martedì 24 gennaio 2023

ALESSANDRO PREZIOSI IN BLACKOUT VITE SOSPESE

 A volte ritornano per fare un disastro. Sono i film catastrofici che andavano tanto in auge negli anni 70 rappresentando terremoti, maremoti valanghe uragani esplosione di vulcani fitosi nello stadio sotto tiro di cecchini aerei in picchiata in cima alle montagne costringendo i sopravissuti a cibarsi dei morti oppure inabissati negli oceani facendo galleggiare qualcuno sui gommoni con gli squali intorno ecc. I film si dipanavano raccontando storie corali che si raccontavano in parallelo con la catastrofe imminente lasciando comunque per qualcuno sempre un lieto fine. Il filone si era chiuso con Titanic dove l'impatto emotivo  - con la morte di Jack che avendo lasciato sulla zattera l'amata Rose, moriva congelato - aveva raggiunto il clou per cui tutti quelli a venire non sarebbero più stati nessuno. I film si avvalevano sempre di un cast eccezionale con nomi di grande richiamo che intrecciavano le loro storie da protagonisti con quelle di personaggi minori miscelandole insieme per rappresentare un mondo a parte in balìa degli eventi.


La Tv sta riscoprendo questo filone così come abbiamo visto con I Sopravissuti ambientato in una barca arenatasi in mezzo all'Oceano dopo una Tempesta “catastrofica appunto” e con Blackout Vite Sospese tramesso ieri sera in prima puntata di una serie formata da quattro. La storia racconta il disastro di una valanga anche se comunque è rimasta quasi in sottofondo ma non in sordina essendo stato ampliato al massimo il rumore rindondante, per soffermarsi sugli effetti collaterali coinvolgendo le storie dei protagonisti ospiti di un Hotel in Trentino nella Valle del Vanoi e nel piccolo paesino vicino di Caoria, frazione di Canal San Bovo rimasti senza soccorsi causa il crollo dell'unica galleria di comunicazione con l'esterno.

 Ora la domanda che viene subito spontanea è quella che si fa di fronte al fatto che in queste piccole comunità isolate unite nella lotta alla sopravvivenza, vengano inseriti "delinquenti" (anche se loro malgrado) in odor di mafia a sfatar quel detto che siano invece le circostanze difficili a tirar fuori la bestia che c'è nell'uomo. No, qui la bestia c'è ma c'era anche prima, con il passato travagliato e delinquenziale,  per fortuna comunque impersonata da un attore affascinante come Alessandro Preziosi  nei panni di Giovanni Lo Bianco per cui difficilmente si lascia individuare subito - perchè nemmeno il suo bersaglio da uccidere senza pietà Claudia Schneider (Rike Schmid) nonostante come medico abbia salvato a sua figlia mentre il fratello salvava la vita alla figlia della dottoressa lo intuisce – permettendo così di prolungare la fiction tra colpi di scena sotto le direttive di un fratello che gli fa, e non si fa per dire, da Padrino. 

La vittima designata Claudia Schneider (testimone oculare di un processo di mafia) subisce il fascino del suo carnefice il quale a sua volta non è indifferente alla sua dolcezza manifestata con parole di grande stima, ma non si lascia intenerire perchè più forte resta il richiamo del dovere verso la famiglia. Mafiosa. Un altro personaggio accattivante è quello dell'appuntato dei Carabinieri Lidia interpretato da Aurora Ruffino che ha perso il Capo dal quale aspettava un figlio dividendo questo segreto solo con il ragazzo del Bar il quale a sua volta ha qualcosa da nascondere, insieme ai titolari dell'Hotel costretti (scopriremo perchè) a raccontare bugie. 

Segreti e bugie non impediscono di vivere la facciata in solidarietà e mutuo soccorso dove spicca per coraggio  la coppia formata da Marco (ex compagno di Claudia (Marco Rossetti) con la sua fidanzata infermiera Irene (Caterina Shulha)  facendo palesare che in fondo tutti siano brave persone, tranne quel Giovanni Del Bianco che ce la mette tutta per far ricredere perpetrando il suo mandato di assassino sostituendo pillole nella borsa di Claudia procurandole uno shock anafilattico dal quale si riprenderà con l'assistenza della sua rivale Irene. Non ci resta che vedere il seguito questa sera su Rai Uno senza aver ancora metabolizzato quel senso di angoscia e profonda pietà nell'aver assistito al suicidio di un cervo mentre sbatte le corna contro un albero per poi cacciare un urlo profondo grondando sangue sulla fronte prima di accasciarsi a terra perchè la sua compagna era stata abbattuta da cacciatori solo per il gusto di prenderla come trofeo. Nessuna indulgenza per loro.

Nessun commento:

Posta un commento