Il piatto è presentato alla festa della Prima Comunione di una bambinetta che innocentemente si era seduta accanto a quello che sarebbe diventato l'assassino di suo padre il quale la guarda sorridendo scambiando confidenze sul suo fidanzatino.
L'ambiente è quello assolato di un Paese della Spagna (nella periferia di Madrid), quella tipica godereccia che ci viene illustrata secondo tradizione e che nell'immaginario collettivo si raffigura sempre con gli spagnoli intorno ad un piatto di paella sorseggiando qualche bicchier di vino rossoe ballando il flamenco v rso le cinqo della sera quando in una qualche arena volteggia il matador. Acca' Toro acca' Toro, acca'...
Ma la festa dura poco e lo spaccato di questa Spagna di periferia di Madrid fra emarginati che tirano a campare comincia a delinearsi in tutta la sua drammaticità una tragedia con una serie di sequenze in escalation di omicidi eseguiti per vendetta a sangue freddo sui bersagli fino ad arrivare all'ultimo colpito a tradimento a notte fonda e in retrobottega di un bar nel quale la bambinetta di cui sopra stava facendo i compiti a un tavolino.
Il cerchio così si chiude lasciando l'amaro in bocca perchè non si riesce a fare il tifo per questo solitario vendicatore che da parte lesa si trasforma in boia spietato.
Su questa tematica ci sono tanti film dal Giustiziere della Notte a Un Borghese Piccolo Piccolo nei quali la vendetta tremenda vendetta segue a fatti di sangue subiti dai familiari stretti come moglie e figli che innescano un meccanismo d'azione violenta sottoforma di giustizia-fai-da-te parando colpo su colpo all'insegna dell'impellente imperativo sangue chiama sangue di stampo mafioso oppure occhio per occhio secondo la Legge del Taglione.
Se Nel Giustiziere della Notte si resta a fianco del killer vendicatore perchè la sua furia si scatena su balordi teppisti di serie meglio-perderli-che-ritrovarseli in casa, nel secon con un Borghese piccolo piccolo con un sorpredente drammatico Alberto Sordi, si viene presi da una sorta di pietà verso l'omicida (investitore in un incidente stradale) anche se ha falciato la giovane vita del figlio del protagonista trasformatosi in sadico-toruratore che invece si sente placato nella sua sete di vendetta.
“Cerco giustizia ma non vendetta” dicono molte parti lese coinvolte in fatti di cronaca nera senza essere molto convincenti soprattutto quando non accettano le sentenze di assoluzione continuando tenacemente e caparbiamente a cercare nuove prove con chiavi in mano per sbattere l'assassino in carcere e buttar via la chiave. Se non era l'imputato lo deve essere per forza qualcun altro è ovvio per cui è comprensibile che la fiducia nelle Istituzioni dia spazio al desiderio di vendetta-fai-da-te. La quale è lecita finchè si limita a cercare prove diventando pericolosa nel parare i colpi ricevuti ricambiando magari con una crudeltà maggiore passando automaticamente dalla parte del torto perchè da Uomo Tranquillo a Mostro il passo è breve. Ma questo vale sia per l'assassino che per il vendicatore.
Il film La Vendetta di Un Uomo Tranquillo con la Regia di Raul Arévalo e l'interpretazione di Antonio Della Torre non offre allo spettatore la libera scelta di lasciarsi coinvolgere in un crescendo della dinamica vendicativa perchè le sequenze sono tutte ugualmente shoccanti, da quella iniziale dove si massacrano due vittime innocenti infierendo soprattutto sulla donna con colpi di una mazza al viso e sul petto dopo che si era accasciata già ferita a morte, a quelle che si susseguono a catena in una vendetta suddivisa in tre fasi: la prima con l'esecuzione a coltellate di un balordo, la seconda nello scaricar un fucile su un giovane della banda ravveduto e con la seria volontà di ricominciare una nuova vita accanto ad un moglie affettuosa e talmente accogliente da servire a tavola il boia di suo marito per metterli in bono pacis, mentre la terza è il colpo secco all'unico amico che si era fatto il killer nella combricola da lui accolto generosamente nel suo Bar e in casa.
La vendetta a freddo mette sullo stesso piano l'assassino ed il giustiziere davanti a Dio perchè entrambi violano la sacralità della vita mentre davanti alla Giustizia ci possono essere attenuanti come previste nel delitto d'onore in vigore fino a pochi anni fa o per legittima difesa non ancora pienamente riconosciuto dai magistrati anche se approvato dalla maggioranza del pubblico sovrano.
Ma non dagli spettatori di questo film che hanno un senso di smarrimento e di amaro in bocca perchè viola le regole del lieto fine anche se comunque questo film a modo suo le rispetta perchè il vendicatore lascia in vita il complice autista l'unico ad aver pagato la sua pena con otto anni di carcere, dopo avergli sedotto e abbindolato la moglie con la quale aveva fatto una cavalcata a letto memorabile ad alta gradazione di infoiamento. Qualche soddisfazione in mezzo alla mattanza doveva pur prendersela facendo uno sforzo a livello basso ad inquadrarlo come giustiziere sì ma anche tanto gentiluomo avendo lasciato l'amante (Ruth Diaz)di riunirsi col figlioletto al seguito al suo legittimo marito (Raul Jimenez) nel pieno rispetto della sacralità della famiglia.
Un film interessante e piacevole grazie agli attori molto credibili nei loro ruoli anche se con qualche accenno caricaturale nella palestra del boxeur suonato, fra nani e allenatori arrabbiati, dove si compie il delitto più efferato facendolo rantolare come fosse un animale al macello a dare spessore di duro senza pietà al Tranquillo Uomo Vendicatore come a rammentarci che dentro a ognuno di noi c'è un potenziale assassino che le circostanze avverse fanno riaffiorare scatenando gli istinti primordiali.
Che fatica essere uomini...
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