sabato 1 giugno 2019

IL BEJART BALLETTO DI LOSANNA



Un uomo seduto in poltrona solo in una stanza con una luce che manda bagliori alternati animati da una danzatrice che come una sorta di messaggio in alfabeto morse evoca ricordi del passato tra sogni ed incubi inquietanti.
Il coreografo Gil Roman più che ad ispirarsi a Bejart sembra prendere spunto dal Don Quixote con l’intento i miscelare classico e contemporaneo dove i ballerini creano performance immaginarie con gli assolo in duetto o in ensemble tra voli di uccelli per librar nell’aria e in abbraccio corpo a corpo fra rotear di mani per evocare incubi che scaturiscono da una mente immersa nell’oblio con  lo stato di incoscienza che porta il sonno.
Il quale può rappresentare di tutto dal premonitore al desiderio di distaccarsi dalla terra e dalla massa per volare libero senza una meta solo per il gusto di correre lasciando tutti dietro alle spalle.


Sono esercizi della mente che vengono raffigurati da danzatrici leggiadre così come sanno esserlo solo le francesi che si distinguono per questa particolarità già notata nel Barocco di Bejart.
Questa prima parte si intitola Syncope un po’ difficile da decifrare per cui la seconda Brel e Barbara è decisamente più interessante per originalità creativa in quanto coreografie del Bejart classico, si fa per dire avendo questo coreografo rivoluzionato la danza insieme a Roland Petit.
Danza contemporanea comunque di impronta molto francese che si distingue da quella americana dei musical o dell’Alvin Theater Dance di New York conosciuto in tutto il lmondo con ballerini di colore che in fatto di danza contemporanea hanno creato uno stile unico intingendo fra le radici dell’Africa e passando fra la schiavitù che ha permesso di forgiare una fisicità temprata esplodendo in una energia da forza della natura come se l’uomo l’avesse catturata per sublimarla in arte con forme plastiche più perfette delle statue greche.


Il balletto inizia con una mimica geniale nella gestualità per dare corpo alle parole diffuse in sottofondo in un dialogo fra Brel e Barbara dove lui esterna un pensiero mentre lei lo contraddice per affermare il suo formando un duetto che si racconta fra la Parigi dei tanghi dei bistrò fra canaglie e donne di vita (viene in mente Casco D’Oro con Simone Signoret) dei valzer con la fisarmonica e un mixage delle passate coreografie di Bejart quando amava avvolgere i suoi ballerini fra lenzuola intrise del sudore dei corpi in amore o abiti-contenitori a sacco, in questo contesto di color giallo a dare slancio luminoso alle coreografie.
Se volevano stupirci con effetti caleidoscopici il Bejart Ballet Lausanne è riuscito nell’intento avendo il pubblico dimostrato di apprezzare l’originalità della performance con tanti applausi.
Diceva un grande direttore d’orchestra della lirica che non esiste musica classica o musica leggera ma solo buona musica.
Così è per la danza che quando è buona non ti fa accorgere di essere spoglia della scenografia perché ti cattura con le movenze agili e tecnicamente perfette facendoti perdere estasiato.
Il contesto scenografico classico non è comunque un optional perché la danza classica è sempre ambientata in Paesi da favola per cui sono parte integrante del balletto.
La danza contemporanea comunque per essere buona deve emergere per la perfezione delle movenze miscelate alla classica ma anche no purchè la mimica gestuale abbia un sottofondo di altrettanta buona musica ritmata in sincrono al passo perché altrimenti diventa un fastidioso gnigo-gnego cone una sorta di goccia dopo goccia che fa traboccar un saggio ginnico. Non si contano le performances in questo senso che purtroppo abbiamo visto in tanti anni di Parma Danza ma vedi la Parigi di Brel e Barbara con lo stile  di Bejart in Ballet Lausanne e poi muori.

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