mercoledì 12 marzo 2014

SEX AND THE CITY DA NEW YORK AD ABOU DABI


   CARRIE FINALMENTE SI SPOSA
Sex and the City è stato tradotto in film.
Ma se nel serial televisivo il filo conduttore era il sesso, nel film è diventato amore.
E se in TV veniva trasmesso in seconda serata per soli adulti, al cinema è per tutti.
Una signora ha portato la sua bambinetta al cinema  dicendo tutta eccitata alle sue amiche:”E’ la prima volta che viene al cinema”.
Altro che Cartoon, è stata battezzata con Sex and the City.
Sì, perché questa è diventata ormai la fiaba per eccellenza, essendo la più originale sia nel contenuto che nella forma, storia moderna.
Primo, perché parla di amicizia vera fra donne (il primo branco rosa della storia) e secondo, perché la griffata principessa che sfila come una top model e che impalma il bellissimo principe, è alta un metro e sessanta, ha più di quarant’anni e li dimostra tutti. La favola del secolo.
Ma Carrie, la principessa zitellina, onestamente piace: non bella, ma con un sorriso accattivante, non alta ma con un fisico che può permettersi di tutto anche gli abiti più impossibili che sa portare con classe e grazia. Da non imitare, ma da ammirare:
Infatti la sua sfilata è incessante e all’insegna dello sbalorditivo.
Una mise ogni minuto di sequenza: ottanta in tutto l’arco del film. Carrie e le sue amiche sono davvero scatenate perché ormai per loro sono gli ultimi fuochi per cui, più che ancorarsi alle griffe hanno capito, con l’età matura, che la stabilità è racchiusa negli affetti (per un partner, per un cagnolino, per le amiche), essendo destinati a non passare mai di moda.
Il film si snoda sulle loro storie con Mirando alle prese con una scappatella del marito; Charlotte con la bambina cinesina adottata e un nuovo bebè in arrivo; Samantha che esaurisce la sua storia con il giovane amante e Carrie che finalmente è stata chiesta in sposa.
Un’occasione per farla sfilare in un servizio moda con una serie di abiti nuziali uno più bello dell’altro, fino all’ultimo che porterà all’altare senza rinunciare al tocco  di eccentricità inserendo nell’acconciatura un uccello.
Particolare agghiacciante che, ovviamente, fa retrocedere l’aspirante maritino il quale si mette in pausa di riflessione, per poi capitolare alla fine del film. Infatti, Carrie ravveduta e maturata , si presenta alla nuova cerimonia in abito vintage di Vivienne Westwood, non prima di aver fatto un costoso relgalo alla sua assistente, omaggiandola con una autentica Luis Vuitton come regalo di nozze.
Morale della favola per le nuove generazioni: se la serie TV prima delle nozze, solleticava a fare molte esperienze, il film insegna che, prima dell’amore eterno è meglio scatenarsi con le griffe di moda, perché dopo le nozze si dovrà ripiegare sul vintage.
Infatti, con il nuovo pauperismo che batte alle porte, di tutto il film è quello destinato a far  tendenza.

                   UN SALTO DA NEW YORK AD ABU DHABI.

 “Il nostro intento era quello di dare un contributo per liberare le donne dal velo”, ha pigolato Samantha alla prima sul Red Carpet. Missione compiuta.
In una scena infatti Samantha in minishorts e decolletè in bellavista, mentre fa spesa al suk con le sue amiche, perdendo la borsetta fa cadere una serie di preservativi attirandosi le ire dei maschi arabi che le accerchiano inveendo contro di loro minacciandole pesantemente. A salvarle, si prestano un gruppo di donne totalmente coperte dal velo nero le quali, con la sola fessura nello sguardo riescono a comunicare di seguirle in un retrobottega.
Tutte insieme riunite si fanno quattro risate alla faccia dei maschi inferociti esibendosi davanti alle americane con vestiti colorati e discinti, copiate dalle occidentali. Una scena divertente che spiega quanto le donne di tutte le culture siano solidali e coalizzate fra di loro più di quanto non lo siano gli uomini. In Medio oriente scalpitano tutti: le donne per svestirsi, i maschi perché rimangano vestite  coperte fino agli occhi, in una guerra infinita in cui le quattro ragazze si sono fatte paladine della causa femminile.
Ma più che un atto di coraggio sembra l’insensatezza ad averle portate nel ricco regno degli Emirati Arabi dove speravano di vivere una favola, mentre si sono scontrate con la dura realtà di un Paese che dietro l’opulenza e ricchezza, in fatto di costume è rimasto fermo al Medio Evo.
Sex and The City nel secondo film, ha fatto flop. Quanto meno in Italia anche grazie alla campagna all’acido glicolico  inscenata contro la pellicola dalla stampa nazionale, femministe di sinistra in particolare, che ancora una volta hanno centrato la sfiga dando man forte al potere maschilista che bandisce ogni immagine che non sia a carne fresca (vedasi le giornaliste Tv Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario sostituite da ragazze in gambissime, più giovani e remissive).

