mercoledì 11 ottobre 2017

BLADE RUNNER 2049

 Volevano stupirci riproponendo effetti speciali. Ebbene sì ci siasmo stupiti ma il 2049 non è Blade Runner. L'originale.



Non c'è l'anima di quel film che è passato alla storia mentre il sequiel finirà fra i tanti di fantascienza che hanno invaso lo schermo al seguito dell'opera prima come Indiana Jones, Guerre Stellari, Alien e Blade Runner.
Questo 2049 è sicuramente un bel film anche se sembra un elogio alla lentezza come una sorta di C'era una Volta ...di Sergio Leone.
Ma c'era una volta Blade Runner ambientato nel 1919 era di Ridley Scott il quale aveva dato al film un'anima decadente intrisa di sofferenza e pathos in una città senza luce del sole fra una pioggia incessante con i vicoli pieni di vapori e carrettini con cibo di strada, grandi cartelloni pubblicitari animati al neon e piccole navicelle spaziali che si facevano largo fra bidoni dei rifiuti e i replicanti mimetizzati fra gli umani ai quali dava la caccia il Blade Runner Harrison Ford.


Il 1949 cerca di dare un seguito alla strana coppia formata alla fine del film tra i poliziotto e la replicante Rachel quando entrambi si avviano verso la luce per vivere la loro storia d'amore superando il senso di precarietà che accomuna anche il genere umano che comunque rimanendo all'oscuro del proprio destino riesce a percorrere il cammino con una certa serenità. La stessa che invece manca ai replicanti i quali sono consci di essere stati programmati a tempo determinato per cui non avendo nulla da perdere diventano macchine perfette per distruggere senza pietà, fino a quando una lacrima dell'ultimo replicante si confonde con la pioggia mentre pronuncia le mitiche parole “Ho visto cose che voi umani...”
Son sempre cose create dagli umani comunque le cui menti non hanno limiti e confini capaci di immaginare l'inosabile e crearlo virtualmente   anche se a volte in modo rozzo od elementare per spiegare che ad ogni idea corrisponda una realtà così confermando la teoria, sempre dell'uomo,  che al mondo ne corrisponda un'altro parallelo.

Date a un uomo un'idea che questa si materializzerà. Un'idea...basta un'idea.. e l'idea che all'uomo sia data la facoltà di creare un umano più umano dell'umano è una sensazione di vertigine ma è un dejavue che va dagli esperimenti di Frankestein ai supereroi di cartoon, dai vampiri ai mostri di jurassica memoria che accompagnavano l'homo erectus d iniziare la sua evoluzione dal regno animale che la fantasia dell'uomo indica nella specie delle scimmie. Infatti le ha poi immaginate come specie dominante (Il Pianeta delle Scimmie) in un percorso involutivo dell'uomo sempre più  immerso ed integrato nella natura piuttosto che in un nuovo mondo  proiettato verso un futuro ascettico impegnato nella ricerca e negli esperimenti di laboratorio  oppure in vitreo o nel copiare il dna di una cellula riproducendo tante copie fino ad arrivare alla scintilla dell'intelligenza accesa attraverso l'occhio. Paura paura!

Se l'uomo ha acceso il fuoco può accendere anche questa scintilla creando intelligenze artificiali ad effetti laser, oppure materializzandole ad effetto meccanico. Entrambi comunque capaci di elaborare un pensiero autonomo che li renda unici e differenti l'uno dall'altro distinti fra il  bene e il male.
Questo è il grado di evoluzione che si intende di aver raggiunto con il 2049 rimanendo comunque ad un livello sempre rozzo ed elementare perchè ripropone in pratica una massa di replicanti al comando di Wallace il quale li ha creati per gestirli  distinguendoli fra le classi dei dirigenti e degli schiavi, già visto in Orwell 1984.

Infatti la sorpresa del film è che il mondo sia stato invaso da replicanti tanto da generare il dubbio alla fine che il vecchio cacciatore poliziotto sia stato programmato per essere infiammato dalla scintilla di luce saettante  innescata negli occhi alla replicante Rachel. La quale nel sequiel di 2049 come un miracolo gli darà due figli a rappresentare quello nato (una bambina) e quello creato in copia, il maschio (impersonato da Ryan Goslyn) lasciando liberi di immaginare un seguito che non si riesce a decifrare visto che nel mondo è “nato” un solo replicante (donna) fra tanti replicanti senza un'anima. Quanti tenteranno di possederla per perpetrare la specie?
Un destino in mezzo ai bruti non è il massimo per l'evoluzione né dell'umanità né per un replicante donna relegata al ruolo di “una per accontentare tutti”. Gira e rigira l'immaginario maschile è sempre quello della dea madre grande troia.
Ma fatti non fummo per vivere come bruti. Questa è un'idea del caro e vecchio Dante. Da non prendere sottogamba sperando che con i replicant sia finita lì.

 Infatti Rydley Scott non ha firmato la regia pensando giustamente di avere esaurito il tema  (rinunciando alla regia per intraprendere quella di Tutti I Soldi del Mondo sul sequestro di Paul Getty)  con il volo della colomba e dell'ultimo replicante  come a suggellare una pace mettendo un velo su questo tema che dopo trent'anni è stato squarciato per fare una sorta di esercizio fantascientifico perfezionato su dei robot destinati a ripetere la storia dell'umanità con il replicante schiavo che si ribella al suo creatore (Wallace) così come l'uomo ha fatto con Dio in una sorta degli albori di una civiltà di macchine a sembianze umane. E' un pò come giocare con le bambole o i soldatini ai quali i bambini fanno ripetere le stesse cose o situazioni che vedono fare dagli adulti. Con tutta la strada che l'uomo deve ancora percorrere per evolversi alla perfezione è come essere arrivati al punto in cui Dante apre la Divina Commedia: "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita".

Nessun commento:

Posta un commento