martedì 11 ottobre 2016

DON CARLO NEI GIARDINI DI MARMO


Quando il bel canto si associa a una grande coreografia lo spettacolo diventa fantastico anche se il look è cimiteriale.


Ma il lutto si addice a una tragedia come il Don Carlo rappresentato al Teatro Regio ad aprire il Festival Verdi 2016 con grande partecipazione ed affluenza di pubblico entusiasta fin dalla prima scena con un fondale di marmo come pietra sepolclare dei resti di Don Carlos Imperatore con il quale decolla l'opera di Giuseppe Verdi per dipanare una storia tragica di intrecci amorosi, tradimenti frustranti, passioni represse, frantindimenti gelosie vendette perpretrate dal Re di Spagna Filippo (Michele Pertusi) avvalendosi del contributo del Grande Inquisitore per essere assolto dall'omicidio eventuale del figlio Don Carlo (Josè Bros) come dissidente ma in realtà temuto quale innamorato della sua consorte, la Regina Elisabetta di Valois (Maria Josè Siri)


 La quale ricambia un sentimento puro verso il figliastro perchè a lui era già stata a suo tempo  promessa in sposa dal di lui padre prima che questi se ne invaghisse pretendola per sé.


Tradimenti incrociati di padre in figlio e giuramenti di devozione da parte di amici fraterni (Don Rodrigo in primis Vladimir Stoyanov)) e serve fedeli verso il capo indiscusso riconosciuto nel primogenito, sono l'occasione per comporre duetti fra tenore e baritono, soprano e mezzo soprano come in un classico delle opere di Verdi nelle quali il Coro del Teatro Regio di Parma diretto dal Maestro Martino Foggiani con l'Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini di Parma diretta da Daniel Oren è parte integrante e qualche volta anche primeggiante perchè l'apparizione in scena  con la musica e le voci roboanti fanno vibrare gli spettatori coinvolgendoli a livello fisico oltre che cerebrale specie quando il fondale di marmo a muro ad incastro si è aperto per fare entrare la plebe che si è riversata sul palco come una fiumana ad innalzare le armi per fare resistenza o per assistere alla  terribile processione dei torturati alla gogna

Una scena di grande impatto horror  diventato stupefaciente con i bagliori delle fiamme che in sottofondo (foto di Roberto Ricci) si innalzavano al cielo. Un cielo blu che appariva sereno fra muri di siepi ad evocare i giardini di Fontainbleu innalzate per fare da cornice ai duetti tra gli sposi o i due innamorati suscitando gran pena per la loro unione impossibile.
E sopratutto innocente perchè mai consumata e proprio per questo destinata a tenere sempre viva quella scintilla accesa al primo sguardo, non a faccia a faccia ma quando lei lo vede raffigurato nel ritratto che lui le dona. Strano amore che comunque infiamma di gelosia lo sposo legittimo il quale non ha pace fino a quando non li scopre a dirsi addio per sempre. E per sempre sia perchè il Re irrompe fra i due urlando vendetta per entrambi: un urlo lacerante che fa squarciare la pietra tombale per far apparire una sorta di fantasma del vecchio Imperatore Carlos V per portare con sé il nipote nella tomba lasciando annichiliti tutti quanti pro bono pacis.
Grandi applausi per tutti i protagonisti e l'autore dell'allestimento il regista Cesare Lievi con la collaborazione di Maurizio Balò per scene e costumi e Andrea Borelli per le luci che hanno raggiunto il clou in una pioggia di bolle di sapone illuminate come fossero stelle cadenti.. Un esnsemble di rigore e fantasia che ha reso magico lo spettacolo.

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