martedì 26 febbraio 2013

QUANDO IL VISONE ERA UNO STATUS SYMBOL. LIZ E RICHARD GALEOTTO FU IL SET DI CLEOPATRA

RIVISTO con piacere in TV Venere in Visone con Elizabeth Taylor e Lawrence Harvey.
Un film decisamente datato, del 1960, che ogni tanto si va a rivedere come un pezzo di vintage, da esposizione e basta.
Sì perché la storia a differenza di tanti altri film anche in bianco e nero come Eva contro Eva per esempio non è più di attualità.
La Taylor avanti Richard Burton era un concentrato di mielosità perché le storie che interpretava erano sempre sul filo del sentimentalismo ambientate in una borghesia ipocrita dove il perbenismo imperversava fra le classi abbienti, capisaldi dei valori familiari, mentre fra quelle più basse era diffuso il vizio e la corruzione.

La Taylor ancora lungi dalle passionali interpretazioni a fianco di Burton che avevano raggiunto il loro trionfo Kitch in Cleopatra, si evolveva come attrice drammatica di stampo teatrale fornendo interpretazioni di alta maestria come in Chi Ha Paura di Virginia Woolf o La Bisbetica Domata che poi ha completato con un personale percorso di film d’autore che suscitavano molto interesse per la rinnovata immagine di attrice di spessore.
Con Venere in Visone ha vinto il primo Oscar a coronare una smagliante carriera di grande star costruitole dalle grosse produzioni Hollywoodiane che mettevano in luce, più che la bravura di una diva, tutto il suo sex appeal.
Notevole, che Elisabeth Taylor sprigionava con le mises modellate su misura ad evidenziare due grosse tette enormi (chiamiamole con il loro nome per rendere l’idea così come Richard la canzonava paragonandole a quelle di una balia) sulle quali è stato focalizzato, esaltandolo, tutto il suo fascino di icona in primo piano. Perfetto in ogni particolare a tutto mezzo busto perché poi le gambe erano un filino corte.







n difetto che la Taylor ha trasformato in pregio proporzionando la figura con i tacchi a spillo e un vitino molto sottile che aggraziavano un corpo dalle movenze sensuali  di una gatta i cui bellissimi occhi viola brillavano nel buio.     
 Infatti Liz accendeva ogni film , anche il più banale, perché galvanizzava la platea proprio per la perfezione dei tratti del suo volto e la carnalità del corpo esposto in un vedo-non-vedo ad alta gradazione erotica perché intriso di quel pathos che traduceva in follia (Improvvidamente l’Estate scorsa dove usciva dall’acqua con il costumino bianco trasparente), o nel dramma coniugale (La Gatta sul Tetto che Scotta nel quale ha recitato quasi sempre in sottoveste di seta) sfociando nella torbida tragedia di Venere in Visone. La pelliccia in questione rappresentava lo status Symbol delle mogli dell’alta borghesia  alla quale tutte le mantenute ambivano, così come Liz che nel film aveva il ruolo di una prostituta contrapponendosi a una rivale dolce di brava mogliettina. Quella che sarebbe diventata anche Liz se fosse nata in un contesto agiato e tradizionale. Tanto perbenismo suscitava sensi di colpa nella borghese che covava dentro, facendo di lei una sofferente e pentita prostituta che trovava il suo riscatto non tanto nel matrimonio con il suo amante dopo aver chiesto il divorzio, quanto nella morte cercata follemente con una corsa in macchina.
U/n po’ eccessiva come storia perché al giorno d’oggi è impensabile tanta fierezza in una donna disposta a vendere il suo corpo che, a quel tempo si chiamavano con disprezzo mantenute, cocottes o prostitute, mentre oggi sono solo escort o manager della loro immagine.
Insomma le donne si sono liberate anche del tabù della prostituzione “elevandolo” a lavoro come un altro se svolto con classe ed eleganza, e a mestiere come “quelle” se esercitato selvaggiamente senza filtro:  vedere cammello, dare moneta. C’è modo e modo che lo consenta,perdinci, questo mestiere oh, pardon, lavoro su sé stesse!
Il visone, oggetto del contendere di tutto il film, se ha mantenuto lo status symbol per molti anni ancora, è stato poi oscurato dalla sua diffusione in massa che hanno operato tanti stilisti del settore come Annabella e Fendi, rendendolo a portata di tutte le classi fino a scomparire quasi dal mercato a seguito delle campagne animaliste le quali hanno praticamente bandito le pellicce dalle sfilate tanto che le signore lo rispolverano solo in occasione di grandi eventi esclusivi (come le Prime dell’Opera) evitando di indossarlo per lo Shopping essendo a rischio di scippo selvaggio delle bande metropolitane.      


 LIZ E RICHARD, GALEOTTO FU IL SET CLEOPATRA.


“Sii il più prode dei più prodi. Il più forte dei più forti, ma non riuscirai mai a       superare Cesare”
“Hai  paura dell’ombra di Cesare?”, rimbalza Cleopatra offrendo le sue labbra color carminio posizionate a cuore per ricevere il bacio da Marc’Antonio.
Che non tarda ad arrivare imperioso e violento dopo averle strappato la collana di monete d’oro con l’effige di Cesare che Cleopatra fino a quel giorno si portava a letto.


