giovedì 2 gennaio 2014

IL CREPUSCOLO DI RIDLEY SCOTT

Noomi Rapace in Prometheus.rinnovata e rivisitata alla maniera Hollywoodiana: Infatti è stata rivoltata come un guanto tanto da risultare quasi irriconoscibile se non le fossero rimasti quei due occhioni neri infossati fra un nasino affilato ad ingentilir il volto altrimenti implacabile.
Anche quelli però hanno perso hanno perso l’originaria espressione di Lisbeth Salander della trilogia noire di matrice svedese, dove quegli occhi bruciavano ardenti come due carboni accesi nei quali si stava consumando l’anima. Di Lisbeth. Sì perché quella di Noomi Rapace è stata venduta allo star system che trasforma le attrici in star di plastica a pelle stirata con lifting dermo-abrasivo innaffiata a botulino e zigomi a palline da golf.
Così, da assolutamente unica (Mara Rooney è solo una modesta imitazione) è diventata di serie Ripley insieme a Natalie Portman e Alice Braga, argonaute fra i predator, per incarnare una dottoressa fisico-antropol-archeologico a caccia degli ingegneri creatori dell’umanità del nostro Pianeta.
Al quale, secondo una teoria corrisponderebbe un pianeta parallelo perché  ogni cosa presente sulla Terra ha il suo doppio nello spazio. Non siamo soli.
Invece sì, e meno male perché intorno al nostro sole ci piace pensare di essere gli unici a danzare per lui. Già è molto se siamo andati su Marte dove a conferma non c’è anima viva di sorta.
Conoscere i propri limiti (anche se pnsiamo illimitati) è la chiave per vivere in pace.
Oltre si rischia, e non tanto di bruciarsi le ali come ha fatto Icaro, quanto nell’andare incontro alla stupidità per troppa pretesa fantascientifica così come pare abbia intrapreso Ridley Scott con Prometheus con una sorta di viaggio oltre l’inosabile per finire poi beccato dalle aquile-aliene(gli uccelli si sa derivano dai rettili). Ridley Scott  si confronta col suo doppio: un’altra nave spaziale vuole sondare i misteri delle galassie alla ricerca dei nostri Dei ingegneri-pagani dello spazio, una sorta di Dei dell’Olimpo, che ci hanno tramandato i classici.
Il nostro doppio, reso Divino da Dio ovviamente, unico e assoluto così come crede la nuova eroina Elizabeth Shaw decisa ad arrivare sul pianeta eletto a Divino dove i Creatori sono padroni di vita e di morte dei terrestri.
I riferimenti ad Alien serial sono numerosi ma ci sono tante altre citazioni come al Lawrence d’Arabia di Peter O’Toole tradotto in robot da Michael Fassbinder immune da ogni sorta di sentimento umano perchè privato di quello del dolore del quale si dimentica “a comando-programmato” così come insegnava Lawrence: “Per non sentir dolore il trucco è dimenticarsene”.
Senza quello l’istinto di sopravvivenza è alla massima potenza. Per questo è stata scelta un’attrice come Noomi la quale nell’immaginario incarna la donna che si nega la femminilità, l’origine della piaga del dolore che la porta a liberarsi del feto-alieno attraverso un rapido Cesareo con sola anestesia locale senza provar rimorso né dolore. La citazione è quella di Rosemary Baby di Roman Polansky destinata invece a soffrire per la vita perché con l’alieno in grembo (il diavolo) il senso materno ha il sopravvento.
Un’altra citazione, e qui scatta la trappola della stupidità nella quale è caduto Ridley (evidentemente con la vecchiaia sta perdendo colpi) è quella di Jurassic Park con gli astronauti che giocano con l’apparizione “curiosa” di una sorta di rettile che al tocco del dito in bocca apre le ali a farfallina con la quale si mettono a giocare “ vieni avanti bambolina” per poi finire trangugiati come due arlocchi. Così, più che una squadra agguerrita e scientificamente preparata la spedizione spaziale sembra l’armata Brancaleone dove a capeggiare c’è pure la strega vestita dall’algida Charlize Theron specializzata in questo ruolo dopo il successo (altra citazione) di Biancaneve e il Cacciatore. Questa volta alle prese con la caccia al Creatore.
Una sfida fin troppo audace che, come Prometeo dei classici, finisce in un flop divorato dalle “aquile-aliene” che si mangiano in un boccone tutta questa scienza infusa.
C’è pure la citazione del risveglio dei Titani, con uno solo sopravissuto per castigare l’umanità, anche questo ispirato al  classico del film Immortals, con l’aquila che vola in alto ad anticipare ogni evento di sventura.
Che voleva dire Ridley Scott con questo film in un pout-pourri di citazioni? Dopo Nessuna Verità ecco la bugia? Non si è capito. Quel che è certo è che la sua creatività (anche se ancora robusta negli effetti speciali delle scenografie ed atmosfere cardiopalmiche confezionate da uno staff preparato) è ben lungi dalla magia, mai più ritrovata, del capolavoro di fantascienza Blade Runner, tanto da pensare che sia sul viale del Tramonto.
L’Alba del Pianeta delle Scimmie lo ha battuto. Se non altro in fascino sia a livello teorico che umanoide. E ci perdoni la citazione riferita a Darwin e Stanley Kubrick là dove più che la scienza a galvanizzar le platee fu il maestro del cinema. Il teorico fantascientifico delle nostre origini d’eccellenza.

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