In Francia proprio ieri si è celebrato il primo matrimonio gay.
In Italia siamo ancora lontani anche se ci sono ancora gli echi della grida allo scandalo per i tagli al bellissimo film I Segreti di Brokeback Mountain, diretto da Ang Lee censurato da Rai Due per le scene di due gay che si baciavano, a discapito del film che perdeva così il suo significato.
Tagli e censure che comunque non sono stati riservati a Lussuria, Seduzione e Tradimento, il film sempre di Ang Lee che quanto a scene hot sembra ormai diventato maestro di eccellenza. Il film è lasciato integro perché le scene si svolgono regolarmente fra un uomo e una donna.
Regolarmente si fa per dire perché la coppia è formata da una ragazzina (Wei Tang)e un potente capo politico che collabora con i nemici, poiché l’azione si svolge in Cina durante l’occupazione giapponese prima dello scoppio dell’atomica partita da Pearl Arbur.
La ragazzina è vergine e fa parte di un gruppo di studenti attori alleati alla resistenza che la ingaggiano, avendo notevoli doto di attrice, per sedurre il nemico, non prima di averla iniziata con freddezza, come una sorta di operazione chirurgica affidata a un compagno di scuola, che le toglie la verginità preparando il solco.
Così come un agnellino sacrificale viene mandato al massacro fra le braccia del capo politico. Il quale approfitta subito della sua disponibilità per massacrarla letteralmente, già dalla prima scena di intimità. Insomma la violenta con tanto di cinghie ai polsi, strappandole le vesti prendendola a schiaffi alternati ai morsi. Una trappola per due, perché si innamorano in maniera morbosa come solo la vittima ed il suo carnefice possono essere travolti. Una passione vorticosa che li porta a scopare incessantemente fra scene crude in cui lui la cavalca in varie pose, mentre lei ricambia facendo il bis, nudi e crudi con genitali in primo piano a tuttopelo in bellavista. La storia continua fino a quando lui le dona un
prezioso anello che lei indossa facendosi assalire dagli scrupoli perché lo aiuta a scappare dall’agguato della resistenza. Un gesto generoso che le sarà fatale perché lui non avrà pietà mandandola a morire insieme ai suoi compagni, pur avendo ancora il sapore di lei sulla sua bocca. La pietà è solo donna, mai maschio. Sarà pure etero questo film ma il messaggio è da tagliare, senza pietà. Perché non pone la domanda su una donna divisa tra cuore e ideali (già proposta da Ang Lee con la regia di Ragione e Sentimento), ma dà una risposta chiara e forte: quando una donna si lascia andare alla passione fisica profonda una volta esaurita, dovendo scegliere fra cuore e mente, sarà punita in ogni modo dal partner, per alto tradimento.
Dio salvi la Regina. Elisabetta è un nome fortunato per una regina, sinonimo di lungo regno. Lo è stato per la prima e lo conferma la seconda. Elisabetta II infatti regna da 60 anni con il rigore e lo zelo di una zelante serva, immedesimandosi nel ruolo di regina come nessu’altra: sola, distaccata, lontana da tutti dai sudditi, dai familiari, dal mondo intero non è mai riuscita a farsi amare con passione ma il popolo le è devoto come si fa con un’icona che regna sovrana in ogni casa. E lei imperterrita ha attraversato tutti gli anni del suo regno seguendo un cerimoniale uguale da secoli, sfilando regalmente portando in tutto il mondo lo stile British.
Favoloso e fantastico come il messaggio che ha voluto trasmettere con le sue mises in tecnhicolor accessoriate sempre da scarpe a mezzo tacco, borsettine mini (che chissà cosa ci terrà dentro: le chiavi di Bukingham Palace, l’agendina coi numeri dei potenti in codice, il telefonino per restare in contatto con Balmoral e le ultime notizie sui cavalli, cagnolini e cervi reali? Mah!) e una svariata gamma di cappellini. Ecco è proprio con i cappellini che l’inarrivabile e arroccata Regina ha sempre avuto modo di confrontarsi con le dame d’Inghilterra le quali, per un solo giorno all’anno, alle corse di Ascot potevano competere con la Regina sfoggiando cappellini nelle forme più originali. Poi il silenzio, tutti prostrati a farle l’inchino: Dio salvi la Regina. Questo fino al giorno in cui la sua fedele suddita Elizabeth Taylor, nata in Inghilterra appassionata di cavalli e cani “Lassie” non convolò a ingiuste nozze moltiplicate in numero infinito con …Hilton, Wilding, Mike Todd Eddie Fisher e Richard Burton perché a braccetto dei suoi mariti aveva anche lei il vezzo di sfoggiare cappellini originali e fantasiosi che attiravano i flash più di quanto lo facessero quelli della Regina. La quale veniva messa in ombra dalla diva quando faceva lunghe soste in Inghilterra alloggiando all’Hilton Hotel con il mondo ai suoi piedi per ammirare ogni capriccio a tutto fashion.
La diva non si faceva mancare proprio nulla, dalle pellicce ai gioielli, dagli abiti firmati ai cappellini di regal ispirazione, sfoggiati sia nella vita che sul set dove restano indimenticate la cuffietta de’ Il Gigante, L’Abat-jour in castorino di International Hotel o in pelo maculato e sempre a cuffietta a fiori sfilando per Via Veneto.
Dall’America il produttore Mankyevicz la tempestava di telefonate per farle accettare il ruolo di Cleopatra al quale la diva faceva rispondere dal segretario buttandola lì, senza crederci troppo: “Accetto solo per un milione di dollari” Ok, il prezzo è giusto e fu così che anche Liz finalmente divenne Regina con una serie di copricapi faraonici che tanto bastaron a coronar quel sogno di surclassare la Regina Elisabetta.
Missione compiuta fino a quando la divina Liz non si stabilì definitivamente in America.
Così la Regina divenne padrona assoluta della più invidiata e vasta gamma di cappellini che Sua Grazia ha sfoggiato incessantemente su una mise dopo l'altra fino all'arrivo di Kate Middleton ben decisa ad affermarsi battendo la Regina sul fronte cappellino col quale si è sbizzarrita dalla prima entrata in scena distinguendosi per le fogge molto originali come se fosse perennemente a una sfilata di Ascot dove se ne vedono di tutte le forme più curiose.
Kate ha fatto subito tendenza con dei cappellini sempre più fantasiosi e ricercati tanto da sfiorare il ridicolo e dei quali abbiamo ampiamente parlato soffermandoci sul clou raggiunto quando per la prima volta insieme a William aveva ricevuto l'incarico di una rappresentanza in Canada nel quale volendo ispirarsi al simbolo della bandiera aveva creato un effetto simil cresta da gallina raccogliendo fischi fra la popolazione.
Il gelato alla panna ci mancava e Kate subito ha provveduto a completare quella galleria di cappellini che fan proprio cagare. Qualcuno glielo dica per favore!
