venerdì 20 gennaio 2017

ANNA BOLENA TRA STORIA E OPERA



Anna Bolena in scena al Teatro Regio di Parma: Donizzetti non è Verdi d'accordo, ma non mette nemmeno d'accordo sulla fedeltà alla storia dei Tudor.
 Purtroppo ci sono molte traduzioni di autori che hanno fantasticato sulla tragica storia di Enrico VIII e Anna Bolena sia al cinema che in serial Tv passando dal Teatro dell'Opera quest'ultima con la messa in scena della Bolena che duetta con la sua serva infedele e rivale Jane Seymour.
Questa versione contrasta con i documenti storici che propongono invece una Bolena fiera e aggressiva mai piegata nemmeno di fronte alla morte che lei stessa sceglieva rifiutando l'annullamento offerto da Enrico per salvarle la vita, per preservare il trono a sua figlia Elisabetta, considerata l'erede legittima dopo l'annullamento del matrimonio con Caterina.
La sua volontà di essere regina era più forte della sua vita stessa che ha così potuto perpetrare attraverso la sua specie incarnata in Elisabetta i cui tratti somatici si avvicinano molto a quelli della madre Anna tranne per i capelli rossi e la carnagione lattea ereditati dal padre. Il quale invece, sempre nei ritratti storici assomiglia marcatamente alla figlia Mary detta non a caso la sanguinaria.
Pertanto quest' abbassarsi al livello di una serva non è della personalità di Anna Bolena confermata dalla storia che la descrive rancorosa verso la sua ancella tanto da arrivare a ricattare il Re di bandirla da Corte pena di non soggiacere più con lui ben conscia del forte ascendente sessuale sul Re che l'aveva sposata dopo averla fatta sua amante e dunque conosciuta intimamente ben sapendo di che pasta fosse fatta.
Ma nonostante questo asservimento sessuale non era il sesso a fare da collante di questa coppia regale bensì l'ambizione di portare la Corona che se per Anna si realizzava nella discendenza alla figlia Elisabetta per Enrico rappresentava una frustrazione rimanendo il vuoto di un erede maschio a perpetrare il nome dei Tudor.

Un gioco duro che ha visto giocare due duri come Enrico ed Anna i quali si sono dati battaglia per questa sostanziale differenza a dimostrar comunque la sottile intelligenza della Bolena nel puntare con determinazione sulla Corona quale fulcro del potere assoluto sul Regno di Inghilterra che si sarebbe tramandato nei secoli e millenni, riuscendo con ferrea volontà nell'intento di farla posare sul capo di Elisabetta.
La quale con la fine del suo Regno ha segnato anche la fine dei Tudor, ma non della Corona perchè è passata saldamente indenne fino ai giorni nostri con la Regina Elisabetta  che la indossa negli eventi più importanti del Regno Britannico in cui regna sovrana.

Questa premessa è solo per assistere all'Opera con le idee chiare per fare osservazioni anche sui dettagli: se il Cast si è fatto onore accompagnato dall'Orchestra Regionale dell'Emilia con il Coro del Teatro Regio diretto dal maestro Martino Faggiani tutto l'allestimento ha sorpreso anche se da tempo l'Opera classica ci siamo rassegnati a vederla innovata con effetti scenografici digitali a sostituire o a supportare come in questo caso di Anna Bolena le classiche scenografie in carton-gesso ed i fondali in tromp-l'oeil illuminati con giochi di luce colorati e a intermittenza o fasci di fari puntati sul protagonista per cui il mix fra classico e moderno curati dalla scenografa Monica Manganelli è stato apprezzato avendo saputo rappresentare il contesto


