MENO INTERNET E SIAMO ANDATI AVANTI A CABERNET
giovedì 31 luglio 2014
sabato 26 luglio 2014
UNA SUPERBA SCARLETT JOAHNSSON
Dopo la Vedova Nera, Scarlett Johansson è attesa nelle sale per due film molto shoccanti nei quali si propone come aliena sexy in Under My Skyne e dotata di superpoteri in Lucy.
I personaggi di entrambe le pellicole sono all'insegna della spietatezza che la Joahsson non riesce a esternare totalmente con la sua faccia nata per esprimere dolcezza impressa dalla bocca carnosa come fragola matura tutta da mangiare.
Ma ce la mette tutta con un risultato davvero sorprendente.
Nel primo film infatti la vediamo nuda davanti ad uno specchio dove ammira le sembianze della vita umana che lei, da alinea, ha assunto dopo essere catapultata, come una sorta di mantide, sulla terra per catturare degli uomini da uccidere.
La terra è quella di Scozia, fredda e ventosa nella quale Scarlett mette in atto la sua caccia spietata che le riesce in pieno grazie al suo aspetto sexy e conturbante, fino al momento in cui non la incuriosiscono le emozioni delle sue vittime e degli essere viventi che la inducono a voler sperimentare a costo di dissociarsi dalla sua razza aliena preferendo la fragilità umana.
E' l'eterna storia degli Dei dell'Olimpo che invidiano i mortali con le loro passioni e caducità tanto da mettersi ad emularle. Il tema comunque è già stato trattato in Blade Runner con i Replicanti che alla fine si ritrovano simili agli uomini avendone provato le emozioni come l'amore ed il dolore. Se l'amore di Rachel per Harrison Ford era scontato la lacrima di Rugther Hauer prima di morire è rimasta indimenticata.
Il secondo film interpretato da Scarlett Joahnsson è Lucy dove si cimenta come cavia umana alla quale fanno scatenare il potenziale del cervello al Cento per Cento facendola diventare invulnerabile ad ogni cedimento emotivo e insuperabile nel praticare azioni sia con le armi che con la forza di pensiero. Praticamente un essere invincibile che uno scienziato come Morgan Freeman.riesce a controllare incanalandola in senso positivo.
Insomma una sorta di superman in gonnella tradotta dai cartoon a bambola meccanica tutta di carne.
La svolta della Scarlett è curiosa perchè sembra orientata su queste eroine superdotate dopo aver conquistato le platee con tanto love, così come enunciato nello spot Dolce e Gabbana che avrà voluto esaltare mettendosi in gioco in ruoli opposti fra di loro: uno Dolce e l'altro Gabbana, come volevasi dimostrare. Che poi tradotto è la metafora del dualismo di ogni essere umano quando il maschile e il femminile viaggiano di pari passo senza mai intrisecarsi fra di loro pur convivendo insieme.
Così se la scelta di Scarlett Joahsson potrà anche risultare interessante, il pubblico non la domenticherà mai come la fragile Nora di Match Point quando sotto la pioggia in un campo di grano si metteva a nudo per far l'amore senza sapere di essere la vittima sacrificale dello spietato amante. E non era un alieno tanto meno un cerebrale ma solo un campione di ping pong.
SCARLETT JOHANSSON, FATALE MASSACRO.
Nel film IRON MAN 2, accanto alla protagonista Gwyneth Paltrow c’è un’autentica sorpresa: Scarlett Johansson nei panni di una massacratrice di maschi, esperta di arti marziali.
Missione riuscita in pieno, per scrollarsi di dosso l’aura bamboleggiante che aveva acquisito grazie al suo fisico sensuale e a quel rifiuto plateale di Obama nel riconoscerla come sua fan preferita, relegandola al ruolo di oca giuliva.
Eppure i suoi film sono di tutto rispetto in un percorso che va dal drammatico a quello noir mettendo in risalto un appeal di femme fatale.
Alleggerito con una deliziosa farfallina in testa, portata con molta ironia nello sfilare sul red carpet di Venezia alcuni anni fa.
Un’entrata memorabile. Tanto era bastato per cancellare tutto il suo curriculum di attrice e grande star, per dare spazio a quello di farfallina in volo.
Ma a comprendere il suo vero talento dietro la maschera di fica-oca, è stato il regista Woody Allen che l’ha diretta in tre films.
Con il primo film, Scoop, le fa interpretare una giornalista ingenua e svampitella che tra uno scoop e l’altro (rivolto al partner belloccio e fisicato Hugh Jakcman) riesce ad infilare quello giusto, giornalisticamente parlando, districandosi fra i meandri del mondo dei Tarocchi e serial killer di prostitute. Un’associata vista con finalità diaboliche e a delinquere, una sorta di mafia occulta alla quale nulla si può opporre e dalla quale Scarlett Johansson si sfila con un leggero battito d’ali e un pizzico di furbizia, acquisita grazie alle continue batoste della vita alle quali inevitabilmente destinata per la sua trasparente ingenuità.
Nel secondo, invece, Match Point, Woody inquadra la Johansson in un contesto alto borghese dove fa girar la testa agli uomini di famiglia, rimettendoci la vita quando viene messa in condizioni di inferiorità dal suo amante senza scrupoli il quale, dopo aver bruciato di passione, si disfa di lei per mantenere il suo posto al sole sposando la ricca ereditiera.
E bruciando di passione, con scene altamente erotiche, Scarlett incendia lo schermo, facendo tabula rasa di tutti gli altri interpreti messi in ombra.
Nel terzo Vicky Cristina e Barcellona Scarlett da il primo bacio lesbo a Penelope Cruz così sdoganato da Woody Allen, colpito dalla farfallina in testa, che ha aperto la corsa delle star alla serie delle lesbo-chic: un ruolo che non può più mancare nel curriculum di un'attrice che si rispetti. Come dire che non sei nessuna se almeno una volta non hai fatto lingua in bocca o in lecca lecca.
Con Iron Man2 la Johansson, completamente cambiata anche nel look perché da bionda si è fatta scura di un rosso mogano inquietante, ha messo le cose in chiaro facendosi valere come attrice versatile e dinamica sempre in piena evoluzione.
Infatti il ruolo a seguire, fra i più attesi, è stato quello di “vedova nera”.Più fatale di così...
UNA BOCCA PER RECITARE
Chi l’avrebbe detto che Scarlett Johansson fosse una grande attrice? Io per prima perché le avevo dedicato anni fa un ritratto “Una bocca da Baciare”.
Altro che baciare. Da recitare. Scarlett Johansson ha vinto il premio Tony Award 2011 per l’interpretazione di uno Sguardo dal Ponte di Arthur Miller un’opera teatrale nella quale l’attrice si è impegnata al massimo, fra un bacetto e l’altro a Sean Penn, anche lui grande attore che l’ha sostenuta in questo suo percorso di attrice teatrale.
Il Teatro è una prova difficile da superare per molti attori perché si mettono in scena di persona con la loro voce senza gli effetti speciali dello schermo televisivo o cinematografico nei quali conta soprattutto la bellezza.
Attrici come Julia Roberts per esempio hanno fatto flop. Nella sua prima teatrale a Londra della pièce “Three days of rain” scritta da Richard Greenberg si legge nella recensione: “… ad un certo punto la sua faccia teatrale ha dovuto lasciare spazio ad un largo sorriso (a cattivo gioco) quando un pomodoro che avrebbe dovuto spiaccicarsi sul palco è invece rimbalzato come una palla da tennis”.
Galeotta fu la pallina anche per Scarlett che con Match Point (visto recentemente in Tv) nel ruolo di Nora incontrava un maestro da tennis Jonathan Rhys Meyers (Enrico VIII nei Tudors) col quale iniziava palleggiando a ping pong mentre la fiamma della passione cominciava ad ardere fino a spegnersi con un colpo di fucile che lui sparava per schiodarla dalla sua vita mirando a una ricca ereditiera, per attaccar il cappello al chiodo.
Stranamente dopo quel film a sparire dalle scene è stato proprio lui, visto per l’ultima volta fra le vie di Londra dimesso e alle prese con le borse della spesa come un ragazzo qualunque, mentre Scarlett inanellava, un trionfo dietro l’altro al cinema a Teatro in politica e a capo di una band.
Se la carriera è sempre andata, e non si fa per dire, col vento in poppa, la vita privata è stato tutto un susseguirsi di delusioni fra mariti divorziati e amanti scapestrati come Sean Penn che dopo il successo teatrale l’aveva presa in prova in coabitazione per vedere come se la cavasse come baby sitter per le sue bambine. Un disastro annunciato perché ripercorreva la storia di un film degli esordi nel quale Scarlett appunto faceva una baby sitter maldestra. Se a letto fa scintille con i bambini non ci sa proprio fare.
Con quella bocca le conviene recitare perché sul grande schermo risalta in tutta la sua carnale sensualità fatta da dolcissimi abbandoni nelle storie d’amore e di scattante dinamismo in quelli d’azione.
La prova teatro è stata la sfida più difficile che ha superato con La Gatta Sul Tetto che Scotta, girato quasi tutto in sottoveste bianca, tratto dal film omonimo con Elizabeth Taylor.A poco più di trent’anni Scarlett ha raggiunto la maturità di una grande professionista anche se non ha mai ricevuto un Oscar perché i suoi ruoli sono fin troppo sensuali con una carnalità che sa di pane fresco, di aria buona e di cibo genuino di campagna, così come aveva dimostrato con personaggi in costume. Il più accattivante era quello dell’Altra Donna Del Re, nel quale si differenziava da Anna Bolena sua sorella nel fare l’amore dolcemente e con tanto sentimento mentre la sorella poi diventata regina veniva iniziata dal Re con uno stupro alle spalle di sorpresa e la Joahnsson si scioglieva con delicata e conturbante innocenza anche nel film Nella Ragazza dall'Orecchino di Perla.