Le baby sitter sono un pericolo costante. Non solo per i bambini ma anche per i mariti. Non sono pochi quelli trovati in flagrante mentre tubavano con la “tatina”. Complice quasi sempre il viaggio in automobile quando il marito si offre di accompagnarla a casa dopo una serata passata a raccontare le favole ai pupetti. La favola continua anche durante il viaggio perché i due in genere se la raccontano scambiando le reciproche confidenze. E poiché da cosa nasce cosa…
Una di queste è stata beccata anche dall’attrice Sienna Miller quando era compagna di Jude Law e si prendeva cura, con l’aiuto della tata, dei suoi bambini avuti dalla prima moglie che aveva tradito per fare posto alla Miller. La quale doveva aspettarsi lo stesso tiro perché il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Molto bella, molto bionda e molto british, Sienna Miller appena lo ha scoperto a limonare con l’avvenente baby sitter ha alzato i tacchi e se ne è andata. Certo che a vederla così in questa foto, nessuno direbbe mai che potesse essere cornuta, invece Jude Law le ha fatto questo scherzo.
Ripetuto uguale a Nicole Kidman perché quando giravano Ritorno a Moutain Back stava con lei concedendosi una scappatella con un’addetta ai lavori sul set. Dietro le quinte, ovviamente. La Kidman non lo saluta più, mentre Sienna Miller si è consolata con un altro, con il quale tutt’ora convive insieme a due cani, Porgy and Bess. Per il momento non vogliono bambini.
Conoscere queste notizie in qualche modo ci consola perché le piccole miserie ci accomunano alle star. Sienna Miller non lo è ancora diventata, ma è sulla buona strada. Dopo partecipazioni a film importanti come The Pusher accanto a Daniel Craig in cui non è nemmeno citata nei titoli ha girato insieme a Keira Knightley il film The Edge Of Love in un ruolo trasgressivo perché impegnata in un triangolo amoroso. Banalità dirà qualcuno pensando a lui, lei e l’altra.
No, no sbagliato: lui, lei e lei insieme. Insomma il sogno di ogni maschio.
Da allora è stato tutto un crescendo. Purtroppo non in campo cinematografico perché la strada che ha intrapreso più volentieri è quella della modella ingaggiata addirittura dalla Coca Cola, con partecipazione al calendario Pirelli e nuova
testimonial di Tod’s, da tempo di esclusiva pertinenza di Gwyneth Paltrow. E’ curioso il fatto che molte star importanti si prestino a fare la pubblicità. Con tutto quello che guadagnano non dovrebbero averne bisogno. Infatti si vergognano, perché nel loro Paese non la fanno perché li declassa perdendo in credibilità. Anche da noi. Guardare Gorge Clooney per credere: l’aria da pistolone davanti alla caffettiera, sarà difficile farcela dimenticare.
Su la 7alle tate è stata dedicato anche un programma che ha lanciato la mitica Tata Lucia. Infatti è stata anche ingaggiata per fare la pubblicità alla Nutella il cioccolato che piace tanto ai bambini.
Purtroppo in America la Nutella è stata messa all'indice, insieme alle golose merendine, per l'olio di palma ingrediente che la compone risultando dannoso per la salute dei bambini.
Che vi dicevo? Attenti alla tata.
Meno male che lo spot lo hanno tolto per darlo a una giovane modella-simil parodina. La quale in cucina ne combina di ogni per cui non fa testo.
Oggi tempo di funerali: quello di Little Tony e Camera Ardente per la Rame. Pace all'anima LORO.
Al funerale di Little Tony c'erano tutti anche quelli che non c'entravano. Ma l'evento è troppo televisivo per non esserci.
A parte i cari estinti, quello che ha colpito è la silurata di Grillo a Rodotà.
Con tutto il rispetto ha fatto bene. "Grillo hai perso.Tu sbagli"
. Come dire che solo chi vince è sempre nel giusto. Ehhh, da Rodotà non me l'aspettavo. Proprio lui comunque che è quello che ha perso clamorosamente e che nonostante ciò continua a proporsi come il salvatore dei problemi della sinistra avendo trovato visibilità nei talk show che se lo sono vezzeggiato come archetipo del Vecchio Sapiente.
Al quale ha creduto anche Grillo finchè il vecchio non si è messo a consigliarlo al posto di Casalegno.
Giammai. Giustamente perchè Grillo a Casalegno deve molto.
Grillo ha perso perchè non sa gestire la vittoria in quanto circondato da troppi Grillini dilettanti.
Ad ogni modo la vera funzione di Grillo è quella di fare opposizione come ha sempre fatto la sinistra.
La quale ora che è al Governo deve accettare chi fa opposizione come Beppe Grillo che forse ha perso avendo un filo allentato la presa facendosi vedere in barca a vela abbronzato e disteso mentre l'Italia è nella merda.
Insomma ha cominciato a pregustare i provilegi del potere ma io penso che sia sincero nelle intenzioni.
Non per nulla molti hanno creduto in lui ma come lui hanno allentato la presa stanchi e delusi per l'inconcludenza degli ultimi tempi.
Nel frattempo chi ha votato Grillo dovrebbe continuare a sostenerlo fiducioso. Uno come lui non bisogna farselo scappare perchè ha infiammato la politica riunendo la gente nelle Piazze a discutere a confrontarsi e a sostenerlo perchè lui ha sempre detto quello che tutti pensiamo.
E’ un film inquietante. Parla di Sette Sataniche, una sorta di Massoneria in cui gli adepti, oltre a intrecciare e consolidare rapporti di potere, si scatenano in ammucchiate orgiastiche, dando sfogo ai loro più bassi istinti che celano dietro a una maschera di ceramica bianca, uguale per tutti.
Il film ha segnato anche la fine della storia di Nicole Kidman e Tom Cruise a causa del forte stress in cui il regista Stanley Kubrick li aveva sottoposti facendoli immedesimare nei ruoli inquieti dei protagonisti, facendo riaffiorare le problematiche più profonde dei due attori, ancora irrisolte.
Risolte poi con un divorzio sofferto, a causa di Ewan Mc Gregor con la quale la Kidman girava Moulin Rouge, e a causa di Penelope Cruz con cui Cruise girava Vanylla Sky.
Con le scene orgiastiche di Eyes Wide Shute la febbre da scambisti li aveva contagiati ad un livello tale da confondere ormai vita reale e virtuale. La cosa, e non si fa per dire, che più aveva colpito del film è l’apparizione di Nicole completamente nuda davanti allo specchio in cui veniva ripresa contemporaneamente nel lato b) in primo piano e quello a) di riflesso rappresentando l’immagine di una Dea dalla bellezza pura e perfetta, mentre era castamente baciata dal marito Tom, che si illuminava “scadendo” negli amplessi a tinte forti e hot vissuti nel suo immaginario.
(La Dea sul piedistallo è sempre invidiosa della femmina umana di cui sogna sempre le gesta da puttana). “Dio come sono caduta in basso!”
E’ invece no, dalle stelle alle stalle la Kidman ne usciva vincente convincendo con una interpretazione, e non si fa per dire, “impeccabile”, perché a una Dea tutto si perdona in quanto artista, che di ogni peccato sa rendere virtù.