cinquecentesco in modo stilizzato facendo roteare in scena delle pareti in stile trasformate in porte, finestre e prigioni  con la luce a faro ad illuminare una gabbia per la Regina come metafora di un uccellin al quale hanno tarpato le ali per interrompere il suo sogno di volare verso alti orizzonti perchè troppo carica di colpe per aver tradito il Re con vari personaggi di Corte tra i quali il fratello, Paolo Battaglia Lord Rocheford, un suo vecchio spasimante Lord Riccardo Percy Giulio Pelligra, e con il suo cantore e paggio Smenton (interpretato da Martina Belli, che non aveva nulla di efebico avendo un abbondante seno).
In realtà le colpe di Anna erano ben altre e prima fra tutte quella di aver condannato a morte dignitari importanti della Corte solo perchè ostili ed oppositori al riconoscimento del suo matrimonio e del conseguente scisma dalla Chiesa Cattolica.
Tutte colpe dal quale il Re  si voleva assolvere facendo apparire la Regina come una strega  artefice della scissione e di tutti i delitti di cui si era macchiato Enrico VIII confermati dal fatto che alla morte di Anna aveva mantenuto la sua carico di capo della Chiesa Anglicana fuori dal Papato di Roma.
Jane Seymour è una delle tante cortigiane che gli ronzavano intorno che “grazie” alla sua morte precoce nel partorire l'unico figlio maschio di Enrico, è stata assurta a mito come unico vero amore del sovrano..
Il quale invece si è sbarazzato sbrigativamente di tutte le mogli fino all'ultima (la sesta) che non ha potuto spodestare perchè morto prima lui.


Passino gli errori storici sul libretto dell'Opera, passino pure i supporti digitali perchè in questo contesto erano comunque di grande effetto confermando il talento di Monica Manganelli come fenomeno in ascesa della città di Parma, ma non passano assolutamente le scelte dei costumi con una pelliccia di volpe sul protagonista il basso Marco Spotti (Enrico) quando si sa che nel potere la più alta carica è rappresentata con l'ermellino come si evince anche dalle immagini storiche del Re.


Non passa nemmeno la scelta del vestito tutto rosso di Anna, Yolanda Auyanet, come una sorta di Rossella di Porta a Porta (v. le Porte di cui sopra)  quando sentendosi tradita dai due amanti si prostra ai piè della sua rivale Seymour, Sonia Ganassi) anche lei curiosamente vestita e pettinata come una fantessa robusta in chemisier longuette con tacco a rocchhetto e caschetto di capelli biondi e ricci come una sorta di badante o ancor meglio di Camilla duchessa di Cornovaglia mentre si inorridisce sulla scena finale quando la Bolena appare di bianco vestita in raso damascato come una sorta di Biancaneve  vittima sacrificale  della rivale in competizione per la carica di più bella del reame. Una mise virginale che contrastava alquanto con la stazza della protagonista di forma giunonica in grado di mettere KO il Re con una spallata ben assestata.
Tutto è lasciato alla fantasia dell'autore che giustamente non si è curato di dare un occhio alle immagini d'epoca nelle quali la Bolena è sempre rappresentata con il copricapo esagonale e il décolleté quadrato. Perchè copiare?
Così della Bolena originale si perde ogni memoria per riportarla in parallelo a quella dell'Aida (della quale tra l'altro la Manganelli ha curato la scenografia per altri teatri) con la Regina Amneris in duetto con la schiava rivale che comunque con Giuseppe Verdi perde la partita Regina vs Ancella-Amante del Re. Un leit motiv che vedrà protagonista anche Elisabetta con la sua dama di compagnia che intreccerà una tresca con l'amante della Regina rimanendo incinta senza il consenso di Sua Maestà.
A parte la libera interpretazione della storia Anna Bolena in questa opera è intrisa di un sentimentalismo bacchettone con tanti sensi di colpa e assoluzioni generose verso la rivale Jane Seymour prima di salire sul patibolo ingiustamente condannata dal Re perchè non la desiderava più disgustato dalle sue intromisissioni nella politica di Governo dove la Bolena metteva il naso per soddisfare le sue mire di potere dalle quali tutte le altre sono rimaste estranee accontentandosi di fare le Reginette delle feste di Corte o di essere usate come pedine (come l'ultima moglie del Re)  nella guerra fra Anglicani e Cattolici che scalpitavano per tornare a Corte .

