lunedì 4 febbraio 2013

LAVORO E DONNE LA FESTA E' FINITA. FORSE MAI COMINCIATA.


 La festa è finita. Delle Donne. Delle quali non si è sente parlare se non in termini di lavoro, diritto al lavoro, diritto alla paga pari a quella dell’uomo, diritto a non essere molestata e asservita sessualmente per poter lavorare.
Insomma pari diritti e libertà che dopo quarant’anni di lotte non sembrano servite a nulla.
Sì perché pare di essere ritornati in quel periodo dove le donne si affacciavano per la prima volta sui posti di lavoro, nelle fabbriche, nelle piccole imprese e nel commercio.
Le commesse allora erano le più pagate, più ancora delle segretarie o im piegate perché di dirigenti ce n’erano poche.
“Le commesse dei negozi del centro… no no…che non sono le fate” diceva Luca Carboni in un sua canzone.
Effettivamente se erano quelle che dettavano il trend perché le prime a sfoggiare gli abitini di moda,  erano spesso protagoniste di loschi affari perché ingaggiate per piacere a clienti danarosi che le guardano in vetrina.
In Via Repubblica a Parma c’era una boutique che si era ammantata di questa fama di negozio di esclusiva, perché solo per pochi che se la potevano permettere. Infatti le commesse erano bellissime, scelte fra il fior fiore della bassa società le quali aspiravano comunque a un posto tra le fila del concorso di Miss Italia.
Ai Grandi Magazzini Coin per esempio si poteva vedere Tamara Baroni con le prima ciglia finte, nella sua prima sfilata prima del concorso di Miss Italia nel quale è stata promossa miss eleganza facendo poi un percorso da cocotte fra gli industriali vetrai e prosciuttari di Parma che ha anche raccontato, dal suo espatrio in Brasile, nelle sue memorie per concludere il business vaff’un bicchiere, della serie del maiale non si butta via niente.
Operaie delle fabbriche e impiegate delle piccole imprese erano tutte accomunate dalle buste paga fra le più basse che comunque davano la possibilità di contribuire al bilancio familiare che chiudeva sempre in positivo con piccoli risparmi, raccogliendo i frutti di tutti i componenti la famiglia: nonni e le pensioni, genitori, figlie e figli.
Di questi ultimi, il più meritevole continuava a studiare, il più svogliato andava in seminario ed il più volenteroso ci dava col lavoro di braccio.
Questa era la famiglia tipo dei primi anni 60 in pieno boom economico con le 600 (un filo più spaziosa della 500) che tutti aspiravano a comprare potendosele agevolmente permettere.
Proprio come oggi che, per risollevarsi dalla crisi si guarda alla Fiat e alla 500 come il connubio perfetto con la Crysler in grado di risollevare le sorti del nostro Paese.
Ma il passato è passato ed è difficile che ritorni perché i dirigenti carismatici non ci sono più: i rampolli si sono accasati incanalando le energie nella squadra di calcio, nella vita familiare e per le strade della creatività, a volte anche surreale come quella intrapresa da Lapo, mentre gli operai e le macchine sono state affidate al manager Marchionne.
Il quale si era fatto crescere la barba per dare un segnale chiaro e forte: che con la Fiat in Italia non se ne poteva più. Infatti come sponsor aveva anche scelto Jennifer Lopez a sculettare tra una macchina e l'altra, lasciando i compratori nel dubbio se entrare in macchina o andare a fan c...dalla Lopez.

Ora Marchionne si è rasato di tutto "punto" dicendo che la Fiat resterà in Italia mentre lui…
“Aveva una casetta piccolina in Canadà
Con tanti pesciolini e tanti fiori di lillà
E tutte le bambine che passavano di là
Dicevan che bella che bella la casetta in Canadà?”

Poi nel 2004 ha preso la residenza in Svizzera e per lui fu subito boom (visto dalla Gabanelli).Come per la Fiat negli anni 60.          



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