Ma a colpire L' immaginario non è Nicole nelle sue performances erotiche-amatorie, né tanto meno lo sono le sequenze a carattere introspettivo di Cruise nel Club dei pervertiti accompagnato da una colonna sonora da cerimonia funebre, ma la sfilata della Kidman come modella perché nella sua superficialità ha enorme valenza di fondo, esprimendo in pieno la triplice personalità della Kidman. L’apparizione, oltre alla sua innocente nudità, è quella in lingerie, tutto un programma che la dice lunga sulla sua vera natura: infatti Nicole appare in canotta di maglia-puro-cotone, informe e piatta senza accenno di coppa femminile, corredata una un paio di slip a vita bassa, da bambina di primo pelo. Insomma, non una donna, ma una splendida e innocente maschietta che trova la sua esaltazione quando sfila litigando con Tom Cruise, in un reparto giochi fra orsetti di peluches, con occhialini da intellettuale e il cappotto informe lungo fino alla caviglia, di “puro cashmere”. Magnifica, cerebrale e giocosa. Tom Cruise la punirà chiedendo il divorzio un mese prima del compimento del loro decimo anniversario, per non dividere il patrimonio a metà. Però divisero il successo, che li accompagnò entrambi di pari passo. Campioni si nasce e… “loro due lo nacquero”.
Se uno pensa a un peperino, in Eva Longoria nel ruolo di Gabrielle nelle Casalinghe Disperate, trova la sua incarnazione.
Taglia minuta e scattante, capello nero e liscio, occhi accesi come due carboni ardenti, sorriso smagliante e tocco in più in quella pelle ambrata, di quella giusta nuance che induce a definirla la bella mora per eccellenza.
Il fisico da modella, minuto ma ben proporzionato fa figuretta sexy. La più sexy del gruppo anche per quel suo modo spiccio di andare subito al sodo.
Che è esattamente quello che uno pensa, fatto di money e di sesso.
Una material girl che suscita simpatia perché sa porgersi con quella grazia tutta infantile che induce a tenerezza.
Ad aiutarla in questa operazione deduttiva sono sicuramente gli abiti strizzati e coloratissimi che esaltano il suo fascino esotico latino-americano.
Di quel genere conturbante che se non fa proprio tipo da sposare (eppure lei si è già sposata tre volte: l’ultima col primo marito), è quella giusta da portare a letto.
Nell’immaginario, ovviamente, perché tranne qualche scappatella, sta dimostrando di essere in linea con le altre Csalinghe Disperate abitanti di Wisteria Lane.
Tutte attaccatissime al loro partner, che non pensano minimamente di mollare. Il serial è questo e ce lo dobbiamo sorbire. Niente male comunque perchél ha sempre più successo poiché la formula del gruppo di casalinghe alle prese del quotidiano nelle quali tutte ci possiamo identificare, funziona egregiamente.
Grazie anche alla ricetta di cui conosciamo tutte gli ingredienti: un composto di dolcezza mista a crudeltà che le casalinghe sfornano giornalmente in famiglia e nel vicinato in un vortice di dispetti, liti e riappacificazioni che puntualmente si rivolvono nel lettone.
A meno che non sia già stato servito l’aperitivo al veleno…
Cuba Libre? Mah!
ELOGIO ALL’IDRAULICO
Una volta era il postino a farlo da padrone fra le casalinghe, alle quali suonava il campanello più di una volta facendo scattare la libidine sul tavolo da cucina tutto infarinato.
Poi è stato il lattaio che portava la bottiglia piena in cambio del vuoto a rendere. Con l’avvento dei cartoni (che hanno fatto anche la fortuna della Parmalat, la prima azienda ad averli adottati nella distribuzione) i lattai a domicilio hanno perso potere.
E allora sulla piazza è rimasto l’idraulico. Si fa per dire, perché trovarne uno bravo è un’impresa. Ma proprio per questo è lui il più affascinante e ambito, per quella borsa che si porta appresso piena di arnesi pronti alla bisogna. Serve qualcosa? Eccome se serve. Alle Casalinghe Disperate è proprio indispensabile. La serie è riproposta in replica su SKY Fox Life, e proprio l’idraulico, l’attore James Denton (Mike Delfino) è il maschio più conteso del rione di Wisteria Lane. Accalappiato all’inizio dalla bella, ma imbranata e goffa Teri Hatcher (Susan Mayer Delfino) dopo aver rivaleggiato senza esclusioni di colpi con l’altra single del gruppo Edi che a seguito di dissapori col produttore è uscita poi di scena.
Ma dopo esser riuscita ad impalmarlo Susan si è separata per mettersi insieme a un ragazzino, continuando a rimpiangere le prestazioni dell’idraulico il quale la tormenta perché non l’ha mai dimenticata. Forse proprio grazie a questo serial, in America l’idraulico è passato in testa alla classifica degli uomini più sexy e desiderati, surclassando i politici e finanzieri anche se il loro potere erotico resta ancora ad alta gradazione.
Dopo di loro ci sono i muratori, perché il muscolo gonfio che spunta dalla canotta sudata fa molto fascino selvaggio.
Professionisti e operai sono utilizzati per le sveltine pausa pranzo: sia con i primi che con i secondi la consumazione si svolge nella location toilette, degli studio e delle fabbriche. Qualcuno arriccerà il naso. Qualcuno, ma non i praticanti degli studi legali (lo abbiamo appurato con il serial Ally Mac Beals dove si riunivano tutti nei gabinetti a tubare), né tanto meno l’attrice aristocratica Julia Ormond la quale, proprio nella toilette di un Bar, ha girato la scena più hot, nel film Captives, della sua carriera insieme all’attore Tim Roth con un amplesso arrapante fra posizioni acrobatiche da Kamasutra, conclusesi dopo un preludio in cui gli aveva messo un dito in bocca per esplorare, in qualità di dentista di un carcere, la cavità orale del detenuto, facendoglielo succhiare libidinosamente. Se la scena è rimasta alla storia, in quel sito W.C. la Ormond ha sgonfiato la sua carriera di grande star aristo: dalle stelle alle stalle, riprendendosi poi con il cinema indipedente d’autore.
Infine per ultimo, ma non ultimi, ci sono gli intellettuali, giornalisti in testa, perché: primo, hanno tempo da perdere, e secondo perché con la logica dei loro discorsi, sanno incantare liberando la coscienza delle donne da ogni scrupolo avvitandole nella passione intrisa di erotismo tutto cerebrale sostenuto dall’alibi della cultura formativa, che si conclude con tanto di voto finale e laurea in lingue.
Con i primi raggi di sole, viene voglia di Estate e di vacanze. Negli ultimi anni sono sempre andata in Tunisia dove il clima caldo secco si gode molte.
Al Nord c’è un filo più ventilato, con un paesino caratteristico, Sidi Bou Said, posizionato su un’altura sopra Carthage, dove c’è un punto di incontro a vista panoramica in cui vengono serviti il tè Belmondok (con i pinoli) o alla menta.
