scelta fra le più felici che fa ancora una volta affermare il made in Italy come manifattura d’eccellenza. Non per niente i costumisti di maggior richiamo (premio Oscar) sono proprio italiani, ultima delle quali Milena Canonero per Marie Antoinette o Dante Ferretti.


Con questa produzione di Barbarossa, sembra di essere tornati agli antichi fasti del cinema storico italiano, in linea con le opere d’autore di PierPaolo Pasolini e i costumi di Danilo Donati, apprezzati nella trilogia del Decamerone, Il Fiore delle Mille e Una Notte, I Racconti di Cantherbury, oppure Medea ed Edipo Re.

Al Barbarossa si deve aggiungere il valore in più delle armature che osservate da vicino sono piccoli gioielli di intarsi ed intrecci  composti da piccoli pezzetti annodati come una sorta di patchwort in vera pelle.


Raffinatissimi e preziosi i copricapi della regina francese Beatrice di Borgogna fra veli  monacali e nastri incrociati ad incorniciare il viso dell’attrice Cecile Cassel  non bellissima ma di carattere.
Infatti, si è rifiutata di presenziare alla prima del film dissociandosi dalle intromissioni di carattere politico esercitate dalla Lega di Umberto Bossi. Il quale si immedesima fantasiosamente in Alberto da Giussano.





La fantasia al potere era uno slogan che già imperversava negli anni ’70 creando tanti danni, primo fra i quali il voto unico che ha scodellato una generazione di sognatori, vassalli e menestrelli come i componenti la Lega Nord. Nel senso che, suonandosele e cantandosele facendo piccolo comune su
un carroccio, sono arrivati perfino al potere a fianco di un Signorotto che governa dilettandosi a comporre canzoni cantandole ai suoi valvassori circondato da una rosa di donzelle saltellanti e devote. E mica a gratis, ma regolarmente pagate.
Nel film spiccano i due protagonisti: il Barbarossa vecchio leone  interpretato da Rutger Hauer molto somigliante a Federico Hoenstaufen nell’immagine, ma non incisivo in quello caratteriale.
A cui dà corpo con una signorilità e aplomb da principe illuminato stimolato all’azione di conquista dall’ambizione della moglie che lui adora, piuttosto che con la sanguigna grinta e zampata che si immagina in un iroso tedesco dal pelo rosso.



L’incazzatura perfetta è invece interpretata con partecipazione da Raz Degan  nel ruolo di Alberto da Giussano che porta questa maschera arrabbiata dall’inizio alla fine senza perderla nemmeno nel duettare con una riottosa compagna (Kasia Smutniak) Eleonora  nel ruolo dell’invasata (un clichè del periodo medievale) in bilico fra la santa e la strega, come una sorta di Giovanna D’Arco della Padania.



Terra che tutta verde doveva apparire, mentre invece nel film è avvolta in una fitta e intricata vegetazione con ispirazione foresta di Sherwood ad effetto paesaggio dei Carpazi, di cui si respira  l’aria davanti alle mura di un Castello che sembra quello di Dracula.
Le scene di guerra sono avvincenti e robuste girate con crudo realismo sia nei duelli corpo a corpo che in quelli di assedio, con le macchine da guerra e le formazioni delle squadre di assalto che sono accompagnate nell’azione da una musica struggente di ispirazione Gladiatore.

L’impronta maggiore nell’ispirazione la segna comunque Braveheart film diretto da Mel Gibbson, con la regina che parla in delizioso francese tradotto con sottotitoli e con l’uro gridato da William Wallace accompagnato da boato dei compagni che riecheggia insieme ad Alberto da Giussano per arrivare fino ai giorni nostri stanco e flebile, privo di quell’aura di passione che infiammava il cuore degli eroi al tempo dei Comuni, impegnati a difendere le loro terre da un tiranno nordico.
Perché il grido che dalla bassa Padana alle terre  Venete ora è quello che si eleva in difesa  della propria autonomia da una Roma Ladrona, posizionata al sud, dalla quale perfino il Barbarossa era scappato causa pestilenza, non prima di aver raso al suolo Milano e diviso tutti i sopravvissuti in sei file da sparpagliare in altrettante zone, per dimenticare di essere ancora Milanesi.
Impresa ardua anche per il Barbarossa perché Milano è risorta più forte di prima.
Libertà Libertà… in alto  la spada è il finale del film.
                                                 



La Lega invece si è insediata a Roma dividendosi le poltrone “coi ladroni”.

