giovedì 27 marzo 2014

L'AVARO DI MOLIERE A TEATRO DUE



L’Avaro di Moliere in scena a Teatro Due, venerdì 21 marzo 2014, è stato accolto con entusiamo dal pubblico che ha applaudito calorosamente.
Il tema è attualissimo perché pone la domanda se sia meglio investire nella vita sugli affetti o sul denaro. Meglio tutti e due ma dovendo scegliere, l’avaro giustamente sceglie il denaro frutto di una vita di fatica all’insegna del risparmio e di un accumulo ossessivo di quanto si mette in saccoccia.
In questo caso è un bauletto che si porta appresso nascondendolo in ogni angolo ma preferibilmente sotto terra come nei classici delle storie di pirati e delle fiabe prime fra tutte Pinocchio che il Gatto e la Volpe insegnavano di innaffiare perché così il tesoro poi sarebbe cresciuto.
L’Avaro è anche la storia degli scontri generazionali fra padri e figli afflitti da incomunicabilità alle quali aggiungersi anche rivalità amorose che insorgono sempre quando si invecchia male.
I figli fanno a gara per rendersi nemici complottando contro il padre nel cercare di strappargli consensi alle nozze tramite l’infiltrazioni del fidanzato della figlia che lei mette al servizio come domestico di casa per carpire la fiducia del padre facendolo soccombere come suocero, e accumulando debiti a prestito di usura con promessa di pagamento a babbo morto da parte del figlio per poter impalmare la giovane fanciulla senza dote che l’aspetta dietro l’angolo.
 Purtroppo in quel sito ha buttato l’occhio anche il vecchio avaro soprattutto grazie agli sperticati elogi di una faccendiera che riesce a farlo ingolosire assai descrivendo tutte le virtù della fanciullina in fiore che disdegna i giovani per sognare solo vecchi rugosi e decadenti.
Ognuno fa il proprio gioco per ritrovarsi alla fine con quanto si è seminato, ovvero un felice matrimonio per i figli con i rispettivi partner diventati ricchi perchè un padre in giro per il mondo rivela esser loro fratelli, e il ritrovamento del bauletto per l’avaro dopo che gli era stato rubato per farlo scegliere tra i due tesori: la fidanzata del figlio o gli scudi.
Tra la borsa e la vita lui sceglie la vita, la sua vita, per cui viene lasciato dai familiari e affini solo a contare le sue monete, in attesa di averle in pagamento a “babbo morto”.
Insomma alla fine il dilemma resta, meglio essere o avere, come a dire che Shakespeare in Love è arrivato prima di Molière. Sì ma Molière è un futurista perché più vicino ai contemporanei di questa nostra società nel quale è meglio avere che essere. Soprattutto se essere sta per animali di razza bastarda. La colpa è dei figli debosciati e inetti se i padri sono così avari? Il dubbio c’è.
E anche l’allestimento c’è perché molto accattivante formato da cubi aperti incastrati ad effetto “gorgo” che si muovo a mulinello per cambiare scena e luci del fondale, con i costumi in crinoline su fondo grigio e pennellate di colore sfumate ad effetto quadri astratti in acquerello, molto d’effetto.
La nota curiosa è l’Avaro, Arturo Cirillo, che ad ogni cambio di cubo e di scena si muove controluce in primo piano in una sorta di uccellaccio della malora come se quella famiglia non gli appartenesse.
L’incomunicabilità è in scena e persiste a tutt’oggi nonostante telefonini e telecomunicazioni.
Accanto allo stesso Cirillo impegnato nel ruolo di Arpagone, Michelangelo SDallisi Monica Piseddu, Luciano Saltarelli Antonella Romano, Salvatore Caruso, Sabrina Scucimarra, Vincenzo Nemolato e Rosario Giglio in una produzione del Teatro Stabile di Napoli e Teatro Stabile delle Marche.
Colpi di Teatro “stranieri” che fanno bene al Teatro due come linfa vitale.

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