Ma non è certo l’Oscar che le manca perché Scarlett Johansson è richiestissima. Fin troppo si potrebbe dire perché sta intraprendendo molte strade con le quali non è possibile sempre primeggiare.
Infatti deve spesso dividere la scena con qualche antagonista, che nell’ultimo film Hithcock è Ellen Mirren ormai nota come The Queen. Infatti nel film è la moglie del grande regista che lo comanda dietro le quinte fino a scegliere le protagoniste dei suoi film e tra questi proprio Psyco nei quali Scarlett ripropone la scena della pugnalata sotto la doccia. Una scena raccappricciante suggerita proprio dalla moglie vera per “punire” le favorite artistiche del regista delle quali era gelosa e complice. Sono molte le star in America che hanno tante velleità specie teatrali incontrando spesso molte delusioni, come Katie Holmes per esempio che non è mai riuscita ad emergere in nessun campo se non come moglie di Tom Cruise. E non per molto per cui si deve accontentare dell’assegno alimentare.
Insomma tempi duri anche per le grandi star, specie le attrici che arrivano alla soglia dei quarant’anni, perché è il momento in cui devono dimostrare di saper fare un mestiere che vada oltre la Graziosa bocca di rosa. Scarlett c’è riuscita.
UNA BOCCA DA BACIARE
Insomma una sorta di superman in gonnella tradotta dai cartoon a bambola meccanica tutta di carne.
La svolta della Scarlett è curiosa perchè sembra orientata su queste eroine superdotate dopo aver conquistato le platee con tanto love, così come enunciato nello spot Dolce e Gabbana che avrà voluto esaltare mettendosi in gioco in ruoli opposti fra di loro: uno Dolce e l'altro Gabbana, come volevasi dimostrare. Che poi tradotto è la metafora del dualismo di ogni essere umano quando il maschile e il femminile viaggiano di pari passo senza mai intrisecarsi fra di loro pur convivendo insieme.
Così se la scelta di Scarlett Joahsson potrà anche risultare interessante, il pubblico non la domenticherà mai come la fragile Nora di Match Point quando sotto la pioggia in un campo di grano si metteva a nudo per far l'amore senza sapere di essere la vittima sacrificale dello spietato amante. E non era un alieno tanto meno un cerebrale ma solo un campione di ping pong.
SCARLETT JOHANSSON, FATALE MASSACRO.
Nel film IRON MAN 2, accanto alla protagonista Gwyneth Paltrow c’è un’autentica sorpresa: Scarlett Johansson nei panni di una massacratrice di maschi, esperta di arti marziali.
Missione riuscita in pieno, per scrollarsi di dosso l’aura bamboleggiante che aveva acquisito grazie al suo fisico sensuale e a quel rifiuto plateale di Obama nel riconoscerla come sua fan preferita, relegandola al ruolo di oca giuliva.
Eppure i suoi film sono di tutto rispetto in un percorso che va dal drammatico a quello noir mettendo in risalto un appeal di femme fatale.
Alleggerito con una deliziosa farfallina in testa, portata con molta ironia nello sfilare sul red carpet di Venezia alcuni anni fa.
Un’entrata memorabile. Tanto era bastato per cancellare tutto il suo curriculum di attrice e grande star, per dare spazio a quello di farfallina in volo.
Ma a comprendere il suo vero talento dietro la maschera di fica-oca, è stato il regista Woody Allen che l’ha diretta in tre films.
Con il primo film, Scoop, le fa interpretare una giornalista ingenua e svampitella che tra uno scoop e l’altro (rivolto al partner belloccio e fisicato Hugh Jakcman) riesce ad infilare quello giusto, giornalisticamente parlando, districandosi fra i meandri del mondo dei Tarocchi e serial killer di prostitute. Un’associata vista con finalità diaboliche e a delinquere, una sorta di mafia occulta alla quale nulla si può opporre e dalla quale Scarlett Johansson si sfila con un leggero battito d’ali e un pizzico di furbizia, acquisita grazie alle continue batoste della vita alle quali inevitabilmente destinata per la sua trasparente ingenuità.
Nel secondo, invece, Match Point, Woody inquadra la Johansson in un contesto alto borghese dove fa girar la testa agli uomini di famiglia, rimettendoci la vita quando viene messa in condizioni di inferiorità dal suo amante senza scrupoli il quale, dopo aver bruciato di passione, si disfa di lei per mantenere il suo posto al sole sposando la ricca ereditiera.
E bruciando di passione, con scene altamente erotiche, Scarlett incendia lo schermo, facendo tabula rasa di tutti gli altri interpreti messi in ombra.
Nel terzo Vicky Cristina e Barcellona Scarlett da il primo bacio lesbo a Penelope Cruz così sdoganato da Woody Allen, colpito dalla farfallina in testa, che ha aperto la corsa delle star alla serie delle lesbo-chic: un ruolo che non può più mancare nel curriculum di un'attrice che si rispetti. Come dire che non sei nessuna se almeno una volta non hai fatto lingua in bocca o in lecca lecca.
Con Iron Man2 la Johansson, completamente cambiata anche nel look perché da bionda si è fatta scura di un rosso mogano inquietante, ha messo le cose in chiaro facendosi valere come attrice versatile e dinamica sempre in piena evoluzione.
Infatti il ruolo a seguire, fra i più attesi, è stato quello di “vedova nera”.Più fatale di così...
UNA BOCCA PER RECITARE
Chi l’avrebbe detto che Scarlett Johansson fosse una grande attrice? Io per prima perché le avevo dedicato anni fa un ritratto “Una bocca da Baciare”.
Altro che baciare. Da recitare. Scarlett Johansson ha vinto il premio Tony Award 2011 per l’interpretazione di uno Sguardo dal Ponte di Arthur Miller un’opera teatrale nella quale l’attrice si è impegnata al massimo, fra un bacetto e l’altro a Sean Penn, anche lui grande attore che l’ha sostenuta in questo suo percorso di attrice teatrale.
Il Teatro è una prova difficile da superare per molti attori perché si mettono in scena di persona con la loro voce senza gli effetti speciali dello schermo televisivo o cinematografico nei quali conta soprattutto la bellezza.
Attrici come Julia Roberts per esempio hanno fatto flop. Nella sua prima teatrale a Londra della pièce “Three days of rain” scritta da Richard Greenberg si legge nella recensione: “… ad un certo punto la sua faccia teatrale ha dovuto lasciare spazio ad un largo sorriso (a cattivo gioco) quando un pomodoro che avrebbe dovuto spiaccicarsi sul palco è invece rimbalzato come una palla da tennis”.
Galeotta fu la pallina anche per Scarlett che con Match Point (visto recentemente in Tv) nel ruolo di Nora incontrava un maestro da tennis Jonathan Rhys Meyers (Enrico VIII nei Tudors) col quale iniziava palleggiando a ping pong mentre la fiamma della passione cominciava ad ardere fino a spegnersi con un colpo di fucile che lui sparava per schiodarla dalla sua vita mirando a una ricca ereditiera, per attaccar il cappello al chiodo.
Stranamente dopo quel film a sparire dalle scene è stato proprio lui, visto per l’ultima volta fra le vie di Londra dimesso e alle prese con le borse della spesa come un ragazzo qualunque, mentre Scarlett inanellava, un trionfo dietro l’altro al cinema a Teatro in politica e a capo di una band.
Se la carriera è sempre andata, e non si fa per dire, col vento in poppa, la vita privata è stato tutto un susseguirsi di delusioni fra mariti divorziati e amanti scapestrati come Sean Penn che dopo il successo teatrale l’aveva presa in prova in coabitazione per vedere come se la cavasse come baby sitter per le sue bambine. Un disastro annunciato perché ripercorreva la storia di un film degli esordi nel quale Scarlett appunto faceva una baby sitter maldestra. Se a letto fa scintille con i bambini non ci sa proprio fare.
Con quella bocca le conviene recitare perché sul grande schermo risalta in tutta la sua carnale sensualità fatta da dolcissimi abbandoni nelle storie d’amore e di scattante dinamismo in quelli d’azione.
La prova teatro è stata la sfida più difficile che ha superato con La Gatta Sul Tetto che Scotta, girato quasi tutto in sottoveste bianca, tratto dal film omonimo con Elizabeth Taylor.A poco più di trent’anni Scarlett ha raggiunto la maturità di una grande professionista anche se non ha mai ricevuto un Oscar perché i suoi ruoli sono fin troppo sensuali con una carnalità che sa di pane fresco, di aria buona e di cibo genuino di campagna, così come aveva dimostrato con personaggi in costume. Il più accattivante era quello dell’Altra Donna Del Re, nel quale si differenziava da Anna Bolena sua sorella nel fare l’amore dolcemente e con tanto sentimento mentre la sorella poi diventata regina veniva iniziata dal Re con uno stupro alle spalle di sorpresa e la Joahnsson si scioglieva con delicata e conturbante innocenza anche nel film Nella Ragazza dall'Orecchino di Perla.
Ma non è certo l’Oscar che le manca perché Scarlett Johansson è richiestissima. Fin troppo si potrebbe dire perché sta intraprendendo molte strade con le quali non è possibile sempre primeggiare.
