lunedì 10 ottobre 2022

LELLA COSTA IN GIOVANNA D'ARCO LA PULZELLA LA FANCIULLA L'ALLODOLA.

Lella Costa è tornata in scena con una nuova eroina vittima del potere maschile il cui abuso lo porta a scrivere la storia sempre a suo favore. Oltre al danno anche la beffa perchè queste eroine coraggiose, impavide e ribelli, mantengono sempre uno stato di soggezione verso l'uomo  l'unico per cui valga il pene, tradotto in pena, di andare a morire. Non ci sono ideali che tengano, il fine ultimo è sempre lui l'uomo, che in questo contesto di Giovanna d'Arco è rappresentato dal Re Carlo per il quale come una sorta di "oca-bil'oca" (arco-carlo) Giovanna si sacrificherà per la sua gloria. Una gloria che non prevede ringraziamenti lasciando la pulzella al suo destino una volta imprigionata dal nemico. Come si fa con le spie che una volta catturate vengono disconosciute dal loro Governo. Così fu per Giovanna. 

Molte sono state le opere che hanno descritto Giovanna d'Arco, fra romanzi teatro e cinema (da ricordare quella dell'autore Luc Besson con Milla Jovovich in un'interpretazione maschia, algida e asciutta ben lungi dalle immagine di vittima sacrificale di Carl Theodor Dreyer con Renée Falconetti o ieratica e piena di enfasi Hollywoodiano di Victor Fleming con Ingrid Bergman), ma Lella Costa ha scelto l'opera lirica di Giuseppe Verdi perchè il libretto si presta ad un'interpretazione in linea con l'ironica dolcezza che la contraddistingue e così come avevamo visto ultimamente con la Traviata dove un Alfredo immaturo e viziato chiama “papi” il signor padre-padrone. I dialoghi del libretto di Giovanna D'Arco sui quali lavorare sono infatti di un linguaggio antico ottocentesco giusti per essere tradotti in sonetti del bel canto lirico ma un filo esilaranti quando si recitano: “Oh mia Patria, il mio sol pensiero ...vieni mio Carlo a pugnar con me|” Pugnar come metafora di pugnette? No, di battagliar insieme è ovvio. Che poi. volendo si potrebbe interpretar come un sublimar di un'attrazione fisica fra i due che avrebbe acceso la scintilla a rendere illuminata la pulzella facendo innamorar Re Carlo. Per il quale Giovanna andrà a morire... 

Tra battute ironiche e citazioni cult il monologo di Lella Costa è intervallato da brani tratti dall'opera di Giuseppe Verdi suonati a pianoforte a quattro mani da Elia e Betsabea Faccini che hanno accolto calorosi applausi. Un duo formidabile, bravi, bravissimi davvero. Lella Costa è un mostro di bravura sapendo modular le parole con un ritmo difficilissimo recitato a volte con una velocità impressionante nell'inserire divagazioni fra parentesi del suo discorso che mantiene viso in modo frizzante e leggero fino al colpo tragico della mazzata alla sua eroina. La quale va ad aggiungersi alla lunga lista di donne coraggiose che hanno lasciato la vita, ultima delle quali Mahsa Amini colpita selvaggiamente dalla polizia fino a morire per aver fatto intravedere una ciocca di capelli dal velo mentre il Governo di Khamenei in seguito ha smentitto dichiarato che Mahsa sia morta per malattia, “ridescrivendo” così una storia contemporanea invece nota a tutti nel suo crudele realismo.

Grandi applausi per tutti.




 

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