Operazione abbastanza riuscita per Paolo Virzì con la Pazza Gioia dove le citazioni sono tante, da Qualcuno Volo' sul Nido del Cuculo, a Thelma e Louise, da Blue Jasmine a Zora la vampira con un accenno persino, udite udite, a Improvvisamente l'Estate Scorsa dove la malata di mente (Elizabeth Taylor) esce dal mare con un costume bianco facendo intravedere il punto pelo.
La Prima Cosa Bella di tutto il film perchè Micaela Ramazzotti finalmente si rivela in tutto lo splendore col quale aveva illuminato un film grottesco come Tutta la Vita Davanti.
Micaela è sempre Micaela anche in forma anoressica , con la pelle tatuata e la pettinatura emo tipica della generazione dei Truzzi, metallari o tutto quanto fa tristezza incomprensibile. Perchè perchè perchè certe persone si riducono così viene da chiedersi guardando il film La Pazza Gioia.
“Perchè sono nata triste, depressa, piangevo sempre e nessuno mi aiutava...” così risponde Donatella (la Ramazzotti) all'amica Beatrice (Valeria Bruni) che conferma d'essere nata triste pure lei anche se di elevata condizione sociale.
Non è una questione di classe ma di vizio caratteriale nell'incapacità di accettare le regole. Sono ribelli di natura perchè qualsiasi cosa venga loro offerta o donata soprattutto a gratis la rifiutano sdegnosamente attaccandosi a delle quisquiglie: un ombrellino sempre aperto per Beatrice a riparasi dai raggi del sole e una torcia sempre accesa per Donatella a vedere nel buio della notte. Notte e giorno non si incontrano mai se non per quell'istante che viene chiamata l'Ora del Lupo: e qui scatta la citazione per Lady Hawk con Donatella-lupo Rughter Hauer e Beatrice Falco Michelle Pfiffer. Come a dire che sotto la vittima agnellino Donatella si nasconda un Lupo mentre sotto le mentite spoglie di una Beatrice Falco si nasconda una gallina dalle uova d'oro a formare una strana coppia di simpaticone ricoverate in comunità nella quale tra rifiuti umani ritrovano la gioia ed il sorriso nello stare insieme. Mal comune mezzo gaudio. Fino ad un certo punto ovviamente perchè le problematiche di fondo irrisolte sono pesanti e devastanti ma quando riaffiorano venendo alla luce si dissolvono come neve al sole.
Che bello che gioia trovarsi mano nella mano dopo un rapporto fatto di baruffe e scontrosità di angoli spigolosi che vengono smussati solo quando insieme si raccontano versando calde lacrime.
Piangendosi addosso le due protagoniste si riconoscono come coppia di fatto sublimato con l'amore in Beatrice come quello di una madre (quella che Donatella non ha mai amato) e in Donatella come quello di una figlia (quella che Beatrice non ha mai avuto).
Infatti il vero problema per entrambe è nella mancanza di un figlio e di una madre.
La stessa madre che Donatella voleva essere a tutti i costi per il proprio bambino dal quale pur di non staccarsene lo ha trascinato con sé nel suicidarsi giù da un ponte per tuffarsi insieme nelle acque di un fiume nel quale affondare dolcemente attaccati indissolubilmente l'uno all'altro come il neonato con la madre nel liquido amniotico. Qualche lacrimuccia in sala e La Pazza Gioia è servita in un put-pourri mentecato con bollicine in coppe di cristallo perchè è lì che si trova la felicità secondo Beatrice nobile decaduta avendo sperperato il patrimonio di famiglia e messo i genitori sul lastrico.
“Ma perchè sono ipocriti: Stanno insieme per convenienza: lui è una zietta, lei è una donna fredda praticamente l'uomo della situazione...”
Insomma una tragedia che andava punita saccheggiando le loro proprietà prendendo la china dell'autodistruzione.
Perchè tutto questo? Niente ha importanza di fronte alle due simpaticone che da matte periziate sono finalmente libere di comportarsi come tali senza dover più pagare il dazio alla società. La quale invece paga profumatamente per il loro recupero e il loro benessere prima di riportarle in libertà. Come a dire e ora Don date a far danno? Che bello che gioia. Tristezza finalmente se ne è andata via. Che simpatia!
D'accordo il film è strampalato ma si salva: la rivelazione è Valeria Bruni molto nella parte quasi in parodia della sorella snob Carla in un ruolo pimpante e logorroico alla Mariangela Melato “puttana industriale nell'Azzurro Mare D'Agosto della Wertmuller, e intriso della folle ubriacatura di una Cate Blanchet nel Blue Jasmine di Woody Allen, aiutata da una sceneggiatura intelligente mixata a termini farmacologici alla ipocondriaca Margherita Buy del Maledetto Giorno che Ti ho Incontratro di Verdone, ad effetto scoppiettante tenendo la scena fino alla fine con briosa evaporazione fino allo sfogo finale in una sorta di basa triste che contagia tutto il pubblico in platea. Micaela Ramazzotti si conferma come attrice drammatica dura e asciutta così come le riesce meglio fare piuttosto che la svaporata etilica portando il dolore quello vero di un sangue avvelenato che conduce alla follia le donne perseguitate e maltrattate dalla sorte dai familiari e dagli amori sbagliati segnando l'intera loro vita in forte depressione.
Bravissime tutte e due che hanno lavorato in sintonia così come si percepisce tanto da da renderle credibili in coppia follemente adrenalinica anche se molto improbabile nella realtà ma non impossibile in questo film al quale hanno dato dignità con fascino personale innovato a frizzantino, quello della Bruni e corretto a caffé nero quello della Ramazzotti. Di gusto buono e piacevole il film ha un finale rosa con la famiglia adottiva del bambino di Donatella che l'accoglie tacitamente per consentirle di seguirlo a distanza, da lontano.
Così lontani e così vicini il film è una produzione Rai che si è ispirata ai suoi format. Ma va bene così perchè lo si è visto volentieri.
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