Infatti deve spesso dividere la scena con qualche antagonista, che nell’ultimo film Hithcock è Ellen Mirren ormai nota come The Queen. Infatti nel film è la moglie del grande regista che lo comanda dietro le quinte fino a scegliere le protagoniste dei suoi film e tra questi proprio Psyco nei quali Scarlett ripropone la scena della pugnalata sotto la doccia. Una scena raccappricciante suggerita proprio dalla moglie vera per “punire” le favorite artistiche del regista delle quali era gelosa e complice. Sono molte le star in America che hanno tante velleità specie teatrali incontrando spesso molte delusioni, come Katie Holmes per esempio che non è mai riuscita ad emergere in nessun campo se non come moglie di Tom Cruise. E non per molto per cui si deve accontentare dell’assegno alimentare.
Insomma tempi duri anche per le grandi star, specie le attrici che arrivano alla soglia dei quarant’anni, perché è il momento in cui devono dimostrare di saper fare un mestiere che vada oltre la Graziosa bocca di rosa. Scarlett c’è riuscita.
Polpose, a forma di cuore, le labbra carnose di Scarlett Johansson sono le più sensuali che si possano ammirare nel panorama cinematografico attuale stante la grandezza contenuta in un volume a deliziosa forma di fragola.labbra di Scarlett hanno una marcia in più perché intrise di quella conturbante voluttà, imprigionata nella sua natura ma pronta ad esplodere nell’intimità in una spumeggiata galattica, differenziandosi da tutte le altre che inducono a pensare come a forme cavernose di voracità aggressiva.
Quelle della Johansson sono un irresistibile richiamo di un tiro al bacio con pennellata ad arte perché ne esaltano la dolce femminilità accentuata dalla statura piccola ma sinuosa, dallo sguardo vellutato, dal perfetto ovale del viso di fine porcellana, incorniciato da una cascata di capelli finissimi color miele.Come un’icona antica, la sua immagine rapisce coniugando perfettamente l’aria virginale alla corposa carnalità, in un mix afrodisiaco di scattante eccitazione estatica da sindrome di Sthendall.
Insomma, è bella da svenire.
Woody Allen ne è rimasto folgorato tanto da averla diretta in tre films: Scoop, Match Point e Vicky Cristina e Barcelona
Un onore riservato solo alle sue più importanti muse ispiratrici come Mia Farrow e Diane Keaton, compagne della sua vita perché, secondo Woody, Scarlett è tutta speciale. Una frase che ha inserito nel suo primo film Match Point dove lei mette in stato di “allerta” il suo aspirante amante dicendogli: “Gli uomini sono attratti da me perché pensano che io sia speciale”. “E lo sei?” chiede il partner……, Ovviamente sì, visto che a soli 22 anni era già una diva affermatissima con alle spalle 20 film e tante esperienze di vita accumulate. Dicono che a Hollywood non se ne sia perso uno. Compreso Woody. Lui, di solito così distaccato con le attrici dei suoi film di cui si innamora solo idealmente, con Scarlett ha fatto un'eccezione. Lei è speciale.
Un onore riservato solo alle sue più importanti muse ispiratrici come Mia Farrow e Diane Keaton, compagne della sua vita perché, secondo Woody, Scarlett è tutta speciale. Una frase che ha inserito nel suo primo film Match Point dove lei mette in stato di “allerta” il suo aspirante amante dicendogli: “Gli uomini sono attratti da me perché pensano che io sia speciale”. “E lo sei?” chiede il partner……, Ovviamente sì, visto che a soli 22 anni era già una diva affermatissima con alle spalle 20 film e tante esperienze di vita accumulate. Dicono che a Hollywood non se ne sia perso uno. Compreso Woody. Lui, di solito così distaccato con le attrici dei suoi film di cui si innamora solo idealmente, con Scarlett ha fatto un'eccezione. Lei è speciale.
TUTTI PAZZI PER UN CAVALLO
Negli spot pubblicitari degli anni 80 c’era un cavallo bianco selvaggio che correva in riva al mare ripreso al rallenty per reclamizzare il bagno schiuma Vidal Pino Silvestre.
E’ curioso che a vincere nelle ultime olimpiadi a Londra sia proprio Zara Philyps con una medaglia d’argento come cavallerizza.
Zara Philyps è il vero orgoglio della Casa Reale Windsor anche se poi il ruolo di rappresentanza e beneficenza è stato relegato a Kate Middleton, la quale è stata messa all’opera dalla Regina Elisabetta come globe-trotter.
Si fa per dire ovviamente perché a trottare al galoppo è solo Zara mentre Kate sta facendo molta strada nelle sfilate fra i sudditi per esibire il piccolo George la vera star di Casa Reale per cui beneficienza e welfare sono passati a Camilla Duchessa di Cornovaglia vista recentemente a premiare Angelina Jolie per il suo impegno umanitario.
Ma le curiosità non sono ancora finite perché in concomitanza della medaglia a Zara si è verificata la morte di Gore Vidal l’autore del Caligola dal quale Tinto Brass ha tratto il film Io Caligola, di Vidal. Appunto.
Un film che negli anni 70 aveva fatto molto scandalo perché la versione era di genere pornografico.
Caligola è quell’Imperatore passato alla Storia per la citazione “Il Mio Regno per Un Cavallo”.
Da qui forse l’origine dello spot Vidal bagno schiuma, con il cavallo e vedremo perché.
L’imperatore Caligola è stato anche impersonato sotto il nome di Commodo nel film Il Gladiatore di Ridley Scott che ha ideato la storia basandosi su fatti reali dell’antica Roma.
Anche Gore Vidal ha ideato la storia di Caligola basandosi su fatti reali tramandati con il passaparola da generazioni a generazioni fino ai giorni fino a diventar leggenda.
La quale, tra le tante, racconta che Poppea moglie di Nerone facesse il bagno nel latte d’asina per idratare al meglio la sua pelle.
Gore Vidal è andato oltre senza lavorar di fantasia perché la sua teoria attualmente è stata provata scientificamente.
Per idratare al meglio la pelle l’autore aveva immerso una delle protagoniste del suo racconto (Adriana Asti nel film) in un bagno di sperma dei suoi schiavi. Il film allora era stato censurato anche se il risultato era eccellente.
Infatti in America lo sperma è stato sperimentato come base di creme di bellezza con risultati stupefacenti così come è stato illustrato nel serial NiP &
Tuck ambientato in uno studio di chirurgia plastica con due medici aperti e senza pregiudizi, che lo proponevano alle clienti come prodotto molto esclusivo nonostante di sperma se ne trovi in quantità.
Infatti è difficile che trovi larga diffusione perché, dovendolo indicare nelle etichette, non troverebbe forse molti consensi da parte delle signore-bene che storcerebbero il naso a contatto del prodotto con quell’elemento originario.
Che sono poi la maggioranza perché non sono molte le signore disposte a farsi spalmare ia crema allo sperma così come “quelle” che non guardano in faccia a nessuno senza fare distinzione.
E’ una questione di metodo e di principio: un conto è guardare in faccia a un chirurgo che opera manualmente, un altro è guardare in basso a un manovale all’opera!
martedì 22 luglio 2014
IL RITORNO DI CHRISTIAN BALE: INSUPERABILE!
La scena è fulminante: l’anteprima di tutto un film dove il ritmo è incalzante fino alla vincita finale. Di suo fratello.
Ma la vittoria è tutta sua . Un Oscar 2011 come non protagonista. Fulminante: Christian Bale inizia un monologo delirante per finire con una scarica di pugni: ritmo…ritmo…ritmo e poi il colpo che ti spiezza in due.
Fulmini e saette ecco The Fighter il film che intreccia la storia di due fratelli con il campione che passa il titolo, dopo varie traversie in cui si fronteggiano come nemici, al più piccolo, supportato dalla volontà di emergere della compagna (Amy Adams) in versione barista di periferia tracagnotta, rude e volgare, giusta per un peso massimo. Infatti mette in riga il primo campione per far vincere il suo campione del quale è innamorata. Fulmini e saette squarciano il ring ed i fratelli si riuniscono come campioni del mondo.
Poteva bastare? Invece no. Christian Bale ritorna con una scarica di pugni con il film Il Fuoco della Vendetta per vendicare il fratello minore morto, Casey Affleck, perchè preso da una spirale di un ring dal pugno proibito dove i colpi bassi mettono KO il pacco insieme al conto di tanti pacchetti della droga.
Ritmo ritmo ritmo...questa volta il ritmo è davvero fulminante perchè la vendetta perpetrata è feroce fino all'ultimo respiro dell'antagonista Woody Arrelson, che appare a sorpresa a muso duro dopo il ruolo di innamorato penalizzato a corna da Demi Moore con Proposta Indecente.
Il cast è stellare, prodotto da Leonardo Di Caprio, con Affleck Casey nel ruolo del fratello Willem Dafoe in quella del bookmaker di una lotta estrema e Zoe Saldana (la blue Naive di Avatar) come fidanzata che comunque non fa serie “fighe-di-spessore” alla Amy Adams, questo va detto.
Il mattatore è ancora una volta lui Cristian Bale che si conferma come attore di prim'ordine sia che vesta i panni da eroe dei fumetti che quello dai fumini sempre accesi in una vita fuori dall'ordinario spericolata e sempre sul filo del rasoio: vedi da ultimo l'eccellente prova di American Hustle dove recitava con pancetta e pochi capelli in testa senza mai perdere in fascino virile riuscendo ad emergere fra tutto il panorama delle star Hollywoodiane come attore di gran classe. Insuperabile.