La scena è quella del film Kolossal Cleopatra con Elizabeth Taylor, Richard Burton e Rex Harrison nella parte di Giulio Cesare.
Un film girato a Cinecittà con un dispendio di costi lievitati per i continui ritardi provocati dai capricci della diva Liz Taylor la quale, fra le tante bizze annoverava anche il colpo di fulmine per Richard Burton.
Un amore turbolento e appassionato che aveva fatto riempire le pagine dei giornali dell’epoca  con i paparazzi che li inseguivano lungo l’Appia Antica per rubare un’ immagine di un loro bacio. Ma la notizia più sensazionale e scandalosa era stata il tentativo di suicidio di Liz di fronte ai tentennamenti di Richard, sposato con prole, che fece capitolare definitivamente l’attore costringendo il marito della Taylor, Eddie Fisher, a fare le valigie (che tra l’altro la diva aveva rubato alla sua migliore amica Debbie Reynolds).
Così il ricovero in ospedale venne zittito giustificandolo con una indigestione di fagioli in scatola di cui Liz era ghiotta.
Zittito per modo di dire perché fece talmente rumore che da quel momento la coppia venne pedinata passo dopo passo per dare in pasto al pubblico tutti i particolari della loro storia d’amore: una passione che bruciava di pari passo con le riprese di Cleopatra, fra abbracci e baci appassionati alternati a scoppi d’ira per dare sfogo alla reciproca gelosia. Uguale per entrambi perché la passione che li divorava era a senso unico corrisposta a 360 gradi sconvolgendo le loro vite. Infatti la diva per la prima volta scese dal piedistallo per farsi strapazzare da Richard come una qualsiasi donna mentre lui spese una fortuna per ricoprirla di gioielli, i più preziosi ed unici in circolazione: parures di diamanti e zaffiri o smeraldi, un diamante enorme   e una perla a goccia a dimensioni extra.
“la Peregrina” si chiamava e in barba alla superstizione

Liz Taylor la indossò in una comparsata nel film in costume “I Mille Giorni di Anna Bolena” e per l’interpretazione de’ La Bisbetica Domata.
A proposito di questo film, la coppia quando venne in Italia con direzione Firenze dove li aspettava Franco Zeffirelli, si fermò a Parma per un pranzo nel Ristorante Aurora, situato in un vicoletto laterale di Via Garibaldi, dove si fece servire la specialità della casa, Petto di Tacchino alla Duchessa (fettine di tacchino farcite con prosciutto cotto e formaggio ricoperte di una sughetto alla panna). Se nella Bisbetica Domata la coppia recitava sé stessa, nel privato aveva raggiunto un buon equilibrio perché durante le riprese del film Liz e Richard si distinsero come due coniugi borghesi. Richard Burton prestò la sua voce per il docu dell’alluvione di Firenze, mentre Liz si mostrò quieta e silenziosa sfilando fra le vie di Firenze con una miriade di cappellini fantasiosi ed improbabili da far invidia alla regina Elisabetta. Ben lungi comunque dalle follie e intemperanze degli anni 60 a Roma per girare Cleopatra.

Ma fu una breve parentesi, forse creata ad arte dai due grandi attori, stimolati  dall’ambiente elegante e raffinato che faceva capo alla casa di Zeffirelli in cui erano stati accolti e ispirati dalle bellezze artistiche della città di Firenze, perchè la loro passione ricominciò a divampare alimentata anche dal fiume di alcol di cui facevano uso, portandoli all’inevitabile sfacelo.
Si amavano  , si odiavano, si lasciavano, si risposavano fra di loro e con altri partner ma il oro amore non si esaurì nemmeno con la morte precoce di Richard all’età di 59 anni, dopo aver interpretato Orwell 1984: l’anno che segnò la sua fine. Tante donne si riunirono al suo funerale, ma la “vedova” era solo Liz. Inconsolabile, perché ogni volta che viene chiamata per un’ospitata per ricordare la loro storia d’amore con la visione dei film, Liz scoppia sempre in lacrime che non riescono a spegnere il fuoco che ancora le arde dentro.
Proprio lei che soleva dire distaccata e indifferente: “Quando mi rivedo nei film mi sembra che quella sullo schermo sia un’altra persona!”

Con Richard era diverso. Con lui aveva imparato a vivere la vita e imparato a recitare sullo schermo dove in coppia hanno lasciato il segno vincendo anche un Oscar con Chi ha Paura di Virginia Wolf  in cui si erano talmente immedesimati da continuare il gioco al massacro anche nella realtà. Infatti l’Oscar lo aveva vinto Elizabeth, il secondo della sua carriera, mentre Richard Burton, attore Shakespeariano d’eccellenza (il preferito da Laurence Olivier), era stato escluso.
L’allieva aveva superato il maestro. Forse Richard non lo aveva digerito. Se Liz era Impazzita per le partner di Richard, lui era impazzito per l’Oscar: la gelosia li aveva divorati e distrutti.
“Sii il più bravo fra i più bravi, ma non riuscirai mai a superare Elizabeth Taylor!” Cleopatra. Già, galeotto fu quel film…  






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