Infatti vincevano con il breve Governo della figlia di primo letto di Enrico, Mary La sanguinaria avendo fatto strage fra i seguaci di suo Padre  allontanatosi dal Papato di Roma. Invece Elisabetta si prodigò per difendere il nuovo corso del Regno di Inghilterra combattendo e vincendo sulla cattolicissima Spagna per regnare in pace lasciando libero il suo popolo di seguirla.
Una scelta che l'Inghilterra ha fatto a quel tempo rimanendo fedele nei millenni  alla Corona dei Tudor passata nella storia da Elisabetta prima ad Elisabetta seconda  a chiudere il cerchio magico delle grandi Regine d'Inghilterra per aprirsi ai nuovi eredi al trono tutti maschi, da Carlo ai figli William ed Harry passando dal nipote George.
Tornando all'Opera, i mimi inquietanti al posto del divertissment hanno decisamente annoiato muovendosi con una lentezza che ha segnato il passo dell'opera portata lungamente avanti senza ritmo in un ambientazione da seconda guerra mondiale con i soldati in divise militari di quel tempo.


“Ho voluto raccontare la storia di due donne in un mondo dominato da maschi che si aggrappano l'un l'altra” recita il regista  Alfonso Antoniozzi nel libretto anche se non pare questa l'intenzione di Donizzetti (che ha invece fatto duettare due rivali come una sorta di donnine in crinoline ottocentesche piccole piccole e disperate: la prima perchè vecchia ciabatta, la seconda nel provar  vergogna d'essere ruba-mariti) perchè a quel tempo non c'era solidarietà al femminile ed il femminismo era ancora molto lontano. Pertanto questa libera interpretazione sembra un escamotage per fare qualcosa di originale come quella di cambiare la cornice in un quadro antico lasciando intatto il testo classico.
I giovani autori si sbizzarriscono a costo di lasciare il pubblico impreparato alquanto perplesso ben sicuri che si abituerà  al cambiamento perchè  per “attenersi” ai documenti storici  bisogna far ricerche documentandosi pazientemente facendo anche uno sforzo di costi di lavorazione che i laboratori del Teatro Regio evidentemente non sono in grado di sostenere.
In attesa che arrivino gli sbandierati fondi e sperando che vadano ad arricchire l'opera riportandola agli antichi fasti gli applausi scroscianti per questa versione di Anna Bolena non si son fatti mancare ad onorare il talento degli artisti e nel rispetto degli addetti ai lavori decretando un gran successo allo spettacolo.
“Non si viene a Teatro per l'Opera in sé perchè se vuoi ascoltarla veramente ci sono i vecchi dischi, le cassette o i dvd” dice un vecchio spettatore abituè che frequenta il Teatro già dai tempi del dopoguerra: “A Verona per esempio c'è un'acustica terribile ma lo spettacolo è unico nella sua maestosa cornice così come qui al Teatro Regio è elegante raffinato. Non si viene tanto per l'Opera quanto per la cornice con  gli scenari del palco (ora in digitale) il foyer (pochi abiti lunghi), i loggionisti (che nessuno intervista più) i palchi con gli spuntini all'intervallo (che ora si fan al cafè del Teatro), tutto un insieme che ha fatto appassionare alla Lirica  noi Parmigiani più di qualsiasi altra forma di spettacolo”.
Così parlò il tipico parmigiano melomane dalla platea.  E allora perchè cambiare questa cornice e non continuare nella tradizione degli antichi fasti?  Con questo senza nulla togliere al genio creativo innovativo di scenografi costumisti e tecnici di luci perchè ci sono tanti settori nei quali possono esprimersi al meglio.

 I templi della Lirica continuando con gli allestimenti  delle Opere seguendo la tradizione che l'hanno fatta grande diversa e unica dovrebbero essere considerati patrimonio dell'umanità.







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