Ma la vittoria è tutta sua . Un Oscar 2011 come non protagonista. Fulminante: Christian Bale inizia un monologo delirante per finire con una scarica di pugni: ritmo…ritmo…ritmo e poi il colpo che ti spiezza in due.
Fulmini e saette ecco The Fighter il film che intreccia la storia di due fratelli con il campione che passa il titolo, dopo varie traversie in cui si fronteggiano come nemici, al più piccolo, supportato dalla volontà di emergere della compagna (Amy Adams) in versione barista di periferia tracagnotta, rude e volgare, giusta per un peso massimo. Infatti mette in riga il primo campione per far vincere il suo campione del quale è innamorata. Fulmini e saette squarciano il ring ed i fratelli si riuniscono come campioni del mondo.
Poteva bastare? Invece no. Christian Bale ritorna con una scarica di pugni con il film Il Fuoco della Vendetta per vendicare il fratello minore morto, Casey Affleck, perchè preso da una spirale di un ring dal pugno proibito dove i colpi bassi mettono KO il pacco insieme al conto di tanti pacchetti della droga.
Ritmo ritmo ritmo...questa volta il ritmo è davvero fulminante perchè la vendetta perpetrata è feroce fino all'ultimo respiro dell'antagonista Woody Arrelson, che appare a sorpresa a muso duro dopo il ruolo di innamorato penalizzato a corna da Demi Moore con Proposta Indecente.
Il cast è stellare, prodotto da Leonardo Di Caprio, con Affleck Casey nel ruolo del fratello Willem Dafoe in quella del bookmaker di una lotta estrema e Zoe Saldana (la blue Naive di Avatar) come fidanzata che comunque non fa serie “fighe-di-spessore” alla Amy Adams, questo va detto.
Il mattatore è ancora una volta lui Cristian Bale che si conferma come attore di prim'ordine sia che vesta i panni da eroe dei fumetti che quello dai fumini sempre accesi in una vita fuori dall'ordinario spericolata e sempre sul filo del rasoio: vedi da ultimo l'eccellente prova di American Hustle dove recitava con pancetta e pochi capelli in testa senza mai perdere in fascino virile riuscendo ad emergere fra tutto il panorama delle star Hollywoodiane come attore di gran classe. Insuperabile.
lunedì 21 luglio 2014
VERDI FESTIVAL SOTTO ATTACCO, ATTO SECONDO
Due sovrintendenti (uno manageriale e l'altro artistico) del Regio non sono riusciti a farlo decollare facendo affossare il Festival Verdi.
Bastava eliminarlo senza renderlo ridicolo con una sola opera in cartellone e tanti eventi collaterali a fare coro. Sì col trombone.
Una stagione lirica importante dovrebbe bastare alla quale inserire obbligatoriamente opere di Verdi fra le altre di vari autori.
Il buon senso suggerirebbe così. Giuseppe Verdi è stato celebrato abbastanza al Regio per cui si potrebbero allestire tournée in tutto il mondo così come fanno i Teatri di Brodway (v. Alvin Ailey American Dance Theater) o quelli del Bolshoji, il Teatro alla Scala, quello di Londra o di Montecarlo.
Il problema è che il Teatro Regio non produce le opere di Verdi perchè non c'è una scuola per i giovani cantanti specializzati su questo autore non c'è più un'Orchestra del Teatro Regio con un Direttore a dirigere come il maestro Foggiani con il Coro.
Infatti di tutto l'ambaradan del Teatro Regio l'unico ad avere un'identità ben definita di Parma e Teatro Regio è proprio il Coro che in tante Opere di Verdi è sempre molto importante.
L'Orchestra Toscanini che resti al Toscanini.
Insomma il Teatro dovrebbe avere una sua identità ben precisa curando costumi e scenografie oltre ad "allevar" cantanti al Conservatorio (un tempo glorioso) per poi pensare ad esportare senza necessariamente dover sempre puntare sul turismo visto che i turisti di passaggio a Parma non trovano ospitalità adeguata con la chiusura dei Bar e Ristoranti tipici alla domenica!
Il problema sono i costi troppo elevati dei sovrintendenti che vengono da altre città pensando di risanare il bilancio senza tener conto delle tradizioni del territorio e dell'ambiente. Che andrebbero rispettati.
La sera del 16 luglio per esempio su Rai 5 c'era un'opera lirica, La Traviata, con ambientazione rinnovata e corretta in senso moderno. Purtroppo nella forma ma non nel linguaggio.
La soprano Patrizia Ciofi cantava in giarrettiera nera (in una versione al Regio di Torino faceva addirittura il verso a Marilyn Monroe quando cantava Diamond) facendo perdere l'aura drammatica che le vesti “barocche” delle opere tradizionali invece supportano.
La scena che doveva essere drammatica risultava ridicola con lei mezza nuda e lui in doppio petto che dialogavano più o meno così: “Quando voi mi diceste che mi amavate m'infiammaste il core e me' meschina cedetti alle vostre lusinghe”. “Orsù tacete: in cor mio quell'attimo v'ho tenuto...”
Al giorno d'oggi non si parla così per cui andrebbero corretti anche i testi. Impresa ancor più ardua della riforma della Costituzione!
La comica dell'opera in questione era un po' come la Marini (chew tra l'altro aveva firmato una serie di intimo da letto denominato proprio Diamond) con il film Bambola che nel finale drammatico nel quale lei piangeva a dirotto sull'amante morto il regista Bigas Luna si posava sul suo cul facendo arrabbiare la Valeriona nel sentirsi penalizzata e incompresa, anche se il lato b) come metafora ci poteva stare, comunque. Ma Bigas Luna era un regista bizzarro che la Marini (interprete) non poteva capire. Infatti non l'ha capito nemmeno la critica che si è scatenata prendendola in torta trascinando anche il pubblico.
Purtroppo se uno lavora per il pubblico deve anche farsi capire: dalla critica in primis e dal pubblico dopo. Non sempre i due coincidono ma questo non è importante a meno che non ci sia un deficit da sanare. Ad ogni modo penso che il Teatro Regio dovrebbe orientarsi sul fattore tradizione ed export.non tralasciando il fatto che se anche compri due devi pagarli come uno. Invece ora c'è il rischio che ricomprino Meli il quale vorrà il doppio... dei due che han lasciato!
Battute a parte è stato interessante ascoltare che per rilanciare il Regio bisogna orientarsi sulla sperimentazione lavorando in sinergia con l'Università che già ha il suo daffare per cercare fondi per la Ricerca in genere. Ma cerca qui e cerca là qualche sponsor finirà per convincersi che le Opere di Verdi al Teatro Regio si possano allestire in chiave moderna, magari con l'Otello bianco e Jago nero così tanto per fare una rivisitazione rivoluzionaria giusta per instaurare discussioni (come per le Lavandaie del Macbeth che avevano scatenato l'ira dei Loggionisti facendoli riemergere dal torpore nel quale da tempo sono immersi) sperando così di attirare l'attenzione più di quanto faccia un'opera curata nel suo allestimento.
E non dico con la meticolosità di un Luchino Visconti o Franco Zeffirelli ma almeno cercare di fare tentativi per emularli nell'impegno. E nella ricerca. Perchè loro in tal settore si impegnavano personalmente mettendoci giustamente la loro firma.
Altrimenti si rischia di arrivare al voto collettivo come si faceva nelle Università dopo la Rivoluzione del '68 che ha creato una generazione di somari. Purtroppo padri e dirigenti delle generazioni dei quarant'enni di oggi!
Questo è quanto ma chi fa chiacchiere non fa certo frittelle per cui occorre non perdere altro tempo mettendosi all'Opera perchè il Festival Verdi possa restare a Parma. Basta cercare i fondi. E allora che la caccia cominci. Andiamo avanti in barba alla Patrizia Maestri (che forse le scappa da ridere. Eh eh eh).
NON ENTRATE IN QUEL GIARDINO...
FEDERICO ZAMPAGLIONE: SHADOW E TULPA
I ferri del chirurgo sono le nuove armi di incisione che fanno salire l’audience: ad effetto seduzione quelle di chirurgia plastica e a combattere il male per quelle in sala operatoria.
L’una e l’altra sembrava che avessero fatto il loro tempo scemando l’interesse per queste pratiche dopo tanti format in cui si cambiavano i connotati in diretta, o tanti serial di Dr.House e Grey’s Anatomy o molte altre serie Tv in varie location Pronto Soccorso.
Invece il filone d’oro è stato ritrovato con i ferri chirurgici in mano al mostro macellaio di turno che infierisce sulle vittime nei film Horror con colpi di bisturi usati come una sorta di Zorro colpendo con tanti punitivi zac zac per lasciare il segno sulla pelle tagliando sadicamente parti anatomiche.
L’America ha da sempre detenuto il primato degli splatters, ma anche in Italia un regista come Dario Argento ha dato un notevole contributo al genere. Ultimamente si è fatto conoscere anche il regista Federico Zampaglione, compagno di Claudia Gerini colpendo con il film Shadow con una sceneggiatura originale in un ambiente molto suggestivo come le montagne d’Europa nel quale scorrazzare in Mountain Bike.
Una corsa in bicicletta effettuata di ritorno dalla Guerra in Iraq nel quale il protagonista fa degli incontri piacevoli con una ragazza (Angeline) anche lei amante della bici che si traducono poi in fughe da cacciatori per finire a rifugiarsi insieme in un antrone degli orrori dove vengono effettuate torture di ogni genere.