martedì 26 febbraio 2013

1- OSCAR 2013, CHE NOIA CHE BARBA 2 - HUGH JACKMAN IL MANDRIANO 3--L'UOMO SELVAGGIO VA A SUON DI MUSICA



      1-     OSCAR 2013, CHE NOIA CHE BARBA
Lento soporifero celebrativo delle vecchie glorie, la cerimonia degli Oscar 2013 è iniziata per dettare il trend giovane giovane giovane. Tolta di scena Naomi Watts e lo Tsunami è la barba che farà tendenza esattamente come quella di Ben Affleck.
Il quale se non l’avesse adottata non avrebbe dato spessore militare al personaggio.
Sotto la barba infatti si nasconde un fico. Un tempo si diceva che la barba era prerogativa degli uomini insicuri che con tutto quel pelo in faccia volevan dimostrare d’essere virili perché la barba lunga e incolta faceva da corredo ai soldati in guerra che, giustamente, non avevan rasoi e saponi pronti alla bisogna.
E’ comunque un’usanza medioevale perché nel periodo classico greco-romano gli uomini si rasavano completamente o quanto meno curavano la barba a filo rasoio così come era stato immortalato anche Il Gladiatore con Russel Crowe.
Dunque l’Oscar 2013 segna il ritorno della barba  che molti giovani stanno già sfoggiando orgogliosi di sembrare cavernicoli. Via le cravatte, camice con l’orologio al polso, doppio petto e quant’altro d’ingessato perché l’uomo che va ora è il selvaggio stropicciato, con laurea come optional tanto resta inutile,
magari con gonne sotto la giacca, camice sgarcianti e spille all’occhiello al posto di un fiore.
  Già perché il fiore come la laurea  è un orpello inutile perché anche la donna ora si fa guerriera come nell’accoppiata Kathryn Bigelow e Jessica Casthain che, contrariamente alle previsioni non hanno vinto.
E qui subentra la noia perché non c’è Lato Positivo che tenga. Infatti Jennifer Lawrence, che non è laureata tanto per chiarire,  ha vinto l’Oscar proprio con questo film che comunque sembra voglia lanciare il lavoro di The Unger Game del quale è già pronto una serie di altri tre film già girati dalla Lawrence.
A dettare il trend sarà la spietata competizione che i giovani dovranno affrontare nei prossimi anni, per sopravvivere alla crisi pena l’eliminazione fisica dalla vita sociale.
Un tema questo già iniziato con i Call Center così ben descritto in Tutta la Vita Davanti di Virzì nel quale si descrive la pena di tanti giovani assoldati a lavorare a costo da fame per combattere contro le cornette sbattute in faccia dagli dagli utenti al grido di ma vaffan’…
Ecco allora che appare il piccolo indiano della Vita di PI, diretto da Ang Lee, a dimostrare che quando si ritorna alla vita delle caverne per combattere contro una tigre feroce nella lotta alla sopravvivenza, bisogna essere allenati a prenderla come un indiano.  La Tigre, ovviamente, che il piccolo indiano affronta con astuzia facendo finta di non sentire il suo terribile ruggito con il quale come una sorta di tigre della Malesia la fiera lo circonda per mangiarselo vivo.
Per i cinesi l’America è sempre stata vista come una Tigre di Carta per cui premiando Ang Lee, regista cinese ma naturalizzato in America, praticamente riconosce la Cina e l’India come le Due Superpotenze del mondo, tagliandoselo in toto facendo Harakiri giapponese con Katana. Zac!
Tendenze tendenze…Les Miserables,  a conferma della guerra fra poveri in agguato, con vittoria per Anne Hathaway sulla quale non c’erano dubbi. Brava, elegante anche vestita di stracci è comunque rimasto immortalato quell’attimo di un suo sorriso smagliante ad illuminare l’opera di Victor Hugo versione musical tornato agli antichi fasti Hollywoodiani con scenografie curate e sontuose delle quali comunque si sente la mancanza del balletto, indispensabile per rendere un musical accattivante.
Infatti tra il pubblico non ha fatto scintille anche se va riconosciuto un grande merito a tutti gli attori protagonisti e non. Ma che non ci fossero dubbi sulla Hathaway lo dimostra anche il bacio d’amicizia ricevuto da Amy Adams: fra le due cenerentole a confronto, quella moderna di Anne né il Diavolo veste Prada e quella di Cartoon di Amy in una Cenerentola a New York, la Adams ha vinto come Cenerentola di Cartoon perché molto attesa come Loys Lane a fianco di Henry Cavill in Superman con tanto di barba pure lui.
Se l’Oscar può aspettare la prova box office è destinata a renderle giustizia.
Ed è proprio il senso di giustizia che ha animato l’Oscar 2013 premiando Christoph Waltz come non protagonista di Django Unchained nel quale svolge un ruolo di cacciatore dello spietato negriero Leonard Di Caprio, offrendo la statuetta come protagonista a Daniel Day Lewis nel ruolo del Presidente Lincoln passato alla storia per aver dato la libertà agli schiavi neri.
Un grande escluso è comunque l’attore di colore Denzel Washington con il film Flight che non ha convinto come pilota esperto ma vizioso.
Per fugare ogni ombra di razzismo è stata chiamata Michelle Obama che, senza scomodarsi dalla poltrona della Casa Bianca, ha letto il nome del vincitore del film ARGO perché basato su storia vera nel quale gli Americani fan la loro figura.  
Morale della favola da Oscar: i giovani saranno impegnati in una guerra tra poveri genere Hunger Game nei quali la competizione spietata li porterà a fare quei lavori bassi che facevano gli immigrati.
I quali zitti e quieti se ne torneranno ai loro Paesi dove del domani se non c’è certezza c’è almeno una speranza di rinascita.  Quella che forse manca a noi occidentali.


