Continua Parma Danza 2015 al Teatro Regio a tutta danza contemporanea che riscuote successo a fasi alterne.
Nella serata di martedì 28 aprile era in scena l'Aterballetto che si è confermato come prima scuola italiana in assoluto non deludendo mai le aspettative.
Dopo il grande successo di Certe Notti con le musiche di Ligabue che fra gli eventi di Parma Danza nelle passate edizioni aveva lasciato un segno, l'Aterballetto ha portato in scena in Don Quixote de la Mancha aprendo con una coreografia accattivante composta da un fondale bucato a sagome di tante vele spiegate, o tende svolazzanti dalle quali intravedere il mondo proiettato con immagini che si alternavano dai velieri, latini mascalzoni di Luna Rossa memoria, alle pale dei mulini a vento che il Don Quixote e l'amico Sancho Panza (suo alter ego) hanno sempre visto, secondo l'autore Cervantes, come mostri.
Le proiezioni in digitale sono le coreografie del futuro della danza se si vuole innovare facendo ancora sognare dopo aver quasi del tutto abbandonato le scenografie dei classici da fiaba.
Il balletto si sviluppa tutto in una sola stanza dalla quale i due amici si parlano fronteggiandosi per intraprendere il viaggio onirico di sogni e di chimere. A suon di nacchere e scalpitìo di cavalli.
Le musiche infatti sono spagnole in mixage tra antiche e moderne, tradotte dal compositore finlandese Kimmo Pohionen per dare un tocco di contemporaneità, molto sensuali ad accompagnare le movenze dei ballerini che si snodano seguendo il ritmo cadenzato a suon di chitarre o nacchere e tambur battente infuocando gli animi di passione così come tutto ciò che vien dalla Spagna.
protagonisti che curiosamente come in Certe Notti sono stati i più sensuali nelle movenze in perfetto sincrono molto eleganti, per poi passare alla coppia etero, a tre a a gruppi.
La coreografia è di Eugenio Scigliano, scene e luci Carlo Cerri, con i costumi Kristopher Millar e Lois Swandale molto colorati che insieme alle danze formavano un bellissimo caleidoscopio sempre in movimento. Appplausi e tutti in trionfo.
Tiepida per non dire fredda è stata invece l'accoglienza de La Dolce Vita nella serata di giovedì 30 aprile, forse troppo d'avanguardia Under Groud, perchè non si è capito il nesso fra religione (la passione di Cristo) e performance in mutande fra botteghe di falegnameria con cavalletti alla Foppa Pedretti e Cristo Risorto fra grida di giubileo a suoni gutturali da animali di memoria Odisseica Spaziale del 2001, che segna comunque anche l'anno del crollo delle Torri, chiamiamole così come metafora di nostre palle schiacciate sotto.
Le citazioni “colte” sono un cult della mia recensione liberamente ispirate a tutta danza squinternata in scena con la Dolce Vita perchè più amara non si può in quanto non c'azzecca nemmeno a livello di parodia. Di una Dolce Vita.
Il significato oscuro anche se è stato reso noto dall'autore come sopralluogo nostalgico di un'archeologia misteriosa non è stato recepito dal pubblico che si è perso nei meandri di titoli a quadretti, come una sorta di cruciverba, a visioni imbarazzanti con ballerine a nudo a gambe corte pancette in fuori, e ballerini in slip afflosciati a forme stropicciate, per meglio illustrare la sofferenza di poveri cristi.
Forse il pubblico non è maturo per questo tipo di spettacolo o forse non è l'autore in linea con i gusti del pubblico ma si sa che non bisogna porre limiti ad un artista libero di esprimere quello che gli pare, anche se alla fin fine il pubblico (composto quasi esclusivamente da signore o insegnanti di danza) non si sente di applaudire calorosamente, lasciando in fretta la sala perchè più che la Passione di Cristo sembrava di aver assistito a una Via Crucis tanta era la sofferenza condivisa con gli spettatoi fra i quali qualcuno uscendo si era fatto il segno della Croce. Amen.
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