E il Tè nel deserto è il titolo di un film di Bernardo Bertolucci che mi aveva molto colpito per le scene suggestive: ricordo in particolare quelle in cui Debra Winger e John Malcovich facevano il giro in bicicletta nel deserto fino ad accasciarsi a terra fra i sassi, con sole rosso del tramonto che li irradia senza alcun calore. Poi c’è l’altra in cui Malcovich va in un bordello dove trova una prostituta di una bellezza volgare ma voluttuosa che si scopre il petto mettendo a nudo due grosse tette nelle quali affonda il membro di lui per fare una spagnola. Se non fosse che lei con l’altra mano cerca di rubargli il portafoglio, potrebbe essere una scena di sublime dolcezza. Ma tutto il film è aspro e intriso di morte resa ancor più assurda dalla forzata ricerca del dolore, per poter rinascere dopo le forti emozioni che ne derivano come una sorta di araba fenice.
Solo lei ci riuscirà, sorseggiando un Tè alla menta che le offre un giovane Tuareg con il quale si congiungerà con un rituale primitivo di istintiva carnalità, dopo un preludio nel quale viene circondata da bambini che sorridendo maliziosamente le fanno linguina saettandola oscenamente. Dopo, essersi persa in un’oasi che poi le risulterà estrenea, lei riprenderà il suo cammino portandosi per sempre dietro quel sottile mal d’Africa che accompagna tutti quelli che vivono un contatto profondo con quel Paese.
Fare l’amore sotto il cielo stellato nell’assoluto silenzio del deserto è un’esperienza sacrale, perché ti fa sentire parte dell’infinito in maniera sensuale. La natura primitiva e selvaggia dell’Africa fa riaffiorare gli istinti primordiali di cui l’uomo civilizzato ha perso la memoria, per cui l’esperienza è di profonda intensità nella fusione fra spirito e materia portati agli estremi.
AMORE E MORTE DAI CLASSICI ALLA TV
Il connubio amore e morte è sempre stato associato alle tragedie dei classici Greci poi tradotte da tanti autori con Shakespeare in testa, che hanno esaltato amori passionali e morti violente sublimandole in eros e thanatos: Fedra, Il Lutto si addice ad Elettra, Otello, Giulietta e Romeo e tanti altri.
Amori e delitti consumati e perpetrati dentro a uno scenario di lotte per il potere. Al cinema il tema di amore e morte ha cambiato lo sfondo nel quale sviluppare storie fra vita e morte aprendo il confine che da sempre lo ha delimitato, per cui la morte viene intesa come vita più interessante. Il successo dei film sui vampiri ne è la prova: la vita meravigliosa si svolge tutta dietro la porta del Grande Freddo, dove i morti sono più vivi che mai che godono in amplessi focosi fino all’ultimo morso.
Non solo, il tunnel da percorrere, che separava la vita e la morte è stato completamente distrutto dall’uomo con l’eutanasia.
L’uomo si è sostituito a Dio e la sua mano ha potere di vita e di morte. Il Dottor Morte infatti è il film interpretato da Al Pacino, un medico che stacca la spina su pazienti malati allo stadio terminale. Perché attendere la mano di Dio se staccando una spina si terminano tutte le sofferenze? Lui è stato processato ma poiché il tema è complesso e difficile da giudicare è stato approvato il testamento biologico dove ciascuno è libero di lasciare le proprie volontà perché Dio è dentro di noi e l’uomo decide quello che vuole essere, solo lui e nessun altro.
Nessuno può dire a un altro “Tu devi essere questo o quello” perché un uomo è colui che è: e Gesù, figlio di Dio (e non il suo profeta) è il modello di riferimento mentre il Papa è l’apostolo che diffonde il suo Verbo: l’unica verità infallibile. Questa è la fede della Religione Cattolica che non ammette il suicidio ma lascia la libertà all’uomo di firmare per farsi “operare” e lasciare che un chirurgo metta le mani dentro al suo corpo, oppure no.
La linea di confine che delimita la vita e la morte è invece molto presente nel film Di Alejandro Gonzales Inarritu “Biutiful”, interpretato magistralmente da Javier Bardem perché parla di un malato allo stadio terminale che dentro a questo tunnel della morte si trova a riflettere sulla sua vita d’inferno di famiglia allo sbando, di traffici illeciti fra morti e assassini e della sua attività di medium in contatto con i defunti dal quale trae profitto, riuscendo a combattere per riscattarsi con una vita di amore e di speranza per il futuro dei figli.
Questo per dire che il tema di vita e di morte non riguarda più la sfera dei sentimenti e delle passioni degli esseri umani così come ci è stato tramandato dai classici, ma della medicina, della religione o del paranormale. Per questo la morte è vista come fenomeno sbarcando in Tv a fare spettacolo nei talk show fra psicologi, urologi, criminologi, plastici, opinionisti, starlette e giornalisti in carriera. Per esorcizzare la paura la morte l’abbiamo trasformata in fenomenale: un incubo infinito. The One! Toc toc…C’è qualcuno lì? Era meglio non aprire quella porta…
Al cinema (ma visto anche in tv) con Woody Allen. Basta che funzioni? Con un genio sì. E’ quanto accade al protagonista, un fisico di successo Boris Yelnikoff (Larry David) il quale diventando vecchio è sempre più incattivito e cinico, la cui genialità sta in “una visione dell’insieme” che agli altri non è dato vedere (infatti è l’unico a parlare all’obbiettico perché sa di avere un pubblico), facendo presa su di una ragazzina che rimane affascinata, colpita come una folgorazione.
Lei, Melody St.Anne Celestine (Evan Rachel Wood), perdendo la testa, la ritrova lungo il percorso che faranno insieme come marito e moglie, innamorandosi di un giovane coetaneo bellissimo, mentre lui, il vecchio genio-marito, perdendo la testa fino ad arrivare al suicidio, trova l’amore con un’altra. Di professione medium, come dire la normalità. Perché il genio insegue la normalità come meta agognata, quando invece tutti gli altri cercano di trasgredire per sentirsi geni.
La commedia si snoda fra una mitragliata di battute che coprono tutti i campi della vita.
“I genitori mandano i ragazzi a specializzarsi in vari campi: nel campo dell’ingegneria, del commercio, della regia…Invece dovrebbero mandarli per almeno un paio di mesi in un campo di concentramento, così saprebbero che cosa voleva dire”.
Non dimentichiamo la shoa è ovvio. Il regista Woody Allen è ebreo ed il protagonista impersona lui, dai tempi di Manhattan ai giorni nostri dove lasciava partire una ragazzina con la quale aveva imbastito una liaison, per ritrovarla in questo film dopo anni di carriera, di analisi, e di esperienze fallimentari. Prima fra tutte le storia con Mia Farrow, nevrotica e fissata a salvare il mondo, facendo famiglia colorata. La stessa linea che poi ha adottato anche Angelina Jolie.
Woody ha trovato la felicità, meglio dire la quiete, con una asiatica che ha accolto nella sua casa dopo averla “iniziata” quando era ancora bambina (fotografandola nuda e deliziandola nella sua imberbe cosina) nel ruolo di sua figlia, facendo parte della tribù colorata di Mia.