Zampaglione ci riprova con Tulpa, uno splatter-porno-chic ambientato a Roma negli ambienti dei locali notturni nei quali si muovono personaggi in cerca di emozioni trasgressive sado-maso.
E’ una Roma, ben lontana dallo smalto della Dolce Vita, nella quali i Romani sono degenerati con una vita notturna inquietante animata da personaggi in cerca di ogni fra rituali satanici e colpi di bisturi assassini come una sorta di Eyes Wide Shute.
La protagonista è Claudia Gerini l’attrice più eclettica del cinema italiano perché, dopo essere esplosa con Viaggi di Nozze nel mitico ruolo di Jessica in coppia con Ivano (Carlo Verdone), ha saputo entrare con credibilità in ruoli drammatici sia al cinema con una memorabile interpretazione in Non Ti Muovere nel quale si confrontava con la bravissima Penelope Cruz, che in TV nella fiction Francesca e Nunziatina con Sophia Loren la quale si vociferava allora fosse stata mossa un tantino da gelosia verso l’interpretazione della Gerini risultata più spontanea ed accattivante rispetto a quella di maniera, alla napoletana, della Loren.
Ma la prova che ogni grande attrice deve superare è quella del film Horror che molte star Hollywodiane affrontano anche all’apice della carriera ma in corsa all’Oscar così come Jennifer Lawrence per esempio, sugli schermi con House at the End of Street un film genere Non Aprite quella Porta lo splatter al quale si è ispirato anche Zampaglione con Shadow cercando poi il salto di qualità con questo nuovo lavoro Tulpa, ambientato in locali di lusso, belle donne e sesso sado-maso in coppia o in gruppo.
Insomma un porno-chic e choc con morti a sorpresa perché la protagonista che si mette ad indagare di persona sui delitti entra in una spirale di orrore inimmaginabile. Immaginando però che il film sia interessante come Shadow non ci resta che andarlo a vedere. (Mercoledì nei Giardini della Paura).
TRE PASSI NEL DELIRIO
Quanti appuntamenti cinematografici alle arene estive! Mercoledì, ai Giardini di S.Paolo con i Giardini della Paura. Tutto un programma.
Meglio andare accompagnati perché percorrendo il vialone dell’entrata per poi imboccare il piccolo sentiero costeggiati da fitti cespugli, l’atmosfera che si comincia a respirare è delle più inquietanti. Finalmente raggiunta la piccola area aperta allo spettacolo, il folto gruppo di persone che la occupa rasserena gli animi…fino al momento di visionare la pellicola con le “pizze”che girano su una di quelle macchine che si usano tutt’ora negli oratori.
Il genere è horror, un filino datato e con l’audio che lascia alquanto a desiderare. Gli effetti speciali farebbero inclinare piuttosto verso l’ilarità, ma invece di strappare un sorriso continuano a far paura per la mancanza totale di ironia. Il genere selezionato fa parte di quella serie ormai dimenticata e girata sulla scìa in cui eccellevano interpreti come Barbara Steel (la Vergine di Ferro), Vincent Price (Il Pozzo e il Pendolo) e Christopher Lee in Dracula il vampiro.
Ma se non devi pagare perché non approfittare? E allora andiamo pure a visionare questo genere horror-cult a cui ci piacerebbe venissero inclusi tanti film come per esempio “Tre passi nel delirio” diretto da autori come Roger Vadim con una strepitosa e ancor giovane Jane Fonda, nel primo episodio, nei panni di una contessina ricca e viziata dedita a triangoli e orge che, dopo aver ucciso il cugino perché respinta, si suicida.(Zac!)
E di Louis Malle, nel secondo, con una intrigante Brigitte Bardot in versione mora con sigaro in bocca, impegnata in una partita a carte con un sadico Alain Delon, che duetta col suo alter ego per cui, avendo vinto la partita, finisce col frustare B.B. per poi uccidersi perché tormentato dal suo doppio.(Zac!)
Ed infine, quello di Federico Fellini che dirige Terence Stamp in una corsa folle su una rossa Ferrari che lancia in volo per attraversare un baratro ma viene tranciato nella testa da un cavo di acciaio che sbarra la fine della strada.(E zac!)
Eh, roba da cinema d’Essai in cui c’è sempre da imparare e sicuramente, molti li riguarderebbero volentieri insieme ad altri films conditi di ironia come Rocky Horror, Frankestein junior( “Frankestin” diceva Gene Wilder e “Lupo ululì, lupo ululà”diceva Marty Feldman). o “Per favore non mordermi sul collo” di Roman Polansky.
Bellissima e memorabile è quella scena in cui i due protagonisti, Sharon Tate e Polansky, mescolandosi agli ospiti di un castello in una sala da ballo a pareti a specchio, vedendo riflesse solo le loro due immagini, finiscono con un fuggi fuggi inseguiti dai vampiri affamati.
E questo potrebbe essere un film che si presta ad un Remake applicato al mondo della comunicazione globale (dove si trovano ormai gli ultimi vampiri a corto non di sangue, visto che l’anemia è stata da tempo combattuta, ma di idee) magari rivisitato e corretto con un titolo più congeniale: Per favore non cliccatemi sul collo.
Con i giornalisti messi alle strette, tutti riuniti in una sala a specchi, ci sarebbe molto da ridere nel vedere quanti di loro hanno le immagini riflesse! Diciamo, grosso modo…Treciento: chi l’ha duro la vince? Oh, pardon, dimenticavo di dire che, prima del fuggi fuggi, Polansky non era riuscito a schivare il morso di un vampiro. E allora purtroppo bisogna proprio correggere e dir “300”: destinazione fine.
I ferri del chirurgo sono le nuove armi di incisione che fanno salire l’audience: ad effetto seduzione quelle di chirurgia plastica e a combattere il male per quelle in sala operatoria.
L’una e l’altra sembrava che avessero fatto il loro tempo scemando l’interesse per queste pratiche dopo tanti format in cui si cambiavano i connotati in diretta, o tanti serial di Dr.House e Grey’s Anatomy o molte altre serie Tv in varie location Pronto Soccorso.
Invece il filone d’oro è stato ritrovato con i ferri chirurgici in mano al mostro macellaio di turno che infierisce sulle vittime nei film Horror con colpi di bisturi usati come una sorta di Zorro colpendo con tanti punitivi zac zac per lasciare il segno sulla pelle tagliando sadicamente parti anatomiche.
L’America ha da sempre detenuto il primato degli splatters, ma anche in Italia un regista come Dario Argento ha dato un notevole contributo al genere. Ultimamente si è fatto conoscere anche il regista Federico Zampaglione, compagno di Claudia Gerini colpendo con il film Shadow con una sceneggiatura originale in un ambiente molto suggestivo come le montagne d’Europa nel quale scorrazzare in Mountain Bike.
Una corsa in bicicletta effettuata di ritorno dalla Guerra in Iraq nel quale il protagonista fa degli incontri piacevoli con una ragazza (Angeline) anche lei amante della bici che si traducono poi in fughe da cacciatori per finire a rifugiarsi insieme in un antrone degli orrori dove vengono effettuate torture di ogni genere.
Zampaglione ci riprova con Tulpa, uno splatter-porno-chic ambientato a Roma negli ambienti dei locali notturni nei quali si muovono personaggi in cerca di emozioni trasgressive sado-maso.
E’ una Roma, ben lontana dallo smalto della Dolce Vita, nella quali i Romani sono degenerati con una vita notturna inquietante animata da personaggi in cerca di ogni fra rituali satanici e colpi di bisturi assassini come una sorta di Eyes Wide Shute.
La protagonista è Claudia Gerini l’attrice più eclettica del cinema italiano perché, dopo essere esplosa con Viaggi di Nozze nel mitico ruolo di Jessica in coppia con Ivano (Carlo Verdone), ha saputo entrare con credibilità in ruoli drammatici sia al cinema con una memorabile interpretazione in Non Ti Muovere nel quale si confrontava con la bravissima Penelope Cruz, che in TV nella fiction Francesca e Nunziatina con Sophia Loren la quale si vociferava allora fosse stata mossa un tantino da gelosia verso l’interpretazione della Gerini risultata più spontanea ed accattivante rispetto a quella di maniera, alla napoletana, della Loren.
Ma la prova che ogni grande attrice deve superare è quella del film Horror che molte star Hollywodiane affrontano anche all’apice della carriera ma in corsa all’Oscar così come Jennifer Lawrence per esempio, sugli schermi con House at the End of Street un film genere Non Aprite quella Porta lo splatter al quale si è ispirato anche Zampaglione con Shadow cercando poi il salto di qualità con questo nuovo lavoro Tulpa, ambientato in locali di lusso, belle donne e sesso sado-maso in coppia o in gruppo.
Insomma un porno-chic e choc con morti a sorpresa perché la protagonista che si mette ad indagare di persona sui delitti entra in una spirale di orrore inimmaginabile. Immaginando però che il film sia interessante come Shadow non ci resta che andarlo a vedere. (Mercoledì nei Giardini della Paura).
TRE PASSI NEL DELIRIO
Quanti appuntamenti cinematografici alle arene estive! Mercoledì, ai Giardini di S.Paolo con i Giardini della Paura. Tutto un programma.