3- HUGH JACKMAN IL MANDRIANO
“Io mi canto a te”. “E io ti ascolterò”. Questo è il dialogo fra un bambino meticcio e Nicole Kidman che dopo averlo adottato fra varie traversie, lo lascia tornare fra la sua terra, chiudendo il film Australia. Quando il battage pubblicitario è martellante in genere il film è deludente. Non è questo il caso, nonostante le critiche poco lusinghiere, perché è una gioia per gli occhi: questo sì che è spettacolo. Solo per la carica delle mandrie che puntano al burrone vale la pena di spendere il biglietto. Una furia selvaggia e animalesca che inchioda alla poltrona. Ma il manzo più bello e appetibile è lui, Hugh Jackman, il mandriano rude e palestrato che spruzza odor di maschio anche fuori dallo schermo il quale conquista la Lady inglese Kidman, Sarah Ashley, perfettamente a suo agio nel ranch australiano, tanto da adottarne velocemente anche il linguaggio, lanciando ogni tanto un “porca vacca”.
Uhuuu, uh-uhuuu! Uh-uh-uh- uh! Jeans strizzati e pettorali in vista, l’odor di stalla non allontana le donne ma tiene a distanza tutti gli altri maschi non solo perché è capo branco di natura, ma perché è amico e fratello di tutti gli aborigeni. “Ho scelto questo film perché volevo baciare Jackman” ha detto la Kidman e le crediamo. Sì perché un partner così virile e macho non le era mai capitato. Nella scena più hot, sembra quasi che la stritoli tanto sono possenti le sue braccia che la coprono. Ma quando si gira sul dorso lo spettacolo è da brivido: il corpo non depilato, con tutti i peli in bellavista è di quelli più arrapanti. “Porca vacca”, e questa volta l’esclamazione è scappata a lui perché Nicole si mangia in un boccone quella bistecca servita in camera da letto dopo aver limonato senza ritegno sotto un diluvio in abiti da sera. Lei in lungo a strascico con fiori nei capelli, lui in smoking bianco avvinti in un bacio appassionato che farebbe perdere la bussola a chiunque. E’ il trionfo dei buoni sentimenti e scusate se per questo siam banali. Ma è anche l’occasione per far sfilare Nicole Kidman in mises castigatissime con gonne longuette alternate a calzoni da cavallerizza portati su camicette abbotonatissime. Un look anni quaranta elegante e castigatissimo intriso di quell’appeal che si tastava fra le bionde glaciali di Alfred Hitchcock come Grace Kelly, Kim Novak e Tippy Hedren.
L’acconciatura corta come quella del lugubre The Others ci porta a fare una domanda: ma la lussureggiante chioma che la Kidman esibisce al “naturale” è una parrucca? Ecco questa sì che è una delusione, come lo sono quelle labbra gonfie che, evidenziate in primo piano, fanno rimpiangere l’attrice prima maniera, cioè prima dell’esplosione di “Moulin Rouge” e durante la lavorazione di “Eyes Wide Shute”in cui ha raggiunto l’apice. Lo star sistem ora l’ha un filo sistemata alla maniera di tutte le altre dive in perfetta omologazione. .
Tutto il resto era perfetto: la natura selvaggia da Gran Canyon il cui silenzio maestoso viene oscenamente rotto dai bombardamenti giapponesi, il vecchio mago aborigeno, i cavalli di razza magnifici stalloni, il purosangue e scalpitante Capricornia da far “coprire”, e per finire  il bambinetto mezzo sangue bellissimo e furbetto che con il motivetto “Io mi canto a Te”, ha strappato le lacrime. Tre ore, ma passate in fretta per poi uscire con la voglia di scappar dalla città per immergersi nella natura fra i fiori gli alberi e gli animali, lontani da tutti e solo col tuo amore. Troppo romantico e poco reale? I film servono a questo: a farci sognare.                                                                                                            


3- L'UOMO SELVAGGIO VA A SUON DI MUSICA
L'abbiamo già detto parlando di Rock of Ages e lo confermiamo: è’ di moda il selvaggio.
Sì, ma non più alla Marlon Brando con la canotta sudaticcia di Un Tram che si chiama Desiderio, e i bicipiti scolpiti di Giulio Cesare dove faceva il Marc’Antonio, personaggio poi ereditato da Richard Burton con Cleopatra.
I nuovi selvaggi sono perdenti tout court, si fa per dire, perchè dotatissimi, ma con filo di pancetta e molto sfigati non riuscendo ad esternare il loro talento perché sovrastati dalle donne che li schiacciano senza pietà.
Eppure ci san fare con le donne, ci danno che ci danno, ma niente da fare.
Le donne guardano al fighetto di classe e giuggiolone, oppure  si ammirano allo specchio o ancor meglio si guardano in faccia fra di loro ammiccando spudoratamente.
Uno di questa specie  selvaggia ad essere lanciato sul mercato cinematografico è stato Josh Brolin che l’occhio lungo di Woody Allen ha individuato fra  le produzioni del cinema indipendente dove si annidano talenti di spessore (qualche volta in odor di terrorismo come ingiustamente accusato Brolin) che hanno solo bisogno di una mano.
E Woody l’ha offerta a questo attore sanguigno che spacca prepotentemente il video,  facendogli interpretare nel suo ultimo film “Incontrerai l’uomo dei Tuoi Sogni” un intellettual-selvaggio che consuma la sua libido scrivendo pagine fra un bicchiere e l’altro, impegolato fra lotte intestine con moglie suocera, scovando la sua musa in una ragazzina indiana che suona la chitarra la quale lo ispira come ladro di successi altrui.
Perché impegnarsi se il lavoro lo puoi trovar già fatto? Potrebbe essere il messaggio che si ricava da questo film.  Tanto basta per fare di Josh Brolin il nuovo sex symbol dell’uomo maturo in bilancio sentimentale la cui speranza è racchiusa ormai nella musica delle corde di una chitarra di un’indianina la quale gli apre un nuovomondo che lui affronta scendendo in strada con la
camicia sbottonata  e il petto nudo.
Un flash che lo ha immortalato portandolo all’olimpo delle star.
Ad aprire questa serie di uomini duri e di carattere ostico era stato l'occhio della regista Jane Champion in Lezioni di Piano     con Keith Harvey il quale, mettendosi a nudo davanti alla damina in crinoline che suonava il pianoforte, suscitava in lei una passione irrefrenabile che la spingeva ad assalirlo per farselo senza alcun pudore, rischiando perfino di perdere un dito.
E’ sempre Jane Champion a mettere sullo schermo un altro tipo sul genere brutale, stavolta senza classe ma con molto scanzonato sex appeal capace di sciogliere tutta la categoria delle maestrine inibite e single. E’ quel Mark Ruffalo di In The Cut che esordiva con la celebre frase: “Signora vuole che diventi il miglior amico della sua fica e gliela  lecchi tutta?”
Infatti Meg Ryan la maestrina se lo faceva amico senza comunque abbassar la guardia, giusto il tempo di fare insieme qualche scopata per dare un senso al film. Questo secondo la visione di Jane Champion. Sì perché il senso della vita in quel film era proprio la performance dal vivo di Meg Ryan che finalmente,dopo tanti partner fighetti sullo schermo, sfociava in un orgasmo a letto fra le lenzuola, senza però riuscire a far dimenticare quello del Ristorante di Harry ti Presento Sally.

