lunedì 23 febbraio 2015

LO ZOO DI VETRO DI TENNESSEE WILLIAMS

E' stato piacevole rivedere Arturo Cirllo a Teatro, sabato 21 febbraio, dopo l'Avaro dello scorso anno che tanto aveva stupito non solo per la regia ma anche per l'allestimento scenografico e dei costumi.
Davvero geniale in una sequenza colorata di cubi in movimento ad incastro con un  il ritmo aggraziato del gioco di luci puntate di volta in volta sui protagonisti.








Quella danza di luci che abbiamo visto anche nello Zoo di Vetro con i fari  sul monologo o i dialoghi degli interpreti per poi diventare abbaglianti come le sfaccettature di un svarowsky aprendo la madia con i vecchi abiti degli antichi fasti della gioventù finendo poi a lume di candela di due candelabri in un gioco d'ombre alla Barry Lindom, il film di Stanley Kubrick.
Tante sono le citazioni in questa regia di Cirillo (dove è anche interprete) tratta da un'opera teatrale di Tennessee William nel quale si riprongono gli interpreti del film omonimo Un Tram Che si Chiama Desiderio dove illusione e cruda realta si contrappongono fino alla consumazione di uno stupro violento e conseguente follia.



Il mondo delle illusioni nello Zoo di Vetro pervade tutta una famiglia con una madre ansiosa e onnipresente nella vita dei figli che vorrebbe crescere a sua immagine e somiglianza facendoli invece fuggire dalla sua ombra: il figlio maschio primogenito per inseguire altre ombre che sono quelle del cinema nel quale si rifugia tutte le sere come una sorta di citazione della Rosa Purpurea del Cairo di Woody Allen, mentre la figlia un filo zoppa e timida in maniera patologica si immerge nel vecchio giradischi ad ascoltare canzoni piene di malinconia che in questo contesto teatrale sono quelle di Luigi Tenco con il tormentone “Mi sono innamorato di te, perchè non avevo niente da fare...”

Un niente da fare che è anche il leit motiv di questa famiglia piena di illusioni con la voglia di lavorar saltami addosso perchè troppo volgare e duro è far fatica, impegnandosi solo nel quotidiano  fatto di sole chiacchiere di intrattenimento “perchè una donna deve avere spirito per catturare”, regole da seguire, e sogni da rincorrere.
E qui un' altra citazione al film di Nanni Moretti che a domanda su cosa fai nella vita lei risponde “Parlo telefono vedo gente...”

Quella gente che comunque quando viene invitata in casa porta scompiglio mettendo tutti al loro posto, come una sorta di Giardino dei Cigliegi di memoria Cecov.
Infatti viene invitato a cena l'amico di lavoro del figlio: quest'ultimo è un impiegato senza pretese avendo ben altro per la testa perchè oltre al cinema sogna di arruolarsi in marina per viaggiare intorno al mondo, mentre l'amico che un tempo era il fico della scuola ora si muove con i piedi ben piantati a terra.



Lui  è lo Stanley di turno, quello Del Tram di Tennessee (Marlon Brando nel film), che dapprima gigioneggia con tutti per poi puntare alla figlia Laura per aprirla al mondo dopo che lei gli mostra il suo fatto di piccoli animaletti di svarovwsky che collezione da tanti anni. Lavorare mai!
Lui però il novello Stanley lo fa gentilmente, prima seducendola con il ballo nella quale la fa ancheggiare tra una zoppicata e l'altra per poi darle un bacio che gli fa capire di essere finito in una trappola inducendolo a salutare tutti con un scusate “ho la fidanzata che mi aspetta alla stazione di ritorno dalla visita a una vecchia zia”. Illuso pure lui, e in quello zoo di vetro diventa consapevole di essere cornuto.

Uscendo dalla porta scoppia la follia nella madre che si era illusa di aver trovato nel fuggitivo, mancato fidanzato della figlia, quella sorta di “Un Amico per La Casa” incarnato nella collana di serie Armony che lei vendeva in abbonamento alle amiche mentre il figlio Tom va a vagabondare per il mondo dopo essere stato licenziato perchè trovato a scrivere poesie sui cartoni da imballo.
Girovagando per le strade davanti a una vetrina sente la mano sulla spalla della sorella Laura che lo fa sbuffare dicendole di andare a spegnere le sue candele. E la citazione al film  Candelabre è molto attuale ma quella datata era sicuramente connessa alla Blanche (Vivien Leight) di Un Tram che si Chiama Desiderio in una sorta di messaggio tradotto come  cara sorella Attaccati al Tram o come nel Valzer delle Candele (sempre con Vivien Leight che da ballerina di fila vestita da cigno scade a prostituta) buttati dal Ponte di Waterloo.



 Lo Zoo di Vetro si presta a molte traduzioni con citazioni mirate ma innovate che van dagli autori di Cinema e Teatro passando dalle canzonette sul tango di Grace Jones  di Frantic di Roman Polansky ballata dalle coppiette nel vicolo dietro l'angolo mentre i protagonisti sgolosan dalla finestra, a quelle di Luigi Tenco ante Ciao Amore in una emozionante replica infinita della sorella destinata a diventar la zitella di famiglia
Il tutto in un'ora e mezza di spettcolo che ha raccolto applausi a non finire.
Questo è Teatro: un ensemble accattivante dove sono tutti ugualmente bravi, nessuno escluso, nemmeno chi zoppica e fa di tutto per sparire di scena.

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