A Teatro invece ci sono state innumerevoli versioni tutte imperniate su cadenze tristi e lugubri per dare dignità attraverso la sofferenza a un personaggio maniaco delle tisane depurative come a volersi liberare del peso della vita e di tutto il fardello delle responsabiliutà del quotidiano.
Il Malato Immaginario in scena a Teatro Due invece è stato una sorpresa confermata comunque dopo la scorsa edizione della Locandiera sempre con la regia di Walter Le Moli. Il quale in questi due contesti si esprime rivelando un lato leggiadro del suo spirito creativo che con il Malato Immaginario di Molière a sfondo musicale e danzante ha raggiunto la punta massima di spettacolo accattivante e di successo.
Con ritmo vivace ha saputo tradurre il testo originario di una comedie-ballet di Molièr mettendo in scena un ensemble (produzione Fondazione Teatro Due) ben assortito e coeso nel recitare i versi in armonia con una mimica teatrale gesticolante nella forma e dai toni enfatici nella sostanza ad accompagnare i sentimenti dei due giovani innamoratri (la figlia Angelica, Paola De Crescenzo, ed il suo cantore Cleante, Luca Nocera) mentre, danzando sulle note in versi, cantano con voci armoniose il loro amore sotto metafora di un pastore e di una pastorella (tipico connubio dell'immaginario erotico come si evince da tante pitture e disegni dell'era “volgare” che va fino a metà 700).
Il pecoreccio del tema clistere viene sublimato da questa storia d'amore che fa da fulcro alla commedia più di quanto lo possano le evacuazioni del protagonista traducendo in pieno proprio in questo punto la comedie-ballet di Molière innovata con una citazione al musical La-la-Land (candidato all'Oscar con Emma Stone e Ryan Goslyn) con i due protagonisti impegnati in un duetto romantico e mieloso sul filone d'oro dei grandi musical Hollywoodiani.
Ma sono tutti insieme a danzare con leggiadria e grazia sul palco del Malato Immaginario in un divertissment in ritmo seicentesco come quello che accompagnava i balli a Versailles perchè Molière era un autore alla Corte di Luigi XIV. Il quale comunque aveva rifiutato la rappresentazione dell'opera licenziando il grande commediografo, rispecchiandosi lui stesso o quanto meno buona parte della classe nobile, in quel personaggio maniaco-depresso del malato Argan, Massimiliano Sbarsi, sempre circondato da luminari della scienza medica in veste di lugubri portatori di morte, dai quali la classe nobile si sentiva dipendente e succube, che pretendevano di dare con salassi e pozioni purgative la guarigione ad un uomo colpito dal male
La battuta di saggezza popolare lungimirante è quella del fratello di Argan, Beraldo (Emanuele Vezzoli) una sorta di angelo custode che lo illumina consigliandolo di liberarsi dei “luminari” prof. Purgon e Fecis (Nanni Tormen) e del figlio di quest'ultimo Tommaso (Sergio Filippa) aspirante sposo imbranato nel corteggiamento della giovane Angelica, perchè per guarire da ua malattia basta mettersi a riposo aspettando che passi seguendo il ritmo della natura la quale dopo ogni caduta risorge trionfante.
Solo dal bene per se stessi può nascere la guarigione per cui tutti intorno lo aiutano a coccolarsi un po' prodigandosi nel fare cerchio esprimendo a cuore aperto i loro sentimenti esternati grazie ad un escamotage della “petulante” domestica la quale facendolo sembrare morto smaschera la sua seconda moglie Beline avida e bugiuarda (Cristina Cattellani) per farlo poi finire fra le braccia dei suoi familiari sinceri nonchè della scaltra ed impicciona serva Toinette (Laura Cleri) considerata governante insostituibile della casa perchè fedele ed efficiente.
Con una laurea ad honorem in medicina ad Argan, avendo nel corso della sua immaginaria malattia fatto una cultura sui mali e sulle cure, inscenata da amici e parenti recitando in latino maccheronico-gogliardico, il Malato Argan chiude con l'ipocondria entrando in scena in pantaloni dopo essersi liberato della camicia da nottre a danzare con il bastone in mano (arraggiamenti musicali di Bruno De Franceschi) la rinascita in una nuova vita facendo un inchino in sincrono al rotear del braccio.
Questa traduzione di Walter Le Moli è stata molto apprezzata dal pubblico che anche nell'ultima serata, dopo diverse rappresentazioni, ha fatto il tutto esaurito in sala con lunghi applausi finali a tutti i protagonisti in abiti contemporanei (costumi di Gian Luca Falaschi), tranne Argan in perfetto stile aristo seicentesco ed i medici con mantello nero e becco a rappresentare una classe “precieuses ridicules” mentre gli altri personaggi erano in borghese a significar che quella classe si stava imponendo in tutta la sua scaltra praticità e voglia di vivere da “incanalare” in senso positivo con arte e operosità.
Classe che comunque emergerà con tutta la sua forza manageriale e tale da superare quella nobile con la Locandiera di Carlo Goldoni in cartellone in replica e sempre sotto la regia di Walter Le Moli il quale ha fatto centro con la doppietta del Malato Immaginario (assistenti alla regia Caroline Chantolleau e Giacomo Giuntini) sia nella scorsa stagione che in questa attuale. Bel colpo.
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