Sabina Guzzanti è stata mattatrice, in una sorta di molologo di una stronza, folle e delirante all'Auditorium Paganini, un teatro che l'acustica non aiuta moltissimo a recepire bene le parole che in questo spettacolo erano proferite da Sabina a mitraglietta facendo sfuggire importanti battute al folto pubblico
Il quale è rimasto in religioso silenzio per non perdere il filo rotto soltanto da una fila di spettatrici che ridevano continuamente. Bastava una parola: pizzeria. Ah ah ah, idoelogia...ah ah ah! Siamo tutti ...ah ah ah! nella merda (ed era qui che ci sarebbe stata la risata, ma ormai era già fatta).
Forse conoscevano il testo a memoria o forse no. Sabina ha tenuto il palco con un lungo monologo incessante e piroettante a ritmo frenetico (alternando la recita dal vivo a brani in stile rapper con microfono aiutata dal play-back) decisamente istrerico in una sorta di opera buffa proponendosi come la bella di Siviglia che tutti la vogliono ma nessuno la piglia. La battuta. Se non fosse stata... per la claque?
A pensar male si fa peccato e comunque ci aveva già pensato abbondantemente la Guzzanti a raccontare un secolo di “merdolanum” dal quale lei emergeva con una visione a posteriori, perchè partiva dal 2041 correndo l'anno a retro fin dagli albori della nascita dell'ideologia liberale dopo la rivoluzione del 700 francese, che si espandeva a macchia di leopardo. A tal sproposito citava il premio dell'economia Nobel Freedman come capostipite di un'amministrazione canaglia che andava da Margaret Tatcher ad Angela Merkel, passando da Emma Marcegaglia. La solidarietà tra donne specie quelle superiori di potere non è nelle sue corde essendosi auto-assurta a vestale dell'ideologia ad personam neo-liberista dura e pura super partes. Parte extremista in contrapposizione a Matteo Renzi che con la sinistra vira a destra.
Alzi la mano chi sia stato escluso. Per fortuna sua, perchè la Guzzanti andava giù molto duro facendo l' imitazione di Silvio Berlusconi che, dopo aver ingoiato una pasticca come Gary Oldman in Leon, si trasformava da Presidente del Consiglio con l'accento meneghino a Capo mafioso con l'accento siciliano intercalando le parole con un minchiono a destra e a manca. Mancava solo un passo, quello che dalla farsa portasse alla tragedia per dare un tocco di lirismo ai versi gutturali della Guzzanti ad elevar in alto la performance.
Ed ecco allora che in sottofondo si udiva il canto della Maria Callas in Casta Diva mentre la Sabina-vestale dell'ideologia faziosa continuava nelle sue elucubrazioni immersa ieraticamente come in una sorta di masturbazioni mentali simil vergin-fica-economy dove era solo lei a godere nell'ascoltar i suoi versi di un piacere sadico e perverso che si libravan in liberal-cazzeggio a “dido” roteante puntato in alto.
Un due tre...stalla. La sinfonia era spietata e dissacrante ma fino ad un certo punto. Infatti dalla mischia tra il sacro ed il profano salvava il Papa dicendo che finalmente Uno facesse il cristiano, portandoci alla mente il nostro Francesco. Il quale effettivanente per questa sua riscoperta cattolica-gesuita riceve il plauso da tutto il mondo Sabina inclusa che in questo caso era nella parte come icona con tanto di corona simil spine a tutto gel extra strong.
Stroncando quì e là ce ne aveva per tutti senza esclusione di colpi attribuendo ai ricchi di potere che tengono le fila delle borse e quant'altro tutte le colpe del mare di merda in cui siamo (eravamo) affondati e dalla quale "Ce ne dobbiam tirare fuori".
Purtroppo non diceva come, perchè di fare opposizione son capaci tutti chi più, come lei, chi meno come la massa di pecoroni in cui lei ci ha identificati, mentre trovare la soluzione per un problema così grande bisogna essere geni. Mica affabulatori stronzi. Come ne Venimmo Fuori è infatti il titolo del monologo con il quale è uscita la Guzzanti in questa performance per indottrinare ulteriormente i suoi fans televisivi, visto che dai palinsesti della Tv è stata sospesa per scarsità di ascolti.
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