Dopo la rappresentazione di Anna Bolena in un tripudio scenografico in digitale, si è ricominciato con il classico fondale in carton gesso, di grandissimo effetto questo va detto tanto da rasentare la perfezione nell'appagare l'occhio. Il quale in ogni spettacolo che si rispetti vuole sempre la sua parte.
Il bel colpo d'occhio infatti si rivelava con la Parigi di Montmartre in fomato cartolina o i tanti quadretti del LungoSenna in mostra fra pittori squattrinati dove la pioggia fa da padrona tra les Rues ed i rigagnoli bordo-marciapiede con i passanti tutti con l'ombrello e le strade a specchio.
Non potevano mancare la piazzetta con il Bistrò a cupola e vetrate in art Déco con i protagonisti a far casino e non si fa per dire tra prostitute che s'affacciavano al balcone sui tavolini open air dove da una lato la cocotte Musette ( soprano Cinzia Forte) con il vecchio pieno di quattrini si divide va fra lui smicciando l'ex amante dall'altro lato unito alla combricola di artisti, tra i quali la coquine Mimì (il soprano Valeria Sepe) che “si divertiva” tra un colpo di tosse e uno starnuto insieme ai morti di fame e non si fa per dire dei suoi amici che lasciavano il conto da pagare al signor Pantalone di Musette.
Così la Paris 1830 era in tutta Festa e l'allestimento di questa Opera non si è fatto mancare nulla perchè a fare in divertissment è stato il Coro del Teatro Regio diretto da Martino Faggiani con i figuranti tutti in costume d'epoca, gli ombrellini in mano in una girandola gioiosa completata dal canto e dalle risa dei bambini in scena. Uno spettacolo nello spettacolo che ha raccolto applausi in Standing Ovation anche se la tragedia stava bussando alle porte .
Anzi al Cancello che, nel quadro a seguire, apriva l'ingresso al Parco tra alberi spogli e fiocchi di neve a cader come formaggio grattugiato, con a lato due edifici uguali in stile Arc de Trionph in gemellaggio che comunque sembravano ispirarsi all'ingresso del Parco Pellegrini di Parma in Piazzale Salvador Allende. Two è meglio che One e fu così che Parigi veniva messa in scena in petite copia conforme a Parma La Grandeur.
La Bohème di Giacomo Puccini commuove fin dalla prima scena dei duetti fra Mimì e Rodolfo (il tenore Stefan Pop) perchè la tisi è sempre nell'aria ad appensantir anche i sentimenti dell'amore puro nato fra loro due divisi dalla fragilità di lei di non poter essere all'altezza di una vita penalizzata dagli stenti e dalla miseria. Il suo destino era quello di una principessa e con questo convincimento Rodolfo si separa sicuro che con il suo talento di scrittore e poeta non sarebbe stato in grado di soddisfare il fabbisogno dell'amata anche se ridotto all'essenziale come quello di potersi scaldare con la legna di un camino con una zuppa insieme al pan bagnato.
Zum papa Zum Papa la musica è sempre la stessa già sentita con la Traviata di Giuseppe Verdi dove la tisi annienta la protagonista anche se questa vive nell'agiatezza di una vita dissoluta tra feste e libiam.
Zum papa Zum Pappa, se non è zuppa è pan bagnato a champagne ma il male del secolo ottocento non perdonava fra le classi disagiate o degradate nelle quali le eroine potevano immolarsi solo con una morte tragica. Questa è l'Opera a portare avanti una tradizione di vita nei quali i sentimenti d'amore e morte possono essere esternati solo dalle voci eccelse di cantanti lirici a sublimare storie passionali rese immortali dai versi dei “libretti”.
“Che gelida manina, lasciatela baciar...” Il destino era già segnato per Mimì nel consumare l'amor fatale fino all'ultima goccia di sangue. Freddo.
Da segnalare gli autori dei quadri Giuseppe Giacosa e Luigi Illica con la regia di Francesca Zambello ed il Maestro concertatore e direttore Valerio Galli, scene e costumi di Nica Magnani e luci Andrea Morelli. Applausi per tutti.
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