Meglio andare accompagnati perché percorrendo il vialone dell’entrata per poi imboccare il piccolo sentiero costeggiati da fitti cespugli, l’atmosfera che si comincia a respirare è delle più inquietanti. Finalmente raggiunta la piccola area aperta allo spettacolo, il folto gruppo di persone che la occupa rasserena gli animi…fino al momento di visionare la pellicola con le “pizze”che girano su una di quelle macchine che si usano tutt’ora negli oratori.
Il genere è horror, un filino datato e con l’audio che lascia alquanto a desiderare. Gli effetti speciali farebbero inclinare piuttosto verso l’ilarità, ma invece di strappare un sorriso continuano a far paura per la mancanza totale di ironia. Il genere selezionato fa parte di quella serie ormai dimenticata e girata sulla scìa in cui eccellevano interpreti come Barbara Steel (la Vergine di Ferro), Vincent Price (Il Pozzo e il Pendolo) e Christopher Lee in Dracula il vampiro.
Ma se non devi pagare perché non approfittare? E allora andiamo pure a visionare questo genere horror-cult a cui ci piacerebbe venissero inclusi tanti film come per esempio “Tre passi nel delirio” diretto da autori come Roger Vadim con una strepitosa e ancor giovane Jane Fonda, nel primo episodio, nei panni di una contessina ricca e viziata dedita a triangoli e orge che, dopo aver ucciso il cugino perché respinta, si suicida.(Zac!)
E di Louis Malle, nel secondo, con una intrigante Brigitte Bardot in versione mora con sigaro in bocca, impegnata in una partita a carte con un sadico Alain Delon, che duetta col suo alter ego per cui, avendo vinto la partita, finisce col frustare B.B. per poi uccidersi perché tormentato dal suo doppio.(Zac!)
Ed infine, quello di Federico Fellini che dirige Terence Stamp in una corsa folle su una rossa Ferrari che lancia in volo per attraversare un baratro ma viene tranciato nella testa da un cavo di acciaio che sbarra la fine della strada.(E zac!)
Eh, roba da cinema d’Essai in cui c’è sempre da imparare e sicuramente, molti li riguarderebbero volentieri insieme ad altri films conditi di ironia come Rocky Horror, Frankestein junior( “Frankestin” diceva Gene Wilder e “Lupo ululì, lupo ululà”diceva Marty Feldman). o “Per favore non mordermi sul collo” di Roman Polansky.
Bellissima e memorabile è quella scena in cui i due protagonisti, Sharon Tate e Polansky, mescolandosi agli ospiti di un castello in una sala da ballo a pareti a specchio, vedendo riflesse solo le loro due immagini, finiscono con un fuggi fuggi inseguiti dai vampiri affamati.
E questo potrebbe essere un film che si presta ad un Remake applicato al mondo della comunicazione globale (dove si trovano ormai gli ultimi vampiri a corto non di sangue, visto che l’anemia è stata da tempo combattuta, ma di idee) magari rivisitato e corretto con un titolo più congeniale: Per favore non cliccatemi sul collo.
Con i giornalisti messi alle strette, tutti riuniti in una sala a specchi, ci sarebbe molto da ridere nel vedere quanti di loro hanno le immagini riflesse! Diciamo, grosso modo…Treciento: chi l’ha duro la vince? Oh, pardon, dimenticavo di dire che, prima del fuggi fuggi, Polansky non era riuscito a schivare il morso di un vampiro. E allora purtroppo bisogna proprio correggere e dir “300”: destinazione fine.
domenica 20 luglio 2014
ALISON LOHMAN L'INNOCENZA PERDUTA
Se l’America ha perso la sua fidanzatina (dopo Meg Ryan nessuna), ha però ritrovato la sua Lolita, tipica teen ager della nuova generazione di America Beauty.
Ad incarnarla si sono messe in gioco varie stelline emergenti (dopo il flop clamorosodi Mena Suvari e Thora Birch le Lolite interpreti del film, delle quali si è persa traccia), con commedie rosa sexy le quali al massimo fanno sognare le ragazze per copiarne le mises e sbadigliare i ragazzi che, stante l’ondata di femminea aggressività, sognano ben altro. Trans inclusi.
Ad emergere nel recente panorama cinematografico sono due interpreti interessanti che, stranamente e, guarda caso, nascono come figlie dell’attrice Maria Bello. Sono rispettivamente le protagoniste di Niente Velo per Jazira e Flicka.
Se la prima ha seguito le orme di American Beauty con una Lolita in salsa musulmana l’altra, Alison Lohman, ha proseguito con il giusto percorso ad impersonare la teen ager di buona famiglia yankee tutta dolcezze e buoni sentimenti che si lascia travolgere e corrompere da esperienze erotiche e dal vil denaro.
In linea perfetta con i nostri tempi, le nuove generazioni femminili d’assalto sono tutte improntate con una mano in pasta e l’altra in Borsa. Non griffata ma di valore ben più consistente perché è quella di Wall Street, la Borsa d’eccellenza.
Carina e buffetta quanto basta, superato il pericolo anoressia con fisico longilineo ma sensuale, tettine arroganti esibite nude sotto un velo-sottoveste, Alison Lohman si gode pienamente il suo successo sfilando sul Red Carpet come una star.
E giustamente perché con la sua prima prova entusiasmante del film Flicka Alison Lohman (Katy Mc Laughlin) ha dato un’interpretazione molto convincente esprimendo al meglio umori e ardori dell’adolescenza il cui universo è animato soprattutto da animali che da peluche si fanno in carne come amici particolari con i quali bruciare le intime energie ed i bollenti spiriti.
Il suo preferito è un moustag nero (Flicka) che lei cavalca dopo averlo domato e assoggettato, con il quale scorazza felice nella prateria. Non ci vuole Freud per capire che il cavallo è il suo spirito focoso e ribelle che la ragazzina riesce a controllare e incanalare in un percorso di vita al galoppo arrivando vincente al traguardo.
Infatti nella seconda prova importante interpreta un film dalle tematiche scottanti Le False Verità in cui, nel ruolo di una giornalista intraprendente Karen, si intrufola in un rapporto di due conduttori omosessuali (Colin Firth e Kevin Bacon) diventando l’amante di quest’ultimo per poi allargarsi con rapporti lesbo con Alice (Kristin Adamas) venendo poi ricattata dal primo.
Il tutto condito con un linguaggio crudo fra sniffate e rapporti molto espliciti, segnando così la sua prima “caduta da cavallo”.
Il percorso si fa sempre più intrigante con la recente programmazione di Drag Me To Hell, dove la ragazzina Alison (Christine) riesce a vincere su tutti i fronti nella socialità della carriera e business, riuscendo a farla franca anche con il diavolo.
Un demone la tormenta dopo la sua seconda “caduta da cavallo”, provocata dalla scelta di fare una mossa per agevolare la sua carriera a discapito di una signora anziana che rovinerà per sempre. La quale le lancerà una maledizione a cui la piccolina farà marameo.
E qui si coglie la morale di una moderna e cinica favola rivisitata e scorretta, laddove si diceva che per arrivare presto e subito bisogna esser disposti a vendere e uccidere la madre beh, rivisitata e corretta si potrà ben dire che, non è solo la madre, ma pure la nonna.
E la nuova teen ager è servita: rampante, senza scrupoli, pronta a tutto nel confrontarsi con il mondo a costo di restare single e canaglia.
Le resta pur sempre il cavallo, no? L’importante che sia nero…e stallone.
Ma La favola oltre alla morale riserva un colpo di scena: alla fine Alison, quando credeva di aver vinto tutti maledizione compresa, vien colta di sorpresa quando arriva un treno che la risucchia sotto. Carramba che sorpresa!
JAMES GARNER FRA "QUELLE DUE"
Audrey Hepburn, sinonimo di classe ed eleganza, sempre impeccabile, mai fuori dalle righe e perennemente alle prese con storie romantiche faceva sognare le ragazze di borgata che aspiravano d’essere baciate dal principe azzurro.
Baci casti, sotto il chiaro di luna, con abiti rigorosamente haute couture che solo Audrey sapeva portare valorizzandoli con il portamento filiforme da modella.
Fra tanto glamour e fashion chi l’avrebbe detto che Audrey Hepburn si sarebbe avventurata in un film trasgressivo tanto da subire tagli della censura americana?
Il film era “Quelle Due” (tre Oscar) diretto da William Wyler, da lei interpretato insieme a Shirley McLaine, ambientato in una cittadina di provincia dove entrambe insegnavano in una scuola privata diretta da “loro due” (Karen e Martha), legate da un rapporto di amicizia molto solido e stretto.
Ma non fino a quel punto perché divise da un fidanzato (James Garner) che accompagnava una di loro, Audrey-Karen per l’appunto. Mentre Martha, single, le stava un filino addosso con scenate anche isteriche. Che le alunne maliziose, afflitte da bullismo cronico consolidato e supportato da genitori che le avevano viziate, con i loro pettegolezzi maligni trasformavano ben presto la loro amicizia in una relazione gay con conseguenze disastrose perché portava le due maestrine al fallimento, nonostante la scoperta dell’inganno delle scolarette.
Lo stress delle due insegnanti portava anche alla luce la confessione di Martha che si dichiarava effettivamente innamorata di Karen, finendo suicida per l’incapacità di sostenere una tale “vergogna”.
Questo fu il primo ruolo cinematografico rilevante di James Garner (aveva già lavorato nei 5 anni precedenti in piccole parti), che aveva da poco intentato una causa contro la Warner Bros per lasciare la serie televisiva Maverick.
