martedì 25 marzo 2014

BABY SQUILLO COCA SHOPPING MOVIDE E ALCOOL



Un flash Tv tra uno zapping e l’altro sulle baby squillo una di queste è stata intervistata con la mascherina, perché veniva inquadrata solo in bocca. A tutto rosso pomodoro. Perché le ragazzine si vestono così: con rossetto esagerato, tette in fuori, unghie laccate minigonna e tacchi a spillo.
E’ logico che poi ricevano uno squillo. Infatti il format sembrava tutto Dalla Parte del Consumatore come a dire essere lui la vittima di un sistema corrotto che mette le ragazzine in vendita. Così la baby squillo, cresciuta in fretta, è stata chiamata in Tv a raccontare i colpi di tromba: prima uno poi un altro poi in coppia e poi in ammucchiata in ogni dove, perché si faceva di tutto e di più. L’importante comunque era finire.

Perché la festa arriva con lo con lo  shopping e le movide dove si va a bere!


In una città tutta da bere, come ai tempi di Milano in Craxi in anticipo sull’affondo della Prima Repubblica, seconda Repubblica. E forse terza Repubblica. Allora viva la Monarchia? No viva la fica economy, quella è sempre in auge.
Sulla Milano da Bere degli anni 80 niente nostalgia canaglia. Lo dice Alan Friedman con un servizio-docu sul Corriere ad illustrare il suo libro Ammazziamo Il Gattopardo.
Quello che balza subito all’occhio è che dopo trent’anni della Milano Da Bere nel quale Friedman c’era, è il suo italiano torpiato stante l’accento anglo-sassone a non essere ancora sparito. Come si fa ad ammazzare il Gattopardo se lui non ha ancora ammazzato quell’accento?
Così come è più difficile che un Cammello passi da una cruna di un ago che un ricco vada in Paradiso.
Infatti la moda taglia e cuci della Milano da Bere ora la fa da padrone negli Emirati Arabi con Valentino Imperatore che da Place Vendome si è trasferito nel Qatar dove gli accessori di perline e pietre preziose si trovano in quantità.
Paris resta la capitale del décor e della passamanerie che piace tanto a Chanel mentre Milano con Armani continua ancora a darla da bere. Ma non agli americani perchè Anna Wintour quest’anno ha disertato la sfilata.
Roma ha chiuso in bellezza con le sfilate di moda rimaste agli anni 50 e 60 quando si faceva aute-couture che oggi non si sa più cosa significhi mentre in “Sicilia” si continua a combattere con Dolce e Gabbana anche se perseguitati dal fisco come se fossero latifondisti. Loro guadagnano e la povera gente è sempre più in miseria. Ammazziamo i gattopardi.
Per salvare l’Italia bisogna ammazzare i ricchi. Così saremo poveri tutti uguali. Come in Cina dove la rivoluzione di Mao Tse Tung ha livellato le classi ammazzando nel contempo cultura e tradizioni risultando poi missione impossibile perché la Cina sta risorgendo dalle proprie radici che van dal Celeste Impero fino al Kung-fu mantenendo intatto il tripudio di fiori di pesco e di ciliegio.
Anche l’Italia dovrebbe risorgere dalle proprie radici che sono quelle bucoliche ed agricole puntando sui prodotti della terra e sulla lavorazione delle materie prime da esportare come la seta, (la seta di Como era impareggiabile rispetto a quella cinese) la lavorazione della lana ivi compreso il double-face (che fa concorrenza a quella di cashmeere calda ma monocolore), la lavorazione del Lino (gli intarsi fiorentini con pizzi e merletti sono fra i più preziosi sul mercato) la lavorazione del cotone col ritorno al piquet al rasatello.

Tutti prodotti che i Paesi Stranieri anche i più rampanti come Cina e India non sono in grado di copiare. Per ora. Perché non hanno fatto in tempo ad imparare l’arte mentre in Italia si sta perdendo la memoria. Insomma l’imperativo è:  andiamo a mietere il grano tornando a tessere la tela così l’Italia si desta.
                               

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