Un pasticcio galattico che ha messo un’ombra sulla genialità del regista, subito ripresa col matrimonio riparatore “perché un’asiatica quando è in strada può solo fare la prostituta” (la battuta è nel film).
C’è tutta la sua vita in questa ultima prova cinematografica, dove si divide fra la ragazzina ideale svaporatamene intelligente e dolce che tutti i geni vorrebbero plasmare, e la donna normale finalmente incontrata alla fine, l’unica in grado di placare le sue ansie di nevrotico pessimista. C’è anche un cenno alla sua storia con Diane Keaton, con la quale ha fatto scintille in vari film mentre era compagna della sua vita e durante la fase in cui era subentrata l’amicizia amorosa, vendicandosi poi con questo ultimo. In Basta Che funzioni la si individua nel ruolo della madre di Melody (Patricia Clarckson) la quale esplode (dopo una vita in provincia) per esternare tutta la sua eccentricità, accompagnandosi a due amanti per un felice menage a trois. Inteso come tre, ma anche come troia. Insomma la Keaton, dopo averla celebrata come musa ispiratrice, ora lui la vede così, troia a tutto campo, con “la sua geniale visione di insieme” perché lei mentre stava con lui, aveva intrecciato una relazione segreta anche con Warren Beatty, facendo poi coppia fissa con quest’ultimo. Woody, pur facendo buon viso non deve aver mai digerito la faccenda perchè ora sputa il rospo sullo schermo facendo un’impietoso ed esilarante ritratto dell’artista eccentrica. Il film è divertente e si gusta fino alla fine soprattutto perché a illuminarlo è la bellezza deliziosa di Evan Rachel Wood la quale, pur avendo alle spalle un curriculum di lunga gavetta e film interessanti con un’età che si avvicina ormai ai trenta, mantiene intatta la freschezza di una ragazzina ansiosa di liberarsi del clichè di miss vattelapesca, in cui la madre l’aveva costretta per sublimare le sue velleità di artista repressa.
Senza alcun successo, perché alla fine si innamora di un bellissimo ragazzo (Henry Cavill) come lei, a cui si dona con candore scusandosi per non aver portato il Viagra (invece del preservativo). Battuta che manda in tiro ancor di più il ragazzo il quale risponde con veemenza: “Non ti preoccupare, sono abituato a mangiare carne rossa”, avventandosi su di lei come un vorace predatore, facendola esclamare “Oh, che bello!”
Come tutto il film.
In principio fu Delfino e come tale entrò in scena: da conquistatore per meriti acquisiti da eredità dinastica della Grandeur. Noblesse oblige: E vive l’Empereur (Elvio Ubaldi). Il quale, a fine mandato caldeggiava la nomina del suo delfino Pietro Vignali a discapito di Maria Teresa Guarnieri la quale alzava i tacchi mandandogli la fatwa come una sorte di Matilde di Canossa: “Ti aspetto inginocchiato”. E’ ancora lì che aspetta.
Il Delfino invece cavalcava la scena e non si fa per dire: prima al Teatro Regio facendo gli onori del foyer a telegiornaliste delle Tv generaliste di una certa esperienza nei Tg Talk show come Anna La Rosa Cesara Buonamici e Daniela Vergara prestandosi a foto ricordo.
Ma il colpo di teatro lo presentava alla prima di Poggy and Bess facendosi affiancare da due show girl imperiali come Denny Mendez ed Elena Santarelli, la classica strategia della bionda e la mora adottata da Pippo Baudo come mossa vincente.
E da lì fu tutto un crescendo. Da Delfino a Sindaco attrici e show girl della Tv si susseguirono nel foyer del Regio per dare lustro e visibilità al Tempio della Lirica della città di Parma già famoso di suo in tutto il mondo. Ma tant’è, perché Manuela Arcuri, Sara Tommasi e Rossella Brescia le altre star bersagliate dai flash accanto al Sindaco conferivano quel tocco in più di glamour e mondanità rispolverando l’opera lirica.
La quale da musica per pochi eletti suscitava la curiosità e l’interesse delle Tv generaliste che dedicavano ampi spazi agli eventi Festival Verdi e Stagione lirica diffondendo le opere al grande pubblico nazionale, dapprima presentando romanze nei programmi di canzoni per grandi e piccini (v. i Tre tenorili ora in tourné in tutto il mondo) e poi le opere in toto fra Teatri e location naturali dell’Italia.
La pubblicità è l’anima del commercio ed in questo Pietro Vignali è stato grande perché anche Parma entrava in scena in tutte le emittenti vezzeggiata e seguita con interesse e stima contribuendo a consolidare quella fama di Parma l’elegante, Parma la mondana, Parma città di Belle Donne. E scusate se è poco. Qualcuno andava oltre perché si dichiarava perdutamente cotto. Suvvia non esageriamo perché non tutto è oro quello che luccica.
Infatti la girandola di belle soubrettine ha cominciato a voltare contro emergendo in una serie di scandaletti locali che andavano dai costi dei soggiorni e presenze al Regio (Manuela Arcuri), a quelli di uno strappo con le auto blu (Rossella Brescia)per arrivare sul red carpet del Regio, una delle quali (Sara Tommasi) partita dai festini di Casa Arcore suscitando un polverone mediatico nazionale.
Come se non bastasse, la carica delle belle rivoltose si estendeva in Tutta Italia grazie alle chiacchiere di una ragazza Francesca Macrì la quale rivelava festini a luci rosse con tanto di compenso (a partire dai 500 euri) da parte del Sindaco Vignali, associandolo al nome di Silvio Berlusconi come Escort della sua squadra.
Tutto finito in una bolla di sapone ma tanto è bastato a Parma per perdere lo smalto e farsi poi travolgere dalla sfortuna, presentatasi puntuale là dove le disgrazie non arrivano mai da sole, colpendo la Giunta per “malgoverno” con l’arresto di varie personalità al vertice.
Così, a voltar le spalle al Sindaco, anche la sua pupilla Cristina Sassi accusata a suo tempo di aver sostenuto la candidatura dell’amico Pietro facendo svenare i volontari dell’Aido per raccogliere fondi.
Insomma una fedelissima che nel momento più cruciale ha preferito lasciare la poltrona del suo assessorato, subito pronta per accogliere qualcun'altra/o. Altrettanto fedelissima/o si spera ma in politica non c’è mai nulla di certo.
Vignali comunque poteva contare ancora sulle donne: il suo fascino non era immutato perché con la maturità e l’esperienza acquisita si era fatto ancora più marcato. A sostenerlo è stata ancora un’opera, ma questa volta cinematografica essendo allestita con lo sbarco nelle sale di Baciato dalla Fortuna. Un film sostenuto caldamente dal sindaco Vignali, che aveva presentato la produttrice Rita Rusic al Teatro Regio, per essere girato a Parma. per rispondere alle aspettative di riportare Parma alla ribalta con le sue location: l’esito era una prova del nove sia per la città che per il Sindaco Vignali perchè, grazie al comico Vincenzo Salemme, avrebbe dovuto restituire, in modo accattivante, quella credibilità perduta nel viale cittadino cosparso di rose e tante spine che nessuno ha mai avuto il piacere di annusare.