L’erotismo verboso infatti fa sempre molta presa, là dove ogni cosa è chiamata o urlata col suo nome, papale papale.
Ma pane al pane e vino al vino  non avevano ancora fatti i conti con la miscela  più gustosa di pane e vino che va al di là dell’esperienza mistica per toccare quella più terrena.
Infatti Mark Ruffalo è il protagonista di una storia d’amore particolare I Ragazzi Stanno Bene dove si insinua in un rapporto facendo scoppiare una coppia lesbo (formata da Julianne Moore e Anne Bening).
Un idillio lecca lecca che Mark Ruffalo riesce a rompere facendolo vedere alla più sensibile in questo senso, ovvero Julianne la quale, alla vista del suo gioiello perde la testa facendosi cavalcare di brutto in un trotto e galoppo devastante. E in entrambe le posizioni. Ahhhhhh! 
 Un galoppo che Mark Ruffalo esprime in maniera gagliarda portando in trionfo il fallimento della sua esistenza: quella che si era fatta sfuggire mettendo il suo seme in una banca (raccolto poi dalla coppia lesbo per fare due figli) dando così un senso compiuto alla vita di tutta la famiglia, imprimendo come una sorta di sigillo il suo motto: sono solo io il maschio, e qui ce n’è per tutte!
Il film non ha vinto l’Oscar: come messaggio di legalizzazione delle  coppie di fatto e matrimonio gay non è stato infatti recepito proprio per questa galoppata etero e liberatoria  che lo ha reso poco convincente. Infatti la Legge è ancora in ballo. E Mark Ruffalo pure perché l’ultima accoppiata la fa con Keira Knigthley nel film Can A Song Save Your Life?dove cantano la stessa musica. Sì perchè se la cantano e se la suonano all’unisono, ma ognuno con la sua chitarra e il suo microfono.
Dunque ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno immerso dentro ai fatti suoi.
Lui comunque punta, fumando come un turco, al centro di lei che invece,  sussurrando delicatamente 

dolci parole, se la strimpella. La chitarra. Decisamente non è l’amico  della sua cosina. 

PROGETTI UE SUI PAESI DELLA RIVOLUZIONE




 La Terrazza proibita di Fatema Mernizzi ideologa marocchina  racconta l’harem dove si radunano le donne per parlare liberamente pur restando sottomesse a delle rigide regole imposte dagli uomini, tra le principali quella di non varcare i confini delle mura domestiche.  La sposa Siriana dal Libano è un  film  che guarda ai conflitti arabo-israeliani attraverso la storia di una famiglia divisa dai confini nazionali, ed osserva come le loro vite sono colpite dalla difficile realtà politica della regione. Nagib Mahfuz è uno scrittore egiziano Premio Nobel per la Letteratura "Sono figlio di due civiltà: quella dei faraoni e quella islamica", ha detto di se stesso. La sua narrativa attinge alla fonte della tradizione orale egiziana e del Maghreb, ma anche del vasto mondo a nord del Sahara, dall'Oceano Atlantico all'Eufrate emergendo con chiarezza in temi contemporanei con le difficoltà del post-colonialismo, la corruzione la droga i pregiudizi sociali e l’integralismo religioso. La Gatta Di Maggio è invece una raccolta di racconti Algerini per un’educazione ai diritti umani.
Questa è una rosa di  intellettuali impegnati fra letteratura e cinema che sono stati invitati nelle scuole del sud per degli scambi culturali .
Per Mahfuz, premio Nobel, morto da alcuni anni, è arrivato il suo portavoce  che ha affascinato gli alunni con racconti illuminanti sulle realtà dei paesi arabi.
In termini pratici c’è da segnalare che in Tunisia si sta portando avanti un progetto, da parte della UE, la quale ha creato un fondo per finanziare l’opera di giovani professionisti di tutto il mondo impegnati a promuovere sul territorio attività di vari settori, dalla finanza all’edilizia dall’industria al commercio passando per la creatività femminile in tutti i settori come il ricamo dei tappeti, la sartoria,  la scrittura e la musica.
Tutto questo per  dire che l’opera laica, come una grande orchestra, cerca di emergere al di là della religione che a sua volta cerca di prevalere in tutto il contesto rivoluzionario in atto nei Paesi Arabi.
Il cammino è lungo e siamo solo agli inizi di una nuova era perchè la speranza è l’ultima a morire.  E i giovani di belle speranze sono tutti venuti alla luce proprio lì fra i fiori di Gelsomino e la Piazza Tahir dove non sono ancora spenti gli echi di una rivoluzione con spargimento si sangue.
Perché per alimentare la speranza ci vuole una rivoluzione drastica e diretta capace di spazzar vecchi regimi e liturgie ataviche per rinascere in piena libertà di culto e di cultura di ogni forma d’arte e di manualità operando diligentemente e con onestà senza inseguir chimere o voli pindarici che non siano quelli sulle note di una musica nuova, leggera ma piena di passione.
Altrimenti si resta ancorati a vecchie tradizioni che comunque vadano, saran successo.
Come a S.Remo dove Littizzetto e Fabio Fazio se la son cantata e suonata come una sorta di Vieni avanti Pretino e Vieni avanti Cretina.
Poteva bastare. Invece se ne son tornati tronfi e gonfi di sé  a casa loro,  Rai Tre!,  a parlar di Educazione Siberiana mixata a clisteri al caffè in un sulcesso infinito.
E noi da casa nostra che paghiamo! Ma la RAI non è di tutti? Il dubbio continua a serpeggiare: che noia che barba, ma vattenne Pretino.
 In Siberia magari perché in Siria i pretini che predicano bene e razzolano male li stan cacciando via.  Assad Assad…assad-affansulcesso.  Così si spera. E la speranza è sempre l’ultima a morire.