William Wyler gli permise di iniziare a lavorare sul grande schermo e da quel momento in poi, l'attore ebbe una lunga carriera cinematografica e televisiva.
Audrey è stata molto coraggiosa a sostenere questo ruolo, a cui aveva dato un tono particolarmente drammatico) volendo dimostrare di saper andare oltre l’immagine di romantica e caramellosa, con una interpretazione di spessore, senza riuscirci in pieno perché il film veniva girato con tal pudore e sensibilità da esaltare ancor di più la sua grazia ed eleganza.
Confermata e consolidata nell’età matura, quando Audrey Hepburn si è dedicata ai bambini africani, come inviata dell’Unicef, dopo una luminosa carriera in cui aveva già ricevuto tutto: onori, premi, e tanto amore dal pubblico. Un po’ meno dai mariti. Solo con il terzo aveva raggiunto un benefico equilibrio sentimentale da permetterle di dedicarsi serenamente e con consapevolezza, donandosi anima e corpo alla beneficenza. E purtroppo immedesimandosi talmente in quell’impegno da lasciarci anche la vita, dopo aver preso un virus all’intestino proprio fra quella povera gente che aiutava.
Che fosse un angelo, Audrey non ci sono dubbi perché lo dimostrava entrando nello schermo in punta di piedi per irradiarlo di una luminosità abbagliante: gli occhi da cerbiatta, il sorriso gioioso, la figura esile come un grissino facevano pensare a una cerbiatta. Impossibile da prendere ed accarezzare perché fuggiva via da un film all’altro sempre più elegante, lasciando il mondo intero affascinato. L’attesa era forte per ogni suo film in uscita per ammirare la sfilata di abiti portati da lei con classe inimitabile, che sapeva imprimere con quel lungo collo di “cigno” che le conferiva un portamento regale.
Bellissima e unica, di un’eleganza raffinata anche se non certo misurata nelle mises, con le quali esagerava con tocchi di eccentricità sempre molto glamour: con i cappelli a larghe tese, ad abat-jour o tamburello, accessoriata con maxi bijoux e occhiali, non facendosi mancare nemmeno il foulard, che a lei donava come a nessuna.
E poi i calzoncini a sigaretta di Sabrina, l’abito da sera nel tubino affusolato con la gonna sovrapposta dischiusa sul davanti ad effetto petalo di rosa. Ora non resta che chiudere con un bacio, quello che più ha segnato tutta la sua carriera e che la vede persa fra le braccia di George Peppard sotto una pioggia scrosciante (colazione da Tiffany).
La stessa poi riportata in Australia con Nicole Kidman e Hugh Jackman.
sabato 19 luglio 2014
QUANDO ELISA NON ERA PRONTA...
...MA SI STAVA PREPARANDO.
A CONDURRE OVVIAMENTE.
Stasera infatti è su Rai Uno per presentare Premio Caruso.
Replica - "A proposito de’ La TV è’ Bionda, tema trattato ampiamente in questi post, ci sono ovviamente le eccezioni sulle quali la Tv ha puntato.
Conto su di Te è infatti una nuova, si fa per dire, trasmissione in due puntate che da una prima occhiata sembra confezionata sullo stampo dei Raccomandati o Ciack Si Canta o giù di lì per citare quelle trasmissioncine condotte da Pupo ed Emanuele Filiberto, sostituiti da Claudio Lippi il quale è passato da Antonella Clerici della Prova del Cuoco ad Elisa Isoardi con Conto Su di te, per raccontare la favola del volemose bene perché siamo una grande famiglia.
Senza una lira, pare.
Anzi è proprio palese perché la trasmissione è piuttosto casereccia, senza pretese con Lippi che fa l’impacciato e la Isoardi miss professoressa.
Infatti dalla fascia delle miss cinema alla fascia protetta il passo è stato breve.
Perché diciamolo è carina, simpatica e disinvolta ma purtroppo non riesce a sfondare la ragazza.
Quando entra in scena non fa scintille non riuscendo a togliersi di dosso quell’aura di La Bella Rosina che vien dalla montagna.
Infatti è Piemontese calata giù dai monti per conquistare con una conduzione fra le star, un posto fisso in RAI la quale non lo nega mai a nessuna miss.
In questa serata “i raccomandati” sono reclutati fra i campanili delle città di varie regioni come una sorta di revival di Campanile Sera di passata memoria della Tv in bianco e nero che riempiva le piazze di spettatori in sinergia con quelle numerose incollate davanti alla Tv. Non si sa quanti spettatori abbia catturato la prima puntata di Conto si di Te”, ma posso dire con orgoglio che io c’ero. E giunta in tempo per ascoltare la canzoncina di una bambinetta a nome Serena dalla voce incantevole tanto per fare un accenno a Ti Lascio una Canzone con i bambini talentuosi e mettersi ancora in coda ad Antonella Clerici dopo la prova del cuoco, conducendo Conto su di Te.
Questo per dire che Elisa Isoardi non riesce a trovare una collocazione a dare un’impronta ad un format originale creato su misura per lei preferendo puntare su quelle già collaudate, come Uno Mattina per esempio, trampolino di lancio per fare “gavetta” alle miss.
Così in coppia con il compassato Claudio Lippi dall’aria da bambinone tenero sempre un filo imbarazzato Elisa sembra ancora in fase di gavetta per i toni confidenziali e sussurrati quasi a non voler disturbare, sperando forse di decollare in un prossimo futuro con un format più effervescente .Ehi, baby, non sono pronta! Infatti Elisa è una single abbastanza convinta non avendo ancora trovato il partner giusto con il quale convolare a giuste nozze.
Nel suo intimo c’è solo la Tv con cui ora è sbarcata con questo Conto su di Te, su Rai Uno ovviamente. L’importante è non cambiar canale così come è successo invece a Caterina Balivo. Rai Uno resta infatti il posto delle Miss, sempre tali e quali…fedeli a sé stesse, vanno e vengono, senza mai strappare un bis. Ci mancherebbe!"
A CONDURRE OVVIAMENTE.
Stasera infatti è su Rai Uno per presentare Premio Caruso.
Replica - "A proposito de’ La TV è’ Bionda, tema trattato ampiamente in questi post, ci sono ovviamente le eccezioni sulle quali la Tv ha puntato.
Conto su di Te è infatti una nuova, si fa per dire, trasmissione in due puntate che da una prima occhiata sembra confezionata sullo stampo dei Raccomandati o Ciack Si Canta o giù di lì per citare quelle trasmissioncine condotte da Pupo ed Emanuele Filiberto, sostituiti da Claudio Lippi il quale è passato da Antonella Clerici della Prova del Cuoco ad Elisa Isoardi con Conto Su di te, per raccontare la favola del volemose bene perché siamo una grande famiglia.
Senza una lira, pare.
Anzi è proprio palese perché la trasmissione è piuttosto casereccia, senza pretese con Lippi che fa l’impacciato e la Isoardi miss professoressa.
Infatti dalla fascia delle miss cinema alla fascia protetta il passo è stato breve.
Perché diciamolo è carina, simpatica e disinvolta ma purtroppo non riesce a sfondare la ragazza.
Quando entra in scena non fa scintille non riuscendo a togliersi di dosso quell’aura di La Bella Rosina che vien dalla montagna.
Infatti è Piemontese calata giù dai monti per conquistare con una conduzione fra le star, un posto fisso in RAI la quale non lo nega mai a nessuna miss.
In questa serata “i raccomandati” sono reclutati fra i campanili delle città di varie regioni come una sorta di revival di Campanile Sera di passata memoria della Tv in bianco e nero che riempiva le piazze di spettatori in sinergia con quelle numerose incollate davanti alla Tv. Non si sa quanti spettatori abbia catturato la prima puntata di Conto si di Te”, ma posso dire con orgoglio che io c’ero. E giunta in tempo per ascoltare la canzoncina di una bambinetta a nome Serena dalla voce incantevole tanto per fare un accenno a Ti Lascio una Canzone con i bambini talentuosi e mettersi ancora in coda ad Antonella Clerici dopo la prova del cuoco, conducendo Conto su di Te.
Questo per dire che Elisa Isoardi non riesce a trovare una collocazione a dare un’impronta ad un format originale creato su misura per lei preferendo puntare su quelle già collaudate, come Uno Mattina per esempio, trampolino di lancio per fare “gavetta” alle miss.
Così in coppia con il compassato Claudio Lippi dall’aria da bambinone tenero sempre un filo imbarazzato Elisa sembra ancora in fase di gavetta per i toni confidenziali e sussurrati quasi a non voler disturbare, sperando forse di decollare in un prossimo futuro con un format più effervescente .Ehi, baby, non sono pronta! Infatti Elisa è una single abbastanza convinta non avendo ancora trovato il partner giusto con il quale convolare a giuste nozze.
Nel suo intimo c’è solo la Tv con cui ora è sbarcata con questo Conto su di Te, su Rai Uno ovviamente. L’importante è non cambiar canale così come è successo invece a Caterina Balivo. Rai Uno resta infatti il posto delle Miss, sempre tali e quali…fedeli a sé stesse, vanno e vengono, senza mai strappare un bis. Ci mancherebbe!"
venerdì 18 luglio 2014
AGGIORNAMENTI POST RITA GUANDALINI
Dal 2001 tengo una rubrica Pensieri e Parole sulla Voce di Parma (e dal 1998 al 2000 sul Giornale di Parma tenevo la rubrica Il Salotto di Lady Birba) con osservazioni e critiche su
Tutto Quanto Fa Spettacolo
dal cinema alla Tv dal Teatro alle Corone d'Europa, dal Gossip alla politica passando per la satira che pubblico anche nei miei blog frutto del mio lavoro di blogger da maggio 2012 e di giornalista che svolgo con passione
I blog che hanno tutti questa mia immagine nelle copertine e in fondo nelle informazioni sono da me prodotti così pure le foto correlate ai mei post ( con testo e titolo o anche il solo titolo)
Rita Guandalini (Tutto Quanto fa Spettacolo )
Rita Guandalini Teatro Collection
Rita Guandalini Le Favole Reali
Rita Guandalini Esternazioni in Libertà.