Battute a parte il Sindaco Vignali poteva comunque contare su una grossa fetta di elettorato: quella fatta dalla schiera di signore agé, casalinghe, insegnanti, pensionate e pie donne le quali guardandolo ogni volta (e non ne perdevano una) che appariva in pubblico o in Tv dove si infervorava parlando con veemenza ed entusiasmo della sua Parma, stravedendo per lui: “Ma le’ proprio un brav ragass…Le’ bel bon ben…”
Ed erano tante. Industriali, Ubaldi, santi in paradiso…? Naaaa! A votarlo sono state proprio loro…
E per tutte le indignados a pentole battenti sotto i portici del grano…oh yes!
Infatti il Vignalino, grazie a questo esercito di pentolame, è stato scalciato di scena con l'arrivo del delfino di Beppe Grillo Federico Pizzarotti.
Anche lui un gran bel ragass...Bel bonben...Com' dison a Perma.
Dopo lo scandalo Marrazzo di alcuni anni fa il trans era diventato l’argomento clou di ogni salotto televisivo i dove si disquisiva sulle sue funzioni nella società ponendo domande sul perché tanti
uomini importanti facciano questo tipo di scelta.
Che cosa ha un trans in più di una donna: oltre al lato b) c’è di più è ovvio. E di svariate dimensioni.
Molti trans ricorrono alla chirurgia nell’illusione di trovare equilibrio fra forma fisica e mentale ma non sempre ci riesce perché, anche quando è operato, mantiene sempre la sua “natura di forma maschile” che manifesta nelle sue performances erotiche, assumendo nella coppia il ruolo di dominatrice.
Ad illustrarlo al meglio è stato uno dei serial Tv fra i più interessanti: Nip &Tuck dove i due protagonisti, chirurghi estetici e soci (Crhstian Troy e Sean Mc Namara) risolvono casi disperati o capricci delle clienti, sullo sfondo delle loro vicende private fra parallelismi e intrecci vari, in perfetto stile Beautiful non più settore Fashion, ma Medicina.
L’episodio di cui trattasi aveva raggiunto l’apice con una scena di seduzione fra le più raffinate ed erotiche “danzata” è il caso di dirlo, con ritmo scattante e scudisciante come un musical di Bob Fosse.
L’interprete FamKe Janssen, alias Ava Moore, nel ruolo della psicanalista volitiva e predatrice, puntava la preda (il chirurgo più fico Sean) accompagnata dalla musica di un Tango, incalzando con parole fortemente umilianti ed arroganti, intervallate da colpi di schiaffo che facevano arretrare il partner fino a stordirlo ed arrapare talmente tanto da farlo implorare, fuori di testa, di essere preso a morsi.
Un serial, che pur uscendo dal mucchio di quelli della Polizia, Detectives Pronto Soccorso e Vampiri vari, riusciva a mantenere alta la tensione e l’interesse a colpi di bisturi e di schiaffi, offrendo spunti interessanti per riflettere.
Per esempio, la psicanalista dominatrice che, appena prima di inziare il rapporto sessuale, a sorpresa si rivelava essere un uomo “operato", con questa sua “incisiva” seduzione ci porta inevitabilmente a dedurre e concludere che “una-donna-con-le-palle” non potrà mai misurarsi alla pari, perché molto più forte di un maschio. Schiaffo!
Zeta con Gad Lerner (appunti in diretta Tv), si parla di Amina la ragazza Tunisina che è stata arrestata perché manifestava nuda per la libertà delle donne.
Una cosa che mi colpisce è il fatto di affrontare un argomento di un Paese senza conoscerlo.
Infatti Lerner parla di Fatwa che sarebbe stata lanciata dall’Imam contro Amina mentre una deputata del Governo tunisino presente in studio lo corregge dicendo che in Tunisia si applicano le Leggi non quello che dicono gli Imam. Lerner confonde la Tunisia con L’Iran.
La Deputata del Nuovo Governo ha il velo a differenza di prima in cui alle donne che lavoravano in posti pubblici il velo era vietato.
Una circostanza confermata da un’altra ospite Tunisina la quale afferma che effettivamente molte donne in Tunisia hanno adottato il velo.
Ma se ora è diventata una scelta a tutt’oggi non sono ammesse agli esami dell’Università ragazze col nijab per cui le studentesse sono molestate dai Salafiti.
Dopo Ben Alì sono molto cambiate le cose, sicuramente in peggio se vogliamo parlare di libertà ma la rivoluzione è scoppiata per la crisi e la mancanza di lavoro.
Tutto sommato questi discorsi non mi interessano più di tanto.
Gad Lerner si sofferma troppo sulle nudità sulla sensualità della danza del ventre (trasmettendo anche una clip di Cours Cous del regista Tunisino Abdel Kechiche)e soprattutto sulle donne arabe che, da quanto si sta ascoltando, non sanno nemmeno loro cosa dire, su questo punto della esibizione di Amina.
La quale comunque è stata arrestata perchè protestava davanti a un luogo sacro.
Anche in Vaticano o davanti alle cattedrali, quando le turiste vogliono entrare nel luogo sacro in pantaloncini, scosciate o scollate sono fermate e se poi si rifiutano o fanno le bizzose magari anche arrestate.
Quel che è certo è che la popolazione Tunisina è molto arrabbiata perché la situazione è tragica.
Manca il lavoro, mancano il pane e il latte per i bambini e francamente soffermarsi a discutere su una donna che si mette nuda mi sembra troppo.
Infatti il discorso si sposta sui Salafiti che sono una stretta minoranza ma che stanno rompendo molto perchè sono infiltrati mandati da altri Governi.
Gad Lerner dice che sono finanziati dai Paesi Arabi quelli ricchi ma filo-occidentali per cui non si spiega questa pratica. E' presto detto: perchè i Paesi Arabi, quelli ricchi in primis, quelli che hanno i soldi e che comprano mezzo mondo ma che non danno un soldo per aiutare i Paesi poveri, non sono filo-occidentali ma sono Arabi: con gli Occidentali fanno solo affari intendendo comunque mantenere la loro Religione di Stato in tutti i Paesi del Medio Oriente. Tanto per cominciare…
Le donne arabe non hanno voce in capitolo. Perché Gad Lerner non chiama un arabo, di quelli tosti che grida Allaaaah Acbar! Allah vs Jeova, sai che striscia di Gaza in dirtta!
A CANNES VINCE LA DANZA DEL VENTRE DELL’HAREM
Neanche a dirlo apposta ecco che a Cannes vince la Palma D’oro il regista Tunisino Abdel Kechice che si era già fatto conoscere con Cous Cous con una scena finale di Danza del Ventre di una ragazza un filo in pancetta molto sensuale e seducente.
Quella danza del ventre che negli Harem la faceva da padrona, nei secoli e millenni, fra le odalische mollemente adagiate su divani e sofà le quali ammiravano quelle che facevano sorridere la pancia con movenze ammiccanti, in attesa di passare la notte col sultano signore assoluto, intrecciando nel frattempo liaisons fra di loro o con gli eunuchi così ben illustrate nelle Mille e Una Notte.