In effetti le quattro ragazze newyorkesi stanno esagerando. Non tanto per il fatto di continuare ad apparire nonostante i segni del tempo abbiano solcato i loro volti rifatti (Carrie si è finalmente disfatta dell’antiestetico bitorzolo sotto al labbro inferiore ad effetto befana) ma ahinoi inesorabilmente avvizziti -  ( i denti di Mirando sono ingialliti, gli occhi di Charlotte si sono spenti, mentre la pelle di Samantha è tirata come un tamburo da toglierle completamente quell’espressione di libidine che l’accompagnava alla vista del maschio di turno da mangiare. Libidine che, per evidenziare in questo film, ricorre a battute volgari e grevi) -  quanto per la pessima abitudine di voler a tutti i costi continuare a fare le scosciate. Soprattutto nei Paesi Arabi per andare a prendersi gioco dei loro usi e costumi.
Il film è comunque piacevole a vedersi per lo scintillìo e le suggestioni degli ambienti, sia nella parte moderna, che in quella antica tra i mercatini del Suk e le escursioni nel deserto in groppa ad un cammello. Una scenografia immutata nel tempo da secoli e millenni, in contrasto con i costumi delle protagoniste tutti sempre all’insegna dell’eccesso e del colorato a tinte forti. Quello che piaceva tanto a Gianni Versace il cui motto era”Lo chic è volgare” facendo sfilare le top Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Linda Evangelista e Cindy Crawford in versione “zoccole di lusso”.

Una sfilata scintillante che le quattro ragazze continuano a perpetrare sullo schermo capeggiate da Sarah Jessica Parker, alias Carrie.
La quale si dimostra abile nel farci bere la favola che una donna piccola e bruttina, praticamente una befana perdippiù conciata per le feste, possa conquistare il mondo. Questo perché ha assimilato in pieno il concetto “Lo chic è volgare”. Appunto.
Altre note di rilievo sono un piccolo cammeo di Liza Mannelli (che nell’ultima apparizione in Italia sembrava completamente fuori dal mondo con una imbarazzante interpretazione di New York)) la quale a casa sua, In America, ha ritrovato lo smalto e la verve dei tempi di Bob Fosse, esibendosi con due ballerine in perfetto sincrono a ritmo serrato e sex appeal, inscenando un trio da sballo. Fantastica davvero.
Così pure per Penelope Cruz che, rimessasi a nuovo in versione americana nel ruolo di una dirigente di Banca Spagnola, vuole uscire dal clichè della catalana arruffata e caliente  spiegandolo a voce chiara e forte a Mister Big, rinnegando in due minuti tutti i personaggi del suo passato per abbracciare in toto il made in USA.
Evidentemente Gli Abbracci Spezzati non solo  un film ma la dura realtà che ci sbatte in faccia a noi che la vediamo sempre come l’emblema della donna latina passionale e vera, prima che i nostri maschi etichettino anche lei come “carampana” o cozza verace.
Vintage, dicono finemente negli USA, verso il quale nutrono molto rispetto e ammirazione, tanto da averlo distribuito in tutto il film Sex And the City. Mi piace sotto lineare che nella recensione del primo film concludevo dicendo che, con il nuovo pauperismo che avanza, a far tendenza sarebbe stato proprio il vintage. Detto e fatto.

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