Rita Guandalini Esternazioni rosa shocking
Rita Guandalini Sfumature in grigio
Rita Guandalini Satira politicamente scorretta
Evawoodley e Massimo Latino sceneggiatura di Rita Guandalini
VERDI FESTIVAL IN TILT
Quando si dice con due non ne fai uno giusto!
Due sovrintendenti del Regio non sono riusciti a farlo decollare facendo affossare il Festival Verdi.
Bastava eliminarlo senza renderlo ridicolo con una sola opera in cartellone e tanti eventi collaterali a fare coro. Sì col trombone.
Una stagione lirica importante dovrebbe bastare alla quale inserire obbligatoriamente opere di Verdi fra le altre di vari autori.
Il buon senso suggerirebbe così. Giuseppe Verdi è stato celebrato abbastanza al Regio per cui si potrebbero allestire tournée in tutto il mondo così come fanno i Teatri di Brodway (v. Alvin Theater Dance) o quelli del Bolshoji, il Teatro alla Scala, quello di Londra o di Montecarlo.
Il problema è che il Teatro Regio non produce le opere di Verdi perchè non c'è una scuola per i giovani cantanti specializzati su questo autore non c'è più un'Orchestra del Teatro Regio con un Direttore a dirigere come il maestro Foggiani con il Coro.
Infatti di tutto l'ambaradan del Teatro Regio l'unico ad avere un'identità ben definita di Parma e Teatro Regio è proprio il Coro che in tante Opere di Verdi è sempre molto importante.
L'Orchestra Toscanini che resti al Toscanini.
Insomma il Teatro dovrebbe avere una sua identità ben precisa curando costume e scenografie oltre ad "allevar" cantanti al Conservatorio (un tempo glorioso) per poi pensare ad esportare senza necessariamente dover sempre puntare sul turismo.
Il problema sono i costi troppo elevati dei sovrintendenti che vengono da altre città pensando di risanare il bilancio senza tener conto delle tradizioni del territorio. Che andrebbe rispettato con le sue tradizioni.
Ieri sera per esempio (16 luglio) a Rai 5 c'era un'opera lirica con ambientazione rinnovata e corretta in senso moderno. La soprano cantava in giarrettiera nera facendo perdere l'aura drammatica che le vesti barocche invece supportano. Era un po' come la Marini con il film Bambola che nel finale drammatico nel quale lei piangeva a dirotto sull'amante morto il regista Bigas Luna si posava sul suo cul facendo arrabbiare la Valeriona nel sentirsi penalizzata.
Il lato b) come metafora non è male comunque. Bigas Luna era un regista bizzarro che la Marini non poteva capire.
Il lato b) come metafora non è male comunque. Bigas Luna era un regista bizzarro che la Marini non poteva capire.
Infatti non l'ha capito la critica che si è scatenata prendendola in torta trascinando anche il pubblico.
Purtroppo se uno lavora per il pubblico deve anche farsi capire: dalla critica in primis e dal pubblico dopo.
Non sempre i due coincidono ma questo non è importante a meno che non ci sia un deficit da sanare.
Ad ogni modo penso che il Teatro Regio dovrebbe orientarsi sul fattore tradizione ed export.non tralasciando il fatto che se anche compri due devi pagarli come uno.
Invece c'è il rischio che ricomprino Meli il quale vorrà il doppio... dei due che han lasciato!
giovedì 17 luglio 2014
DIANE KEATON, LA ZITELLA DI HOLLYWOOD
Quella delle star si sa è diventata la classe prolifera d'eccellenza.
In un mondo di dive e divine che fanno a gara per sfoggiare pancioni, specie sul red carpet dove attirano l'attenzione più di quanto facciano i loro films, lei Diane Keaton è rimasta rigorosamente single: zitella e senza figli accontentandosi di quelli dello schermo.
Dopo il Padre della Sposa, Diane è stata assurta al ruolo di madre delle giovani star in ascesa con le quali si è confrontata scambiandosi pure il partner come in Tutto Può Succedere con Jack Nicholson nel quale è apparsa nuda in un flash.
Fulminante diciamolo perchè alla veneranda mezza età ha fatto la sua porca figura.
Porca è dir troppo comunque perchè Diane Keaton si è sempre distinta per il fair play sia nella dialettica che andando a letto con i partner dove ha riposato elegantemente.
Eppure aveva cominciato in modo trasgressivo interpretando una ragazza In Cerca di Mr GoodBar film degli anni 70 nella quale interpretava il doppio ruolo di maestrina perbene di giorno e ragazza assetata di avventure la notte, che andava a cercare nei Bar di infimo ordine dove si era imbattuta inevitabilmente in Zacaria diavolo di terza categoria impersonato da un bellissimo ragazzo un filo disturbato tanto da ucciderla in un raptus di follia.
Il Diavolo non svestiva Prada ma una Diane Keaton un filo dimessa che non aveva ancora incontrato Woody Allen per esaltare con Io e Annie le sue doti di attrice, la più estrosa di tutte sia per il look che ogni volta faceva diventare un must che per la recitazione un filo isterica e nevrotica da intellettuale
newyorkese.
Perditempo, diciamolo così com'è il mondo che Woody ha descritto con tanti film in location Manhattan dove le accoppiate si intrecciano si scambiano perchè scoppiano e si ricompongono in altri film per ricominciare. Sì, a litigare da dove avevano lasciato.
Questa è stata la vita di Woody Allen prima di incontrare la cinesina che lo ha conquistato con la “purezza” di una lolita pratica di massaggi mentre Woody le ha insegnato il resto iniziando un felice percorso che va dagli anni 80 ai giorni nostri.
Con Diane Keaton il regista ha fatto coppia felice per diversi film tanto da venire immortalato con lei a letto mentre i due tubano sorridenti e complici, cosa che a Woody è sempre risultata difficile con altre partner ivi compresa Mia Farrow madre adottiva della sua attuale moglie So0n yi. Chissà perchè l'aveva sposata la Farrow?
Perchè diversa da Diane Keaton evidentemente che lo aveva lasciato per mettersi con lo scapolo più ambito di Hollywood: quel Warren Beatty che dagli anni 50 quando aveva fatto impazzire Natalie Wood, era stato tormentato da tutte le star perchè lui non sapeva dire no.
Infatti praticamente se le era passate tutte fino a quando non aveva incontrato Diane Keaton che gli aveva fatto mettere testa a posto non solo per le ragazze ma anche come creativo tanto da fargli credere di poter diventare un grande regista come Woody facendo sorgere spontanea la domanda se sia la musa o il regista a fare grande un film.
Infatti con la Keaton Warren Beatty ha vinto un Oscar per il film Reds che comunque lo aveva fatto allontanare dalla sua musa perchè all'orizzonte ne era apparsa un'altra a nome Anne Bening la quale riusciva ad impalmarlo per farne un casalingo e ottimo padre mentre lei iniziava una carriera sfolgorante.
Così come accadeva per Diane Keaton che dopo una folle liaison con Al Pacino ( qui ritrovato amichevolmente nell'ultima serie de' Il Padrino) e una rimpatriata con Woody nel film Misterioso Omicidio a Manhattan, iniziava il suo percorso di mamma virtuale fino ad arrivare ai giorni nostri con il ruolo di nonna.
Diane Keaton infatti è presente sullo schermo in questi giorni con due film sulla tematica famiglia un po' suonata un po' allargata un po' squinternata con Mai Così Vicini e The Big Wenning.
Molto attiva sullo schermo in realtà difende strenuamente la sua vita privata di single lasciandosi alle spalle le chiacchiere della vita mondana o intellettualoide per godersi la vecchiaia come una signora soddisfatta ed appagata di tutto quanto la vita le abbia offerto anche se con un filo di rimpianto.
Infatti se sullo schermo è sempre molto classica nel look, in privato ha mantenuto il vezzo della protagonista di Io e Annie che puntualmente ripropone quando sfila sul red carpet tanto è rimasta ancorata al film che per lei è stato una rivelazione, esternando a tutt'oggi sentimenti di affetto verso Woody. Il quale invece in un docu ha “rivelato” di aver dimenticato le sue muse avendone avute, dopo la Keaton, una cifra, mentre le compagne della sua vita sono state tutte bruciate da Soon yi verso la quale il regista dimostra sempre grande amore.
Perchè sta zitta e in adorazione verso il grande genio. A questo punto sorge spontanea ancora la domanda: ma sono le muse o è il regista ad aver fatto grande Woody?
Infatti, dopo aver lanciato Diane Keaton, Woody si è adagiato sulle star a far da richiamo in cartellone dei suoi films!
Diante Keaton invece ha dimostrato di brillare in numerosi film che ha intrapreso nel corso della sua lunga carriera, durata cinquan'anni, sfoderando grinta e carattere in ogni ruolo anche se poi non ha mai raggiunto quello di protagonista assoluta.
Non le resta che attendere un Oscar alla carriera!
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