La danza del ventre quella fra donne nude pelo a pelo, come preliminare per un lingua in bocca e poi in pube, è gioco maschio. Nel senso che il maschio la caldeggia come parte integrante di storie erotiche e passionali. Per un piacere reciproco ovviamente dove lui guardando si ringalluzzisce di fronte a gallinelle in calore che si beccano fra di loro, alle quali poi si offre in premio: prima l’una e poi le altre. Tranquille ce n’è per tutte!
E’ il trionfo del sultanato al quale Cannes ha offerto la Palma d’Oro con il film La Vie D’Adele, storia di due giovani amanti che nell’arco di un film di tre ore si leccano la micia in calore, con tanto amore.
Miracolo dell’amore che la Giuria tutta compatta ha deciso di premiare con una risposta al Black Swan premio Oscar ma trionfo dell’amore lesbo in negativo. Nell’harem è tutta un’altra musica e non certo quella di Chajcowsky del Lago dei Cigni.
La musica araba si sa è sensuale a tambur battente in sincrono con il roteare dell’ombelico che ipnotizza facendo da richiamo irresistibile sia per il maschio che per la femmina. E’ quella danza che Lea Seydoux ha fatto a Cannes destreggiandosi tra i partner Tahar Rahim, in Grand Central, e la giovanissima e dolcissima Adéle Exarchopoulos in La Vie D’Adéle (che ha sostituito il primo titolo Anche il Bleu è un colore Caldo), facendo di lei la rivelazione del Festival che ha gridato a un altro miracolo, quello della liberazione dei costumi che porta a introdurre i matrimoni gay, sperando che il messaggio si diffonda anche in America.
Se sulla liberazione dei costumi non ci piove, sui matrimoni gay ci sarebbe da riflettere. Ma non spetta a me far la morale anche perché a colpirmi non è stato tanto la liberazione dei costumi occidentali che a onor del vero sono stati introdotti già da tempo con la Rivoluzione Francese e Marie Antoinette in testa (senza andar a scomodare i classici e le liriche di Saffo), quanto il fatto che a trasmettere questo messaggio sia un regista medio-orientale per cui sorge spontanea una domanda: perché non ha fatto un film con donne arabe? In fondo, ma proprio in fondo sono loro che hanno bisogno di essere liberate. Per uscire dall’Harem e farsi i loro lecca-lecca liberamente in pace. Anche questa è rivoluzione ma come detto sopra i problemi in Medio Oriente sono sempre più difficili che non si risolvono con qualche danza del ventre e slinguazzate nella micia. Per amore si intende ma anche per piacere. Infatti il film ha vinto il Premio. Piaciute assai.
IL CINEMA ITALIANO BOCCIATO. MA RESTA IMPUNITO.
Il grande bocciato, nonostante sia stato favorito dai critici connazionali. a Cannes è stato il cinema Italiano con la Grande Bellezza del quale la Tv ha trasmesso e ritrasmesso il promo con il protagonista del “Gioiellino” (sul crack Parmalat) e il “divo Andreotti”Toni Servillo che ballava oscenamente in pista in una Roma pacchiana e caciarona di Polverini memoria.
E invece crack, ancora una volta l’ombra della Parmalat ha colpito ancora, travolgendo la petulante Sabrina Ferilli con i suoi Divani e Sofa, artigiani di qualità e il comico Carlo Verdone il grillino di Sordi. Finalmente la Kermesse di Cannes è finita risultando un filo impegnativa seguirla con i film in concorso che poi al cinema verranno puntualmente disertati. Per fortuna che a vivacizzare c’era la sfilata delle star che quest’anno sono accorse numerose con la partecipazione straordinaria anche di Sharon Stone inossidabile e irresistibilmente fica nonostante l’età
La quale è riuscita a galvanizzare l’attenzione in abito bianco puntando su una schiena nuda adornata di catene e ciondoli dorati con cui ha rubato la scena per un attimo perfino a Nicole Kidman.
Se il cinema italiano è stato punt ualmente bocciato non c’è problema perché si rifarà col festival di Venezia ed a seguire quello di Roma dove farà incetta di premi con i film d’autore che piacciono tanto ai critici mentre il pubblico continuerà a seguire le solite commedie all’italiana da cinepanettone. Quelle boccaccesche e volgari che stanno facendo tendenza sia in America (con i film corali di storie che si intrecciano fra equivoci e gags imbarazzanti) che in Francia la quale ha imparato ad infarcirle di parolacce proprio come in Italia.
Infatti è proprio l’Italienne Monica Bellucci che sta imperversando con il film, tra poco in Italia, Benvenuti a Saint Tropez nel quale la parola stronzo fa da leit motiv con battute piccanti alla francese.
Beccata a letto con Merad (Laggiù al Nord) dal vecchio padre, lui la rassicura lanciando una boutade (da invidioso) all’amante : “Sta tranquilla non dirò nulla a Tua madre …Bella soda ehhh!”
“Ehhhh!!!” risponde Merad da perfetto stronzo.
Insomma questo per dire che se Cannes ha la puzza sotto al naso con il cinema italiano, tanto da punirlo, poi sotto sotto, fra le lenzuola e nel boccaccesco, la Francia si mette ad emularlo. Perché fa cassetta da impunito.
E le gesta del Premier Silvio Berlusconi con la escort Patrizia D'Addario riecheggiarono per tutta l'eternità.
Senza esagerare, l'eco di queste gesta si diffusero in tutto il mondo: dagli Appennini alle Ande, dalle Alpi alle Piramidi, dai Pirenei al Grand Canyon. Guardare foto per credere.
Durante le vacanze in Tunisia nell'agosto 2009 avevo sfogliato un quotidiano locale (Nazionale), Il Mattino, che riportava a tutta pagina la storia sentimentale di Berlusconi con tanto di foto sua con la D'Addario e dovizie di particolari, primo fra tutti la fatidica frase del letto di Putin.
Che sarebbe interessante sapere l'effetto che avrà fatto sul Presidente russo. Ammesso che la Duma le abbia pubblicate a rischio "mitragliata". Simulata, ovviamente, per dimostrare che anche lui sapeva stare allo scherzo come Berlusconi.
Il quale se la faccenda Noemi lo aveva fatto infuriare perchè la moglie Veronica c'era proprio rimasta male, l'affaire con D'Addario l'aveva messo di buon umore, chiarendo allegramente la sua posizione davanti al Paese: "Non sono un santo".
Ad alimentare la nomea oh, pardon la fama (nomea...noemi...meglio di no) di seduttore, ci aveva così pensato anche la Tunisia.
In occasione della visita al Presidente Ben Alì alla fine di agosto 2009, Berlusconi era stato invitato da una emittente locale per una conferenza stampa, svoltasi tutta in francese, con un conduttore disinvolto e una conduttrice araba sul tipo Rihanna, con un look sbarazzino a caschetto frastagliato nero come il tubino sopra le ginocchia, la quale lo incalzava civettuola e ammiccante.