QUANDO IL VISONE ERA UNO STATUS SYMBOL. LIZ E RICHARD GALEOTTO FU IL SET DI CLEOPATRA

RIVISTO con piacere in TV Venere in Visone con Elizabeth Taylor e Lawrence Harvey.
Un film decisamente datato, del 1960, che ogni tanto si va a rivedere come un pezzo di vintage, da esposizione e basta.
Sì perché la storia a differenza di tanti altri film anche in bianco e nero come Eva contro Eva per esempio non è più di attualità.
La Taylor avanti Richard Burton era un concentrato di mielosità perché le storie che interpretava erano sempre sul filo del sentimentalismo ambientate in una borghesia ipocrita dove il perbenismo imperversava fra le classi abbienti, capisaldi dei valori familiari, mentre fra quelle più basse era diffuso il vizio e la corruzione.

La Taylor ancora lungi dalle passionali interpretazioni a fianco di Burton che avevano raggiunto il loro trionfo Kitch in Cleopatra, si evolveva come attrice drammatica di stampo teatrale fornendo interpretazioni di alta maestria come in Chi Ha Paura di Virginia Woolf o La Bisbetica Domata che poi ha completato con un personale percorso di film d’autore che suscitavano molto interesse per la rinnovata immagine di attrice di spessore.
Con Venere in Visone ha vinto il primo Oscar a coronare una smagliante carriera di grande star costruitole dalle grosse produzioni Hollywoodiane che mettevano in luce, più che la bravura di una diva, tutto il suo sex appeal.
Notevole, che Elisabeth Taylor sprigionava con le mises modellate su misura ad evidenziare due grosse tette enormi (chiamiamole con il loro nome per rendere l’idea così come Richard la canzonava paragonandole a quelle di una balia) sulle quali è stato focalizzato, esaltandolo, tutto il suo fascino di icona in primo piano. Perfetto in ogni particolare a tutto mezzo busto perché poi le gambe erano un filino corte.







n difetto che la Taylor ha trasformato in pregio proporzionando la figura con i tacchi a spillo e un vitino molto sottile che aggraziavano un corpo dalle movenze sensuali  di una gatta i cui bellissimi occhi viola brillavano nel buio.     
 Infatti Liz accendeva ogni film , anche il più banale, perché galvanizzava la platea proprio per la perfezione dei tratti del suo volto e la carnalità del corpo esposto in un vedo-non-vedo ad alta gradazione erotica perché intriso di quel pathos che traduceva in follia (Improvvidamente l’Estate scorsa dove usciva dall’acqua con il costumino bianco trasparente), o nel dramma coniugale (La Gatta sul Tetto che Scotta nel quale ha recitato quasi sempre in sottoveste di seta) sfociando nella torbida tragedia di Venere in Visone. La pelliccia in questione rappresentava lo status Symbol delle mogli dell’alta borghesia  alla quale tutte le mantenute ambivano, così come Liz che nel film aveva il ruolo di una prostituta contrapponendosi a una rivale dolce di brava mogliettina. Quella che sarebbe diventata anche Liz se fosse nata in un contesto agiato e tradizionale. Tanto perbenismo suscitava sensi di colpa nella borghese che covava dentro, facendo di lei una sofferente e pentita prostituta che trovava il suo riscatto non tanto nel matrimonio con il suo amante dopo aver chiesto il divorzio, quanto nella morte cercata follemente con una corsa in macchina.
U/n po’ eccessiva come storia perché al giorno d’oggi è impensabile tanta fierezza in una donna disposta a vendere il suo corpo che, a quel tempo si chiamavano con disprezzo mantenute, cocottes o prostitute, mentre oggi sono solo escort o manager della loro immagine.
Insomma le donne si sono liberate anche del tabù della prostituzione “elevandolo” a lavoro come un altro se svolto con classe ed eleganza, e a mestiere come “quelle” se esercitato selvaggiamente senza filtro:  vedere cammello, dare moneta. C’è modo e modo che lo consenta,perdinci, questo mestiere oh, pardon, lavoro su sé stesse!
Il visone, oggetto del contendere di tutto il film, se ha mantenuto lo status symbol per molti anni ancora, è stato poi oscurato dalla sua diffusione in massa che hanno operato tanti stilisti del settore come Annabella e Fendi, rendendolo a portata di tutte le classi fino a scomparire quasi dal mercato a seguito delle campagne animaliste le quali hanno praticamente bandito le pellicce dalle sfilate tanto che le signore lo rispolverano solo in occasione di grandi eventi esclusivi (come le Prime dell’Opera) evitando di indossarlo per lo Shopping essendo a rischio di scippo selvaggio delle bande metropolitane.      


 LIZ E RICHARD, GALEOTTO FU IL SET CLEOPATRA.


