martedì 19 novembre 2013

AVATAR UN VIAGGIO NELL’INCONSCIO.


Non credo che si possa dire di AVATAR che rappresenti una rivoluzione nel cinema perché è tutto proiettato nel passato, alla ricerca del paradiso perduto fra il “Tigri e l’Eufrate”, e poi quello Jurassico con gli indigeni immersi nei riti tribali.
Il messaggio è comunque attualissimo: inseguire, occupare, distruggere…AmeriKani!
Anche a livello tecno-elettronico più che una rivoluzione si può parlare di evoluzione perché basato su film di fantascienza e fantastoria rinnovati e rivisitati negli effetti speciali e nelle ambientazioni in modo molto più ricercato e raffinato. Insomma, se non ci fossero stati Il Signore Degli Anelli, Guerre Stellari, Terminator il regista James Cameron non sarebbe arrivato a ideare e dirigere questo Avatar.
I cui indigeni sono l’unica nota rivoluzionaria dello spettacolo: se gli umani sono stati trasformati in Cartoon, ora i Cartoon vengono riprodotti come umani: ed ecco gli umanoidi Na’vi-Blu.
La storia è contro la storia scritta dagli uomini per rivolgersi verso quella scolpita nei nostri cuori e nelle tabelle del Vecchio Testamento.
In primis, non uccidere nel rispetto di tutto quello che ti circonda: l’ambiente, la vegetazione e le creature che lo popolano i quali sono tutti portatori di energia che nello scambio con quella degli indigeni, arricchiscono il flusso della linfa vitale di tutto il creato dove la Grande Madre veglia per mantenere l’equilibrio in perfetta armonia, come una musica celestiale.
Ad impersonare l’eroe di turno è il paraplegico Jake, Sam Worthington, il quale entrando nel corpo biologico di un Avatar, guidato a distanza e  con le stesse sembianze degli indigeni Na’vi-Blu, si trova a vivere due realtà: quella reale, che vive come un uomo a metà, non solo perché privo degli arti inferiori ma anche perché disposto al compromesso e al tradimento, e quella dei sogni in cui ritrova la sua completezza nell’ integrità fisica e morale, in un mondo dove impera la legge dell’amore, del rispetto e della pace.
Purtroppo compromessi dall’avidità degli esseri umani (alieni) che, trovato il sito giusto nel Pianeta Pandora in cui fiutano l’affare per trasformarlo in business perché i suoi elementi vengono richiesti a caro prezzo, vogliono soddisfare la loro sete di ricchezza anche a costo di distruggere la vita, facendo tabula rasa della vegetazione e decimando intere popolazioni anche a costo di farle scomparire per sempre.
Storie vecchie come il mondo (v. anche gli Aztechi, gli Indiani, i Curdi, gli Ebrei…), storie dell’umanità che, bene o male, dobbiamo accettare come parte della nostra evoluzione e del progresso, se vogliamo continuare a vivere da persone… sveglie, ad occhi aperti.
Altrimenti si rimane immersi nel lungo sonno, come nella scelta che ha fatto il nostro eroe il quale alla fine decide di lasciare la realtà per rifugiarsi fra le braccia della indigena amata (Zoe Saldana).
Che lo accoglie con un dolce sorriso…”Finalmente, anche tu vedi…!”
Già: that is the question! To be, or not to be?
A parte questi dilemmi che ci inducono a porre serie riflessioni, il film è bellissimo e stupefacente con scenari mai visti fino ad ora dove gli indigeni si muovono su alberi giganteschi i cui rami si estendono fra immensi e profondi dirupi, per fare da ponte tra una sponda e l’altra delle montagne, concedendosi anche la gioia di volare su enormi uccelli, uno solo per ciascuno di loro, con i quali stabilire un profondo e indissolubile legame di amore e connessione telepatica. Insomma, un film magico e ipnotico che per tre ore ti porta a sognare…ad occhi aperti.

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