lunedì 13 maggio 2019

I FIGLI DEL FIUME GIALLO


Non si può dire che I Figli del Fiume Giallo sia un bel film perchè dopo un inizio scoppiettante sfocia nel drammone made in Chine dove nel calderone si mescola di tutto attingendo dai Kung-Fu classici per passare a quelli occidentali come La Febbre del Sabato Sera (le disco dove finire le serate e dimenticare il quotidiano fra balli di gruppo e duetti Latino’s) o Carne Tremula di Almodovar (il protagonista che da Big finisce in Carrozzina per un colpo di pistola) fino a Luna di Fiele (perché in carrozzina viene raccolto dalla sua ex piena di livore avendo fatto cinque anni di prigione per averlo salvato e poi finire abbandonata)

Galeotto fu quel colpo di pistola da lei sparato a salve per sedare quella rissa che lasciava lui malconcio ma comunque vivo.
Il film è comunque interessante perché ci fa assistere al risveglio della Cina nel boom economico simil a quello occidentale degli anni 60 mentre questo è ambientato nei primi venti anni del duemila dove il tripudio delle cineserie è in quell’abbigliamento esportato in tutto il mondo con abiti a taglie piccole e tessuti sintetici dal nylon allo stretch che hanno fatto tanto grattare gli occidentali allergici mentre per la Cina ha rapresentato un gratta e vinci globale.


Il Fiume Giallo fa da sfondo al film che viene percorso con love boats o traghetti da trasporto di grande stazza come quella di una nave, costeggiando le coste dove le nuove costruzioni sono immensi alveari (quelle delle periferie delle nostre grandi città) che si ergono come mostri con appartamenti loft.
La Cina si sta comunque sviluppando velocemente adeguandosi ai valori dell’occidente  del consumismo e dello shopping dal fashion style al divertimento dall’oggettistica di arredo all’Hi Tech credendo ciecamente nel web “nel quale se corrono delle voci qualcosa di vero c’è”,  saltando al ritmo della musica americana anni 80-90 per poi cantare ballate della tradizione sentimentale dove cuore fa rima con amore con giovani cantanti conciati come rapper perché tradizione e innovazione convivono ancora insieme anche se in equilibrio precario perché il progresso non lo ferma più nessuno.
Infatti nelle fabbriche dove prima si lavorava come schiavi a pochi yen, ora i lavoratori si ribellano per vantare diritti pari a quelli occidentali per cui aggiunti ai dazi dell’America hanno segnato un frano alle esportazioni delle cineserie per aprirsi comunque a quello delle grandi opere come ponti centrali elettriche strade ed edilizia dove i cinesi hanno raggiunto grande esperienza a livello di ingegneia non solo elettronica stipulando accordi in Europa (anche in Italia con l’apporto dei M5S).
Insomma si sta espandendo alla grande così come rappresenta il film  in sottofondo dove sparuti gruppi che si chiamano fratelli fra di loro resistono per mantenere salde regole d’onore che si sono prefissate sotto l’imperativo “Lealtà e Correttezza” per emergere nella comunità in cui vivono e nel quale e si dipana la storia di questo drammone come una sorta “ammore e malavita legata alla carboneria”  essendo tutti operai delle miniere che stanno per essere sostituite dalle centrali elettriche nella quale esiste solo una pistola detenuta illegalmente dal Big (l’attore Liao Fan) e usata dalla fidanzata (l’attrice Zhao Tao) solo per difenderlo dalla morte certa dopo un assalto di giovani che lo massacrano con il manganello.

Tutto è concesso in Cina nel colpire o difendersi in qualsiasi modo  tranne che in quello di usare armi bianche o pistole e fucili che sono vietate facendo scattare la detenzione anche solo per esserne in possesso concesso solo a Guardie e Polizia di Stato mentre vengono tollerati il manganello e colpi di Kung-Fu.
Fu così infatti che la Cina non ne volle sapere di perdere questa “gloriosa” tradizione  dando una lezione esemplare alla protagonista solo per aver sparato a salve due colpi di pistola per intimare l’alt alla rissa violenta e brutale che si stava inscenando, la quale una volta uscita di galera non potendo sperare di rifarsi una vita normale torna fra la sua comunità di ex carbonari che l’accoglie come la nuova Big.
La protagonista è molto brava a rappresentare la tipologia della nuova cinese manager dura e pragmatica così come vediamo in tanti China-Market sparsi nei nostri territori con una mano sugli affari e una sulla culla di qualche bambino che porta sempre  appresso in ogni dove.
Il film è avvincente all’inizio ma poi si lascia andare a lunghe e lente sequenze che fanno stancare un filo neanche fosse una sorta di C’Era una Volta il West di Sergio Leone. In America perché in Cina è tutta un’altra storia: niente sparate da Far West. Il Regista è Jia Zangke.

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