Il Premier ovviamente non aveva resistito lasciandosi scappare la battuta galante: "Mi piacerebbe avere il suo numero di telefono!", provocando una risata e applausi fra gli astanti e un sussulto di orgoglio nella giornalista.
Tornando in Italia si leggevano notizie di riavvicinamento di Berlusconi e la consorte Veronica. Una riconciliazione che sarebbe stata auspicabile perchè molto romantica e a cui il Premier avrebbe potuto approdare, mentre sappiamo tutti come è andata, con la solenne promessa di contenere l'esuberanza di seduttore con giornaliste e ministre che gli capitassero "in tiro". Almeno in Pubblico...almeno in Italia...suvvia...
E passi pure per la Tunisia e altri Paesi dove ancora esiste il sultanato, che di fronte a queste intemperanze maschiliste si esaltano senza far tutte le storie della sinistra con tanto di processi correlati.
Che diamine!
BEGAN COME LA POMPADOUR
Began Began Began…Tutti sanno cos’è la bega, ma Began è sconosciuta a molti. Italiani in
primis quali per sapere chi era costei l’hanno letto sui sorrisini maliziosi che si erano scambiati Angela Merkel e Nicolas Sarkozy in occasione dell’incontro svoltosi a Bruxelles per parlare di crisi italiana sotto il regno di Berlusconi.
Alla domanda se riponessero fiducia nelle riforme proposte da Silvio Berlusconi per sanare il debito, si sono guardati sfoggiando all’unisono un sorrisetto ironico, segnale di grande intesa e complicità tra loro due, Sarkò e Merkel, dalla quale il Premier era stato clamorosamente escluso: “Ed io fra di voi…” Niente da fare. Niente Bunga bunga.
Infatti proprio quel giorno in prima pagina sul web di Paris Match, capeggiava la foto di Sabina Began in versione cocotte di lusso con un'intervista alla testata nella quale diceva che Berlusconi, alla venerabile età di75 anni, l'aveva fatta sentire una femmina palesando notti in cui ci dava che ci dava. Più che un Premier un vero re.
Insomma l'arzillo vecchietto (che tra l’altro è stato operato anche alla prostata) dopo aver tirato fuori la troia ne aveva fatto la sua maitresse (ape regina l’ha vezzosamente definita lui), come una sorta di madame Pompadour, perchè l'aveva incaricata di scegliere le ragazze da portare nel letto "di Putin" a fare il bunga bunga,
onde cercare di metterlo in tiro.
E a quella che sarebbe riuscita nell’arduo compito sarebbe toccato anche a lei il premio per tirar fuori la femmina che aveva dentro? A confermarlo sarebbe stata la Minetti stessa perchè lo aveva dichiarato ai quattro venti con una maglietta che sotto sotto lei era meglio che fuori.
L'intervista a Paris Match era poco credibile per non dire comica per cui è stato logico che alla Merkel e a Sarkò sia scappato il sorriso ironico sulla fiducia alla parola del Premier come grande scopatore: figuriamoci come riformatore.
E poi mettere la regina Began in competizione con la Pompadour dell'Eliseo era stata proprio una mossa poco felice e indelicata. Verso Sarkò che all'Eliseo (palazzo della Pompadour) ci abitava con la Premiére Dame! TU QUOQUE BRUTE? “Anche tu figlio mio?” La frase celebre è di Giulio Cesare ma non è tratta dal Del Bello Gallico scritto da lui ai tempi di Vencingetorige ma è impressa nella storia, quella che ci viene insegnata sui banchi di scuola, poi riciclata all’infinito nei classici del teatro e del cinema con rivisitazioni moderne rivedute e politicamente scorrette a seconda del regime in vigore. Cosìil moderno Cesare prende le sembianze del Politico democraticamente eletto che poi vuole farsi re sconfinando con gli anni del mandato. Dal Re al Dittatore il passo e breve e finisce sempre allo stesso modo ovvero con morte violenta. Facciamoci le corna è ovvio e parliamo sotto metafora perché il nostro uomo che voleva farsi re è, come da lui stesso affermato, Silvio Berlusconi il quale aveva dichiarato chiaro e forte al Tg di Enrico Mentana di sentirsi un Giulio Cesare. Al Rubicone o ad Alessandria? No, a Roma sulla strada che porta al Colle. Una strada impervia che lo spedisce dritto dritto al Cicerone Napolitano e le sue calende greche perché i sermoni non finiscono mai se non per mettere al sicuro le proprietà e a pollice in giù il povero, oddio si fa per dire, Cesare-Berluscone. Special One del Milan sicuramente ma monarca mancato dell’Italia perché ha perso potere perfino ad Arcore dove, insieme ai politici, gli han voltato le spalle anche le olgettine del bunga bunga lasciando il posto ad una sorta di badante nel quale il Berlusconi con due fette di prosciutto sugli occhi (sotto metafora ovviamente) vede una novella regina d’Egittto consigliera arguta e illuminata. Oddio, anche qui si fa per dire avendo Cleopatra poi perso un impero per uno stallone. Che non si chiamava Dudù. Insomma con un si fa per dire si fanno parallelismi tra Giulio Cesare e Silvio Berlusconi nel quale cade a fagiuolo l’Angelino Alfano nel ruolo di Bruto che gli impedisce di prendere il potere come monarca assoluto. Tu quoque fili mii. Sì, lui quoque ma lo ha fatto per il Paese. Ai posteri l’ardua sentenza. Senza andar tanto lontano comunque basta veder la storia attuale dei propri paesi i quali, nel loro piccolo, insegnano. Prendiamo Parma per esempio con il delfino Pietro Vignali tanto devoto al Capo-sindaco detto il piccolo zar da arrivare a dire, in una intervista televisiva di avere la sua immagine in camera da letto. Tanta devozione al Capo che lui lo ha portato a governare in sua vece dandogli così l’occasione di farne di ogni per poi farsi beccare e mettere in carcere. Lui, il delfino, mentre il piccolo zar è in Consiglio a suonar una campanella.E non sotto metafora. Tutto questo per dire che Silvio Berlusconi ha puntato sul personaggio sbagliato nel posto sbagliato: invece di immedesimarsi in Giulio Cesare da Enrico Mentana doveva calarsi nei panni di un moderno Putin mettendosi alla pari con lui invece di fare il superiore di una Roma Caput Mundi. Ma Putin non racconta barzellette. Lui sì che ha lasciato il potere al suo prediletto Dimitrij Medvedev rimastogli devoto fino al nuovo mandato del suo capo Vladimir il quale, diventato Presidente per la terza volta, ha condiviso il potere esecutivo con Mevdevev Primo Ministro e di fatto continuando a governare la Russia fino a mettere in scacco anche il nero Presidente americano Barack Obama. Perché ora la storia in primo piano al quale far riferimento è quella dell’Europa e non d’Italia. Tanto meno di Parma, che per questo se ne deve fare una ragione accontentandosi di fare capitale di Regione. Sì ma di rifiuti, per il suo Inceneritore acceso a tutti i costi anche a quello di andar contro il buon senso, per non dire la salute.