“Sii il più prode dei più prodi. Il più forte dei più forti, ma non riuscirai mai a       superare Cesare”
“Hai  paura dell’ombra di Cesare?”, rimbalza Cleopatra offrendo le sue labbra color carminio posizionate a cuore per ricevere il bacio da Marc’Antonio.
Che non tarda ad arrivare imperioso e violento dopo averle strappato la collana di monete d’oro con l’effige di Cesare che Cleopatra fino a quel giorno si portava a letto.


La scena è quella del film Kolossal Cleopatra con Elizabeth Taylor, Richard Burton e Rex Harrison nella parte di Giulio Cesare.
Un film girato a Cinecittà con un dispendio di costi lievitati per i continui ritardi provocati dai capricci della diva Liz Taylor la quale, fra le tante bizze annoverava anche il colpo di fulmine per Richard Burton.
Un amore turbolento e appassionato che aveva fatto riempire le pagine dei giornali dell’epoca  con i paparazzi che li inseguivano lungo l’Appia Antica per rubare un’ immagine di un loro bacio. Ma la notizia più sensazionale e scandalosa era stata il tentativo di suicidio di Liz di fronte ai tentennamenti di Richard, sposato con prole, che fece capitolare definitivamente l’attore costringendo il marito della Taylor, Eddie Fisher, a fare le valigie (che tra l’altro la diva aveva rubato alla sua migliore amica Debbie Reynolds).
Così il ricovero in ospedale venne zittito giustificandolo con una indigestione di fagioli in scatola di cui Liz era ghiotta.
Zittito per modo di dire perché fece talmente rumore che da quel momento la coppia venne pedinata passo dopo passo per dare in pasto al pubblico tutti i particolari della loro storia d’amore: una passione che bruciava di pari passo con le riprese di Cleopatra, fra abbracci e baci appassionati alternati a scoppi d’ira per dare sfogo alla reciproca gelosia. Uguale per entrambi perché la passione che li divorava era a senso unico corrisposta a 360 gradi sconvolgendo le loro vite. Infatti la diva per la prima volta scese dal piedistallo per farsi strapazzare da Richard come una qualsiasi donna mentre lui spese una fortuna per ricoprirla di gioielli, i più preziosi ed unici in circolazione: parures di diamanti e zaffiri o smeraldi, un diamante enorme   e una perla a goccia a dimensioni extra.
“la Peregrina” si chiamava e in barba alla superstizione

Liz Taylor la indossò in una comparsata nel film in costume “I Mille Giorni di Anna Bolena” e per l’interpretazione de’ La Bisbetica Domata.
A proposito di questo film, la coppia quando venne in Italia con direzione Firenze dove li aspettava Franco Zeffirelli, si fermò a Parma per un pranzo nel Ristorante Aurora, situato in un vicoletto laterale di Via Garibaldi, dove si fece servire la specialità della casa, Petto di Tacchino alla Duchessa (fettine di tacchino farcite con prosciutto cotto e formaggio ricoperte di una sughetto alla panna). Se nella Bisbetica Domata la coppia recitava sé stessa, nel privato aveva raggiunto un buon equilibrio perché durante le riprese del film Liz e Richard si distinsero come due coniugi borghesi. Richard Burton prestò la sua voce per il docu dell’alluvione di Firenze, mentre Liz si mostrò quieta e silenziosa sfilando fra le vie di Firenze con una miriade di cappellini fantasiosi ed improbabili da far invidia alla regina Elisabetta. Ben lungi comunque dalle follie e intemperanze degli anni 60 a Roma per girare Cleopatra.

Ma fu una breve parentesi, forse creata ad arte dai due grandi attori, stimolati  dall’ambiente elegante e raffinato che faceva capo alla casa di Zeffirelli in cui erano stati accolti e ispirati dalle bellezze artistiche della città di Firenze, perchè la loro passione ricominciò a divampare alimentata anche dal fiume di alcol di cui facevano uso, portandoli all’inevitabile sfacelo.
Si amavano  , si odiavano, si lasciavano, si risposavano fra di loro e con altri partner ma il oro amore non si esaurì nemmeno con la morte precoce di Richard all’età di 59 anni, dopo aver interpretato Orwell 1984: l’anno che segnò la sua fine. Tante donne si riunirono al suo funerale, ma la “vedova” era solo Liz. Inconsolabile, perché ogni volta che viene chiamata per un’ospitata per ricordare la loro storia d’amore con la visione dei film, Liz scoppia sempre in lacrime che non riescono a spegnere il fuoco che ancora le arde dentro.
Proprio lei che soleva dire distaccata e indifferente: “Quando mi rivedo nei film mi sembra che quella sullo schermo sia un’altra persona!”

Con Richard era diverso. Con lui aveva imparato a vivere la vita e imparato a recitare sullo schermo dove in coppia hanno lasciato il segno vincendo anche un Oscar con Chi ha Paura di Virginia Wolf  in cui si erano talmente immedesimati da continuare il gioco al massacro anche nella realtà. Infatti l’Oscar lo aveva vinto Elizabeth, il secondo della sua carriera, mentre Richard Burton, attore Shakespeariano d’eccellenza (il preferito da Laurence Olivier), era stato escluso.
L’allieva aveva superato il maestro. Forse Richard non lo aveva digerito. Se Liz era Impazzita per le partner di Richard, lui era impazzito per l’Oscar: la gelosia li aveva divorati e distrutti.
“Sii il più bravo fra i più bravi, ma non riuscirai mai a superare Elizabeth Taylor!” Cleopatra. Già, galeotto fu quel film…  






