venerdì 7 maggio 2021

PARASITE TRAGICOMMEDIA IN SALSA COREANA

 




Se non si ha il pane spuntano i denti che aguzzano l’ingegno nell’arte di sopravvivere.
Il film Parasite mettendo in evidenza la differenza di classi molto accentuata in una città della Corea del Sud dove la povertà è veramente misera mentre la ricchezza fa sfoggio di lusso sfrenato, dipana la storia fra due abitazioni: uno scantinato con un solo Water  che lascia odor di muffa sui corpi anche se si son lavati e una villa bellissima progettata da un noto architetto che si apre dietro le mura di una strada puntando la vista sulla grande vetrata del soggiorno dalla quale si ammira sotto i raggi del sole e la luce delle stelle il panorama di un bellissimo prato verde attorniato da boschetto in una visione green che rilassa mente e corpo.



La famiglia povera composta da genitori e due figli non eccelle nella manualità di quell’unico lavoro che son riusciti a prendere perché sbagliano persino a piegare dei cartoni di pizza ma sono tecnologicamente preparati trovando sempre il modo di collegarsi Wi-fi e digitare il computer per falsificare qualsiasi documento in modo artistico avendo appreso l’arte dai video giochi e dalle varie app creative.




Tutti i componenti sono uniti nell’incanalare le energie per espandersi nel mondo a conquistare quella fetta di benessere che si meritano giustamente come persone globalmente informate. 

Dopo un escamotage del ragazzo giovane che riesce a farsi assumere come insegnate della ragazzina di ricca famiglia alla quale insegna oltre l’inglese la lingua internazionale in tempesta ormonale, si forma una catena familiare riuscendo a rubare il posto ai domestici perché i signori della casa si fanno intortare come due pivelli che la ricchezza e lo mollezza del benessere ha reso ingenui e creduloni. “Lei soprattutto è così gentile…”, dice ammirato il capofamiglia che la moglie subito redarguisce rispondendo pronta: “…perché sono ricchi. I soldi spianano tutto”.





In effetti la vita in villa scorre lenta silenziosa perfetta nella pulizia e nelle relazioni fra marito e moglie che in una scena di sesso sul divano sono ripresi in pigiama unisex a sfumature grigio mentre lui la eccita titillandole i capezzoli e accarezzandola in zone basse facendola miagolare come una gattina in calore ma sempre  con tanta classe ed eleganza anche in quel contesto hot.

Insomma tutto è perfetto con la squadra povera al lavoro dopo aver fatto licenziare la servitù, vecchia governante in primis anche se bravissima ed efficiente.

La quale si rifà viva per reclamare il marito nascosto per sfuggire agli strozzini in un bunker (sito  come da copione dell'extra-lusso, a sostituire le modeste casseforti di media borghesia, e del quale non sono a conoscenza nemmeno i padroni essendo stato costruito dall'ex padrone ed architetto) della villa facendo scattare una guerra fra poveri partendo dalle minacce a colpi di telefonini con immagini dei servi truffaldini da inviare ai padroni  e mettendo in scena una sorta di gioco-sporco fra le parti che ben presto si trasforma in tragedia truculenta.

Il film si avvale di una colonna sonora a musica classica e leggera molto in sincrono con le immagini specie quando il vecchio autista sale le scale con la “signora” per arrivare al culmine della truffa messa in atto nel far tossire la governante da sfrattare e farla licenziare per tubercolosi in corso.
Tutto è costruito in modo realistico ed avvincente a giusta dose ansiogena nelle location di bassifondi allagati dalla rete fognaria intasata e sotto un temporale  con fulmini e saette che squarciano il cielo come preludio della tragedia che si verificherà nella quiete dopo la tempesta dove l’arcobaleno fa da sfondo a illuminar l’orrore truculento e  sanguinolento che si consuma nello splendido prato verde della villa.
Bellissimo film che ha aperto la visione sul Paese della Corea facendoci scoprire il mondo nella sua globalità dove tecnologia digitale e designer in copia occidentale la fanno da padroni nel mondo adulto  mentre in quello minore imperversa la cultura anni 50 dei boy scouts e gli indiani dei fumetti alla Tex Wiler.
Insomma ad essere più avanti sono i poveri per aver assimilato meglio la cultura del disincanto occidentale con quell’aggressività del farsi strada senza guardar in faccia a nessuno, ma “solo a noi, papà” come incalza arrabbiata la piccola diabolica Jessica che poi andrà a morire mentre i ricchi sono ancora in fase western dei tempi di John Ford.
La nota tenera è comunque sempre quella dei ragazzi come "Kevin" e l’amico che sostituisce nelle lezioni i quali nel loro primo approccio amoroso con la giovane studentessa pensano subito a convolare a giuste nozze così come facevano i nostri bravi ragazzi prima della rivoluzione del 68 dove le donne si sono liberate anche dalle nozze col primo fidanzatino che capitava a tiro. Meglio tirar avanti!





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