giovedì 1 novembre 2018

EUFORIA. ADRENALINA IN STADIO TERMINALE


Euforia è un film diretto da Valeria Golino l'attrice italiana che ha studiato in America interpretando film di serie A con ruoli da protagonista affiancando attori fra i più potenti di Hollywood come Dustin Hoffman Tom Cruise o Charlie Sheene che l'hanno forgiata secondo il metodo classico dell'Actor Studio.
L'imprinting americano le è romasto non tanto nella recitazione perchè più esplicata secondo la scuola degli autori italiani ripresa una volta tornata in Patria facendo commedia all'italiana con Diego Abantatuomo in primis con il quale ha fatto coppia in quell'originalissimo film Puerto Escondito quanto come regista che con il film Euforia ha raggiunto un alto grado di americanità senza scadere nell'americanata, ma più propriamente a Piacer Vostro.
Infatti il film piace perchè ben confezionato con professionalità sia a livello di tecnologia che di montaggio inclusa la location che va dal Vaticano a Roma passando dalle terrazze tipicamente romane sempre a tutta festa fra soggiorni a grandi vetrate a giorno e luci di candela la notte.
Non Semo Gente de Borgata ma Romani de' Parioli e si vede perchè Roma resta pur sempre sinonimo di opulenza benessere e quell'idea di grandezza di Gladiator memoria anche se ha fatto il suo tempo insieme a Totti quale Re di Roma perchè Roma ormai  è una città diventata la pallida idea del Caput Mondi che fu, ora famosa per il degrado nel quale è immersa.
Il film comincia bene con delle sequenze sulle ali dell'arte tecnologica in una danza di luci e ombre fissate sul corpo nudo di Riccardo Scamarcio nel ruolo di architetto informatico che realizzar grandi eventi supportati da maxi schermi con figure animate.
Il suo ruolo è quello di fratello  arrivato ricco e di culo in tutti i sensi godendo di buona salute di soldi per viaggiare e del suo stato di gay che contrasta con la condizione del fratello “normale” (Valerio Mastrandrea)  malato terminale di condizione modesta  anche se intellettualmente più elevato nel senso ampio di umanesimo e purtroppo povero di spirito nel privato avendo perso interesse per una moglie (Isabella Ferrari)  perchè invecchiata e rimasta vuota e facua, difetti che secondo lui si faceva perdonare quando era ancora giovane e bella.
Il fratello si scopre protettitvo tenendo nascosto la verità al malato ai familiari ed amici per consentir al paziente di combattere senza perdere la speranza.
In questo caso, così come in tutti, inutile perchè il malato si rende conto d'essere alla fine spiando la lacrima furtiva di un congiunto, allertandosi per l'eccessiva generosità del fratello nell'intento palese di farsi perdonare qualche cosa o nel sorprendersi e deludersi vedendo ricomparire la ex (Jasmine Trinca) per una rimpatriata a letto nel quale comunque lei si addormenta.
La domanda è se in questi casi bisogna tacere o dirlo al malato ma la risposta viene sempre da lui specie se persona informata e responsabile nel suo percorso di vita che si rende conto immediatamente della situazione cosicchè alla fine si compie una commedia penosa  per tutti più ancora per il “protagonista” il quale si trova in un gioco delle parti dove lui pensa che siano i familiari a non sapere, visto come continuano a vivere la loro vita, facendo di tutto per non disturbarli e turbarli.
Il film tratta la malattia in maniera leggera fin troppo elegante e distaccata lontana dai medici, dall'ospedale dove fare una puntatina giusto per trovarsi fra ammalati che cantano in revival anni 60 e unirsi al coro senza dimenticare di inscenare un pas de deux fra fratelli per esprimere l'armonia ritrovata in sincrono con Olio e Stanlio che duettano sullo schermo.
Sotto l'imperativo che  in questi casi“Tutto Fa” c'è anche una puntatina a Midjugory perchè l'importante non è tanto la fede quanto nel non tralasciare nulla di intentato ivi compreso quello di non sottrarsi a fare i conti in sospeso per risolvere rancori lasciati sopiti e riaffiorati con un fiume di parole devastanti che servono comunque a chiarire rapporti fraterni mettendo in luce sentimenti forti  e profondi ad aiutarli entrambi nel fare l’ultimo passo insieme per compiere il tragico destino che li ha colpiti entrambi perchè quando uno che ti è caro muore si porta sempre via una parte di te.


 E' un film asciutto che non fa piangere ma riflettere sul fatto che un malato specie se in stadio terminale  dovrebbe stare solo con se stesso e con Dio se credente, seguendolo defilati in silenzio senza sobbarcargli il fardello del bilancio di una vita per pareggiare i conti con tutti i congiunti, gli ex i familiari amici e affini intorno che violando la sacralità della morte “parlando di niente” mettendolo in ansia inutilmente.
Il cast è molto ben selezionato tutti bravi in ensemble con i due protagonisti che fanno da mattatori: Riccardo Scamarcio è nel pieno di una maturità d'attore che pochi al suo livello iniziale di sex symbol hanno acquisito confermandosi professionalmente oltre che bravo duttile fra le mani abili della sua Valeria Golino (ora ex) tratteggiando un ritratto scanzonato e ironico di un gay al quale  piacciono “tutte” basta che respirino: dall'innocente “amichett/a” del cuore, al ragazzo straniero bellissimo passando per l'omone tutto tatuato e muscoloso che spoglia con rude libidine per mangiarselo. Terribile ma efficaciemente bravo.Valerio Mastrandrea è sempre più intenso nei suoi ruoli.
Personalmente l'avevo notato agli esordi in una scena nel ruolo di guardia di scorta di Romina Mondello del quale era innamorato nel film Palermo Milano Solo Andata, e mi aveva colpito quando preso da dolente passione sul filo del rasoio di una storia di mafia la chiamava Chiara con una tale intensità da prenderti l'anima facendo riassaporare quanto sia  dolce e profondo l'amore quando invoca il tuo nome in un contesto di vita e morte.
Bel film soprattutto perchè a dirigerlo è stata una donna di grande mestiere  come Valerio Golino andata oltre al racconto volendo stupire anche con effetti speciali come quelli tecnologici, un settore di pertinenza esclusiva dei maschi, e riuscendoci benissimo.


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