lunedì 25 febbraio 2013

LE IDI DI MARZO

LE IDI DI MARZO

IL BELLO DELLA TV E' TELECOMANDARE FRA VECCHIO E NUOVO


Il bello della Tv è che c'è sempre un ricco assortimento con possibilità di scelta fra vecchio e nuovo.
Il vecchio è quello preferito perché riporta indietro con la memoria ai vecchi filmati che mi sono rimasti impressi. E allora, della serie Amarcord…
Uno di questi è La vita del giovane Giacomo Casanova con Leonard Withing il giovanissimo Romeo lanciato da Zeffirelli insieme a Olivia Hussey   la coppia più
emozionante della versione di Giulietta e Romeo di William Shakespeare, la tragedia dalla quale sono stati tratti numerosi films: in versione moderna (con Leonardo Di Caprio e Claire Dance) o rivisitata in chiave di Back-stage (come Shakespeare in Love con Gwyneth Paltrow) o di souvenirs ed ex voto attualmente al cinema come Lettere a Giulietta (con Vanessa Redgrave, Franco Nero e Amanda Seyfried).

Al Teatro Shakespeariano d’America, una compagnia molto seguita e conosciuta in quel Paese, grande successo ha ottenuto la coppia Chloé Armstrong   e Julian Garner in una versione di Giulietta e Romeo molto fresca per dare la possibilità ai giovani di accedere a questa forma di spettacolo, solitamente recitata solo dai grandi interpreti d’età, rigorosamente Inglesi.
Tornando a Casanova con un Withing un filo spaesato, una delle interpreti si chiamava Senta Berger, un’attrice di rara bellezza   di origine tedesca, corpo statuario e occhi verde-smeraldo, valorizzata solo in pochi film italiani (Quando le donne avevano la Coda…), dopo l’exploit con Charlton Heston in un Western girato ai confini del Messico.
Un’altra attrice che ha fatto scintille per un solo decennio è Kathleen Turner, una bellezza sfolgorante che è sfiorita ben presto, rivelatasi in un film giallo molto intrigante e raffinato.







“Signora, vuole scopare?” E dall’ombra, in una calda serata d’estate, si avvicinava alla soglia di una casa William Hurt facendo vibrare i campanellini cinesi a grappolo per l’alta gradazione erotica che si spargeva nell’aria. Un richiamo sessuale al cui Katlheen rispondeva facendosi trovare nuda    pronta per l’amplesso più appassionato che faceva perdere la testa al povero William Hurt del quale la Turner si serviva per prendersi l’eredità del marito facendogli addossare ogni colpa.
Era nata la femme fatale degli anni 80 che con questo “Brivido Caldo”aveva fatto sussultare gli spettatori di tutto il mondo rimasto incantato dalla falcata flessuosa di questa algida attrice sui tacchi a spillo e tailleur tutto bianco portato da spallotte importanti, che fece tendenza in quel periodo.
Era bellissima, tonica, e slanciata, una perfetta forma che mantenne però per pochi films, quasi tutti girati in coppia con Michael Douglas, fino ad arrivare alla fine con la Guerra dei Roses dopo il quale cominciò ad ingrassare in concomitanza con il suo declino perché da allora venne ingaggiata per film minori nei quali ovviamente non brillava per aver perso lo smalto di un tempo. Succede ad attrici di “alta statura” le quali se da giovani sono bellissime, invecchiando diventano armadi ingombranti.




Così come è capitato a Kelly mc Gillis, tanto bella e sexy quando era giovane in “Giorni di Tuono” oppure “Il Testimone”   o meglio ancora “Sotto Accusa” il film-denuncia con Jodie Foster dove faceva l’avvocato difensore in un processo per stupro, quanto decaduta in età matura.
Inquadrate insieme si notava la differenza di altezza fra lei e quella di Jodie la quale sembrava un pulcino mentre la Mc Gillis sembrava una chioccia poiché si prendeva a cura della cliente-vittima in maniera molto protettiva andando oltre al dovere professionale.



Un film che curiosamente ha segnato entrambe perché poi nel tempo sono diventate lesbiche con la Mc Gillis che ha stravolto i connotati fino ad arrivare ad essere  irriconoscibile.
Il fattore lesbo resta curioso anche per Jodie Foster perché ha esordito al cinema nel ruolo di una prostituta nel film Taxi Driver con Robert De Niro dove si mostrava con malizia precoce e disinibita. Un ruolo che non sembrava starle scomodo perché poi si proponeva in pose sexy   per diversi film fino ad arrivare al mitico Il Silenzio Degli Innocenti che segnò la svolta della sua carriera e della sua vita.
Infatti Jodie cominciò a mostrare un altro volto, molto più duro e determinato, prendendo posizioni autoritarie e dirigenziali girando anche come regista, per ritrovar sé stessa e la sua femminilità schierandosi con le donne, scoprendo così la sua omosessualità. Dichiarata e vissuta con discrezione perché lontana dalla mondanità. Ma non dallo star system perchè le sue compagne (ne ha cambiate due) sono donne di cinema influenti, facendo di Jodie una delle attrici più potenti di Hollywood.
Tuttora, nonostante l’età, lavora a pieno ritmo scegliendo ruoli congeniali al suo temperamento risoluto e rigoroso, talmente marcato da affilare il suo volto che, da paffutello e molto attraente   (l’ultima inquadratura in questo senso è accanto ad Hannibal Lecter), si è fatto spigoloso.

Molto naturale comunque, senza l’ombra di ritocchi, che Jodie esibisce orogogliosa riuscendo con le sue labbra sottili a dare quell’impronta asciutta ed autorevole alla sua recitazione, tutta in stile maschio virile.



