“Boicottiamo la Turchia” Cominciamo male. Sì perchè la Festa multiculturale non dovrebbe essere un'occasione di incontro di varie culture e di scambio di messaggio di pace?
Invece le culture qui si sono scontrate approfittando dell'ospitalità o della visibilità di una festa che ormai è presente sul territorio di Parma, a Collecchio al Parco Nevicati, da molti anni registrando sempre un grandissimo successo di partecipanti.
E' pur vero che per la maggior parte sono in stile frickettoni ma è sempre bello vedere tanti giovani anche con famiglia appresso deliziarsi gustando i piatti etnici anche se, sempre a onor del vero, nono sono all'altezza di chef stellati ma men che meno delle cucine tradizionali casalinghe dei vari Paesi perchè lasciano un filo a desiderare.
E passi allora per il cous cous annacquato con le verdure svenute, passi il Kebab servito freddo, così come gli spiedini e tortelli ma quel che non può passare è che la festa multiculturale sia diventata un'occasione per sfogare la propria rabbia sui conflitti in corso in medio-oriente.
Primo fra tutti quello dei Turchi e dei Curdi portato in scena da un gruppo del Kurdistan i quali, se hanno cantato bene alla maniera degli Intilimanni con loro amici fin dal 1988 anno in cui sono arrivati in Italia, non dovevano esporre quel cartello di invito a boicottare la Turchia. Il tutto servendosi di un'interprete di quel Paese perchè loro non sapevano ancora esprimersi in italiano come esempio lampante di chiusura e rifiuto all'integrazione. Ma non all'emancipazione comunque perchè tra gli intellettuali della comunità curda si è elevato un grande insegnamento: “Mia madre non poteva mangiare in presenza di mio padre e di noi fratelli, ma ora le donne sono ingaggiate per far la guerra”. Dal braciere alla brace ora le Curde sono tutte in prima linea. Davanti ai maschi. Sì e con le culone Kardashian in testa che sanno fare il maquillage a modo per catturar mariti facendo solo figli e selfie come i conigli.
La festa dovrebbe mettere tutti in pace lasciando i conflitti alle spalle anche se irrisolti. Come quello della Striscia di Gaza per esempio tirata in ballo da un complesso palestinese composto da fratelli, alcuni ragazzi e una ragazza che si sono esibiti cantando varie canzoni dei Paesi del Medio Oriente, dall'Egitto all'Iran, dal Libano al Marocco passando dalla Palestina con sulle spalle il Kefih di Arafat.
Arrivato il turno della canzone palestinese, poiché uno dei cantanti si rifiutava di tradurre limitandosi al titolo “e poi mi fermo qui” uno del pubblico (non si sa se a caso o di proposito) si è invece offerto di tradurre recitando i versi che parlavano di odio verso: “... quiei vigliacchi e arroganti che vogliono comandarci uccidendo uomini donne e bambini. Meglio morire piuttosto che assoggettarci a questi vigliacchi...”e lo diceva con tale forza ed impeto partecipativo da raccogliere applausi fra alcuni presenti. Questo non va. Ma non è l'unico episodio perchè in uno stand un gruppo di donne (ma devono sempre farsi riconoscere?) con microfono alla mano si sono messe a tradurre i versetti del Corano a dimostrare quanto anche Maometto amasse gli animali con una interpretazione curiosa specie là dove parla di un cammello maltrattato dal padrone perchè lo fa lavorare come un mulo!
“Perchè quello che conta è la corretta interpretazione” pigola convinta la conduttrice del gruppo dalla quale si deduce quanto sia fanatica ma maldestra animalista che con Corano in pugno voleva pure convincere che fra molti intellettuali musulmani ci si stia aprendo verso una cultura animalista capeggiata da uno scrittore che paragona le stragi dei montoni, perpetati alla festa del Ramadan, alla Shoah (!!!!!).
Poteva bastare? No, perchè dal gruppo un'altra animalista esprimendo il suo compiacimento verso questo orientamento di un gruppo di intellettuali musulmani ideologici del crudité si è messa ad elogiare “...le nostre gattare che pur di cibare i gatti si tolgono il boccone di bocca.” Sante donne!
“E la strage dei cani? Vogliamo parlare anche di questo?”, insorge indignata un'altra signora della conferenza animalista.
Tutto questo mentre sul megaschermo si stava osservando un minuto di silenzio per le vittime del Bangladesh! Ma ne vogliamo parlare? No, perchè la partita deve andare avanti. Per una volta il calcio ha ha dato una lezione di “rigore” sopratutto agli italiani diciamolo. Così come dovrebbe essere anche per la festa multiculturale che invece traduce questa possibilità di pace per partire all'attacco su tutti i fronti consentendo alle varie etnie di continuare a farsi la guerra con i loro conflitti irrisolti che in questa festa sono stati supportati da odio piuttosto che amore o solidaroietà.
E noi siamo stati a guardare, a mmagnare e qualcuno anche ad applaudire una festa multiculturale che si è trasformata in una sorta di rappresentazione tragicomica. Pagliacci sarebbe il caso di dire se non fosse che “le vittime umane citate siano tutte vere”.
Da onorare con un pietoso silenzio in segno di rispetto, senza allestire feste campagnole di un provincialismo imbarazzante.
La festa è comunque finita e buonanotte ai suonatori.
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