martedì 22 novembre 2016

UNA SEPARAZIONE CON TELECAMERA A VISTA VELO


Su Rai 5 STA ANDANDO IN ONDA IL film del regista Iraniano Asghar Farhadi Premio Oscar 2012, Una Separazione (con  Payman Moaadi  Leyla Hatami)

Il film è molto bello con ritmo incalzante in un susseguir di scene in forma teatrale dove il dialogo e gestualità prevalgono per descrivere le situazioni più di quanto possano fare la dinamica delle azioni.
Non vogliamo aggiungere commenti sui tanti già pubblicati per questo film rivolti soprattutto ad evidenziare il clima di censura nel quale è stato girato dove le donne anche negli interni portano il velo per non dare loro spazio come attrattiva sexy e accattivante che in quel Paese è proibito dalla religione di Stato a seguire rigorosamente i dettami del Corano, tanto da indurre artisti ed intellettuali laici ad espatriare.
Ma non è questo il punto che mi ha colpita perché sono cose vecchie e risapute da quando è stato abbattuto il Regno dello Scià di Persia sostituito dagli Hayatollah per rimettere le cose a posto con Corano alla mano e nelle case da seguire come stile di vita e di fede assoluta nella giustizia di Allah.
Infatti la storia di una separazione, sempre molto sofferta e traumatica per i figli (in questo caso la ragazzina interpretata dalla figlia del regista Sarina Farhadi), si muove intorno all’Ufficio di un Giudice che raccolte varie testimonianze, purchè avvalorate da un garante nelle persone di impiegati statali o commercianti,e si destreggia fra un cumulo di scartoffie e deposizioni fatte e rifatte, nel senso che una volta dette poi possono anche essere ritrattate.
Così la giustizia curiosamente mette in atto quella libertà di scelta invece vietata dalla Religione lasciando ad attori e convenuti di raccontare i fatti fino a che non sia chiaro al Giudice come emettere sentenza.
I fatti ovviamente sono coperti da piccole bugie per consentire di difendersi come quella dell’imputato che mente quando dice di non sapere che la domestica alla quale ha dato uno spintone fosse incinta facendole perdere il bambino.
Una bugia nella quale coinvolge anche la figlia ragazzina a supportar la tesi la quale giustamente la avvalora per evitare il carcere al padre mentre la vittima si contrappone con forza insieme al marito fino a quando in separata sede non viene loro offerto una consistente somma per risolvere la cosa.
La quale  sembrerebbe andare in porto se non fosse che la vittima (Sareh Bayat) di fronte ad un risarcimento in soldi le viene il dubbio di non aver detto la verità perché già dal giorno prima dello spintone aveva avuto dei sintomi, ritenendo pertanto che i soldi potrebbero portare sfortuna alla sua bambina di quattro anni.

Messa alle strette con il Corano alla mano, rifiuta di giurare di aver detto la verità senza ombra di dubbio,  dicendo al marito (Shahab Hosseini) che invece si sente tradito: “Non voglio far Peccato”.
Come a dire  che della Giustizia Divina bisogna aver timore perché non sbaglia, leggendo Dio ( Allah) nei nostri cuori.

Morale della favola: fra tutti  i perdenti di questa ansiolitica storia, lei è comunque l’unica ad avere un sussulto di dignità che tutti hanno perso tra bugie, separazioni, tradimenti e giustizia sommaria non mancando nemmeno il videotape con telecamera a vista-velo in testa finendo in un nulla di fatto per lasciar tutto in sospeso e preparare il sequiel Il Passato film sbarcato nel 2103 a Cannes.

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