Un’attrice che di maschio ha ben poco è sicuramente Eva Mendes, vista Ne I Padroni della Notte, quanto meno nell’immagine di sex appeal che impregna l’ambiente intorno di forte odor di ffff….ca.
In questo film però l’odore inebria solo lei in quanto impegnata in una scena di masturbazione molto esplicita, davanti a Jaoquin Phoenix il principe Commodo nel Gladiatore.
Una pratica decisamente maschile per cui si potrebbe classificare come femmina molto maschia. Ganzissima. 
E allora diciamolo pure: “Signor Principe…gradisca…”




EVA MENDEZ E QUEL PROFUMO DI FFFF...
Non c’è che dire, il nome Eva va alla grande. Ed Eva Mendes si gode questo suo momento gongolando per essere stata in testa alla classifica delle 100 donne più desiderate al mondo.
La Mendes è infatti considerata la più sensuale per quella sua “bocca” naturale  a 360 gradi che insieme al voluminoso decolletè e quell’aura proffff…umata sparsa intorno, la rendono particolarmente accogliente.

Fffff…ichissima, sia sullo schermo che dal vivo, piace per quella sua aria dolce-aggressiva che la rende calda come un croccante toast, farcito a piacere.
E’ donna fino alla radice dei capelli e il suo segno zodiacale lo conferma.
Infatti è nata sotto il segno dei Pesci che caratterizza la donna dotata di quel fascino completo che racchiude  le virtù e i difetti di tutte le altre dello zodiaco, proponendosi in quel mix esplosivo che fa femmina e prima donna. Eva appunto.

Come volevasi dimostrare, ed Eva Mendes ce l’ha messa tutta mostrandosi con delle apparizioni che incendiavano lo schermo.
Vedasi nel film The Women nel ruolo della Profumiera che tutte le “amiche” hanno emarginato perché ritenuta troppo pericolosa, in cui si muove ondeggiando  mettendo in moto tutte le sue grazie  focalizzando l’attenzione sul balconcino  morbidamente mosso un po’ a destra un po’ a sinistra in un moto ondoso che danza in sincrono con i fianchi ben torniti faceva da preludio a quel sogno paradisiaco in cui tutti gli uomini vorrebbero cullarsi, dimenticando tutto.            

 LA TV E’ DONNA, SOPRATTUTTO BIONDA.
Fra tanti reality, talent show, fiction e Talk show, in Tv si stanno diffondendo sempre di più i format ad informazione scientifica o agro-alimentare condotti spesso da ragazze immagine.

Una di queste  stata Eva Riccobono con il programma EVA, affiancata da Massimo presentando un format di divulgazione scientifica. Se ha avuto successo Alex Zanardi pilota di Formula Uno chiamato a condurre E se Domani e Sfide, perchè non Eva Riccobono? Che comunque è deliziosa anche se intervallava i discorsi con molti cioè cioè...
Questi nuovi format sono veloci e snelli che raccontano cose interessanti e curiose per cui ben vengano. Infatti proprio con Ulisse si assiste ormai a tanti programmi in replica già visti diverse volte.
La differenza con questi nuovi programmi sta nel lasciar parlare i servizi piuttosto che far fare lunghi monologhi al presentatore. Il mitico Piero Angela con Superquark e figlio con Ulisse o Passaggio a Nord-Ovest sono bravissimi in questo settore, ma c'è spazio per tutti e soprattutto per chi conduce anche in modo diverso, più scanzonato. La Tv comunque è donna  e soprattutto bionda per cui la Riccobono ha fatto la sua figura.
Certo una più consapevole di quel che stava dicendo non sarebbe stato male ma era solo all’inizio confermando che quel che conta sono i servizi.
Senza togliere nulla agli Angela, anche loro ne hanno fatto diversi raccontando praticamente dei film storici infarciti di commenti scientifici.
Anche questa è un'idea ma da professionisti della scienza ci si può aspettare qualcosa di più rigoroso.Ma  ssuno è perfetto anche perchè i gusti del pubblico sono protesi verso la spettacolarità dei filmati..
La preferenza comunque sembra che si orienti verso le conduttrici bionde perchè imperversano in tutte le reti e in tutti i settori e soprattutto a tutte le età che vengono confermate come regine: da Milly Carlucci a Maria De Filippi e Da Antonella Clerici a Paola Ferrari passando da Lorella Cuccarini a Mara Venier, Rita Dalla Chiesa Barbara D’Urso ecc.
Poi ci sono le principesse, le nuove ragazze immagine a tutto blond come Filippa Lagerbak, Ellen Hidding Leonora Daniele Ilary Blasi Alessia Marcuzzi e Federica Panicucci Fiammetta Cicogna (con le eccezioni delle rosse Miriam Leone e Paola Saluzzi) e con le nuove entrate di Luisella Costamagna e per ultima Eva Riccobono, attrice, modella, conduttrice che si è inventata il lavoro di fashion blogger.
Già, infatti Eva Riccobono è anche la titolare di un blog dove si propone con i modelli delle ultime tendenze da lei scelti. Molti di questi blog del settore fashion si stanno facendo notare lanciando perfette sconosciute che fanno incetta di contatti. Ma più che una sorta di fashion victim si potrebbero definire shopping victim perché i modelli non sono di loro personale produzione. Insomma semplici ragazze che si inventano modelle-commesse e che nulla hanno a che fare con il lavoro di una professionista Top Model o di una stilista dove oltre alla ricerca c’è anche l’impegno del manufatto e relativa produzione. Ma tutto fa, e l’importante è fare forza lavoro per ingolosire, incentivare contatti con relativi guadagni reali in una sorta di appetibile mercatino virtuale. Vedere cammello e qui moneta. Oh, se c’è chi  compra...emiri, politici, direttori di testate? Mah! Anche il web come la Tv ha le sue dinamiche e meccanismi oscuri.