venerdì 28 marzo 2014

CAZZEGGIANDO E CAVALCANDO IN BICILETTA



CAZZEGGIANDO IN BICICLETTA


Pane amore e fantasia.
C’è un particolare che al giorno d’oggi sta tornando di moda:
Vittorio De Sica con Marisa Merlini caricata  in canna alla bici aveva acceso di erotismo il film più di quanto potessero le moine di Gina Lollobrigica col suo bellissimo e ingenuo carabiniere.




In Due sulla bici infatti raggiunge il massimo dell’esplosione sensuale: la canna sulla quale lei vibra ad ogni buca o sassolino facendole danzare il petto mentre lui dietro è già pronto in posizione, diciamo pure pecorina vista l’ambientazione bucolica è una cavalcata all’unisono che mette il frizzo al Maresciallo. Molto portato di suo comunque.

Difficilmente in Città si vedono accoppiate del genere perché ciascuno è orgoglioso di pedalare sulla propria bici che diventa un oggetto molto personale da non condividere con nessuno perchè rappresenta spesso l’unico mezzo per muoversi specie se la città è a dimensioni umane, cioè a misura d’uomo.
Qualcuno c’è comunque  che azzarda perché la pedalata in due è molto romantica ma anche molto sexy.
Una immagine hot che nulla ha di ambiguo anche se lui è posizionato dietro.
Questo perché lei è già montata in canna!

  









CAVALCANDO IN BICICLETTA.


La bicicletta è uno status symbol tutto maschile per i Paesi Medio Orientali i quali, se concedono alle donne anche col burqa di guidare, non permettono loro di cavalcare la bicicletta. Le straniere che viaggiano sole in bici nei Paesi anche sviluppati  sono spesso molestate dagli uomini ritenendole calde prede da cacci are. Perché per cavalcare lo sellino…bisogna aprir le gambe. Ahi Ahi Ahi che scostumate! Peggio che far vedere il seno,
Un po’ come nei secoli passati quando le donne per cavalcar un cavallo e ritmare con lui al galoppo dovevano sedersi in sella posizionandosi di fianco con le sottanone arrotolate per coprir le gambe rigorosamente accavallate rendendo spesso inevitabile la caduta. Così dal galoppo il ritmo rallentava per andar al trotto costrette a restare in coda alla fila della caccia alla volpe dove venivano raggiunte dal cavalier di turno per un bacio furtivo e galeotto.
Le prime donne a cavalcare il cavallo sono state le argentine delle faziende che indossavano i calzoni in stile gaucho molto larghi e informi scorazzando libere e selvagge nelle pampas, fino ad arrivare agli anni Venti con le nuove maschiette stile charleston che per prime hanno indossato i pantaloni da fantino portate in auge dalla stilista Coco Chanel per poi lasciare il passo al jeans stile cow boy adottato per prima da Liz Taylor, provetta cavallerizza da Gran Premio, nel film Il Gigante, con a seguire tante protagoniste di film western con John Wayne.

Le signore con le crinoline invece dovevano guidare il cavallo con il carrettino da città o da Pionieri mentre la bicicletta restava un mezzo di trasporto per soli uomini quando ancora aveva due ruote una piccola e una grossa.
Poi il mezzo si è stabilizzato bilanciandosi su due ruote uguali che le donne hanno finalmente cavalcato durante il periodo di guerra dovendo arrangiarsi con i mezzi di trasporto ansimando per le strade impervie.
Con le strade asfaltate in biciletta le donne hanno cominciato a viaggiare per le vie della città sfrecciando come delle amazzoni a cavallo, coprendo felici quiei tratti di piazza o di strade coperte da sassi e porfido che danno un tocco intimo a ritmo sussultorio nella zona sellino diventata molto calda tanto da far svolazzare le gonne con la visione delle gambe nude in bellavista. Con i calzoni è meglio: infatti l’aderenza stretta quando si sta a sedere porta il ritmo sussultorio delle buche da un livello hot a quello hard con un piacere i orgasmico da lasciar spossati. Fantasie o realtà? A piacer vostro.
La donna che corre in bicicletta è sempre vista come modello erotico così ben descritto dal film di Tinto Bras Monella nel quale la protagonista vola cantando in bicicletta lasciando le chiappe chiare al vento coperte solo da un perizoma, come una sorta di cazzeggiando in biciletta.
Insomma la bicicletta è un oggetto di piacere più che di trasporto perché paragonabile a quella di una galoppata in sella ad un cavallo. Nulla di male ma in Medio Oriente, Arabia Saudita in testa, è ancora considerata una diavoleria per le ragazze.
Nel film La Bicicletta Verde questa tematica è approfondita con il racconto delle peripezie di una ragazzina determinata a farsi comprare una bicicletta dalla mamma la quale invece gliela proibisce per non turbare gli abitanti del villaggio in cui la discriminazione dei sessi è ancora molto praticata.
La conquista è difficile ma la coraggiosa ragazzina riuscirà nell’intento di pedalar una bicicletta come i compagni maschi, dopo aver partecipato a una gara con quiz sul Corano per ottenere un Premio in soldi? Non potendo svelare il finale possiamo dire che al Festival di Venezia la
protagonista è sfilata sul red carpet con la famigerata bicicletta insieme alla “Sua mamma”  che ha portato una ventata di apertura  nel cinema Saudita sperando di poter fare tendenza perché come ha spiegato la regista a Dubai, Haifaa al Mansour, ci sono le nuove generazioni che sono proiettate in modo appassionato allo sviluppo del loro Paese scalpitando per far esplodere il loro potenziale supportato da tecnologia e cultura acquisita anche con l’informazione dei social-web,  Che dire? Speriamo che il film faccia storia e non cazzeggio da Facebook. Mi piace: Embè allora? Bisogna vedere se piace agli Emiri Sauditi.
Infatti se la regista è Saudita la produzione è tedesca che con questo film ha ottenuto sovvenzioni da Amnesty per la tematica donne sull’orlo di una crisi da velo..
Insomma un’operazione commercial-multicultural o  la solita storia sul filo del cazzeggio?

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